CALVI R. – La Direzione distrettuale antimafia presso la Procura della Repubblica di Firenze ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini per le 23 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, intestazione fittizia, minacce ed estorsione, che ha coinvolto anche Benedetto D’Innocenzo e il figlio Diocrate, originari di Calvi Risorta ma da vari anni residenti in Toscana. Benedetto D’Innocenzo, considerato dall’accusa promotore di un’associazione a delinquere e ritenuto vicino ai clan Ligato, Russo e Bardellino, con i suoi complici avrebbe “spogliato” alcune società per ottenerne l’acquisizione e il controllo mediante una serie di prestanomi. Gli atti contestati sono molto gravi. Nel corso dell’operazione dello scorso mese di dicembre, infatti, vennero fuori particolari agghiaccianti.
Tra gli atti delittuosi contestati, suscitarono grande impressione le minacce dirette ad un sindacalista della Cgil, Giovanni Piras. Il sindacalista stava difendendo i diritti di una quarantina di lavoratori dell’ex Gruppo Flowers (Montemurlo). Aveva convinto le maestranze a rivolgersi all’Ispettorato del lavoro, aveva convocato la commissione di conciliazione per far pagare ai committenti gli stipendi che D’Innocenzo non pagava, aveva denunciato l’imprenditore per appropriazione indebita del Tfr e stava studiando un’istanza di fallimento. Motivi che avrebbero spinto alcuni degli indagati a organizzare una spedizione punitiva. Secondo gli inquirenti, i D’Innocenzo padre e figlio convocarono l'”uomo di fatica” del clan, Alfonso Di Penta.
Diocrate D’Innocenzo lo portò in moto alle Badie, vicino alla casa del sindacalista e il presunto sicario aspettò per più di un’ora. I due tornano dopo pranzo, ma dopo una mezz’ora rinunciarono. Il giorno dopo Benedetto D’Innocenzo s’informò col figlio se quel ragazzo (Di Penta) «ha iniziato a lavorare» e Diocrate gli rispose che non se n’era fatto di niente (quel giorno Giovanni Piras era a un provvidenziale convegno). Un altro tentativo era programmato per il 26 luglio, ma fu bloccato da un sms: «Alt, tutto rimandato». E’ in quei giorni che D’Innocenzo rimugina se ammazzare uno prima o dopo le vacanze. Nel marzo 2004 i D’Innocenzo avevano preso di mira anche un altro sindacalista Cgil, minacciando di «fargli tagliare la testa». Insomma, atti gravi che potrebbero far finire gli imputati sotto processo.
Red. Cro.