Un punto di vista molto intelligente sulla geopolitica antica, che assomiglia tanto a quella di oggi, è possibile trovarlo in “Assiria” di Mario Liverani (Laterza, 402 pagine, 13 Euro), un libro che analizza – recita il sottotitolo – “La preistoria dell’imperialismo”, dimostrando una volta di più che la storia è sempre storia contemporanea, come è nella lezione di Benedetto Croce: “E’ evidente che solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato; il quale, dunque, in quanto si unifica con un interesse della vita presente, non risponde a un interesse passato, ma presente”. Mario Liverani, che è uno dei maggiori studiosi del Vicino Oriente antico, rivoluziona la storia dell’antica Assiria, mostrando come qui siano emersi per la prima volta alcuni dei tratti caratteristici comuni a tutti gli imperi comparsi nel mondo attraverso i secoli: da Roma a Bisanzio, dall’impero britannico all’egemonia USA, spuntano sempre il dominio, la colpevolizzazione del nemico, l’attribuzione di una valenza universale alla propria missione. Se gli Assiri non volevano “esportare la democrazia” – come avrebbero poi detto di voler fare gli Stati Uniti d’America – di certo si sentivano portatori di un messaggio estremamente “moderno”, una sorta di anticipo del “Novecento”. E non è esattamente una cosa positiva. L’imperialismo – come è noto – è la tendenza al dominio con sfruttamento e ogni “civiltà” che si vuole costituire in impero ha bisogno di dotarsi di una propria ideologia, di un complesso di credenze religiose, addirittura di un armamentario teologico-politico. Pensavamo fosse un fenomeno della modernità, portato della concentrazione economica e finanziaria, dei monopoli e delle multinazionali; invece – spiega Mario Liverani – è una storia che comincia con l’impero assiro: “Se è vero che gli scopi concreti dell’imperialismo sono economici e di potere, è anche vero che le giustificazioni ideologiche non sono solo una copertura, ma un fatto essenziale: tutti i popoli/Stati dotati di intenti espansionistici hanno scopi pratici, ma solo quelli dotati di una forte ideologia (religiosa, militaristica o altro) riescono davvero ad espandersi”. Come andò a finire? “Se di certi imperi non si individua con chiarezza una ‘data’ finale (tipico il caso di Roma), e altri sono immediatamente rimpiazzati (in staffetta di dinastie più che imperi diversi), l’impero assiro invece scomparve nel nulla e le sue città furono ridotte a mucchi di rovine”. L’avventura dell’imperialismo, insomma, non sempre finisce bene: nella modernità – come in precedenza gli assiri – ne abbiamo viste tragiche conferme.
Red. Cro.