Camorra, Cirillo: A Napoli bisognerebbe applicare il “modello Caserta”con misure eccezionali

NAPOLI – Per contrastare la camorra applicare anche a Napoli il cosiddetto `modello Caserta’ ossia rispondere “a una fase eccezionale con misure eccezionali” cercando, magari con una task force, di accelerare l’emissione degli ordine di cattura chiesti dalle forze dell’ordine mandando in carcere chi è ritenuto colpevole. E’ l’opinione del vicecapo della polizia, Francesco Cirillo, intervenuto oggi a un comitato per l’ordine e la sicurezza nel capoluogo campano. Vertice a cui ha preso parte anche il sottosegretario all’Interno, Carlo De Stefano. Per il prefetto Cirillo, che anni fa ha anche lavorato a Napoli, la camorra “non è il destino” della città, ma per fare in modo che lo Stato vinca la lotta al crimine organizzato, anche nella zona di Scampia dove pare sia in atto una nuova faida di camorra per il controllo del traffico della droga, sarebbe bene avere come esempio quello fatto nella vicina Caserta. “Replichiamo a Napoli quanto di buono è stato fatto a Caserta con il clan dei Casalesi i cui vertici sono stati tutti arrestati – ha spiegato ai giornalisti al termine dell’incontro in Prefettura – Dove c’è una situazione eccezionale, ci sia una risposta eccezionale”.

Il prefetto Cirillo ha, però, lanciato un “grido di dolore” per i tanti fascicoli di indagini, compiute dalle forze dell’ordine, che ancora non stati tradotti in misure cautelari considerando che non siano meno di 200 le persone ancora libere nonostante ci siano prove della propria colpevolezza. “Si registrano ritardi anche di tre anni – ha detto – c’è una sovrabbondanza di lavoro per i giudici, come in altre realtà d’Italia, ma le indagini si fanno per dare un nome e un cognome a chi commette reati. Speriamo che questi raggiungano presto il luogo in cui devono andare, cioè il carcere”. Delle situazione, “non è colpa dei giudici dell’ufficio gip – ha specificato il vicecapo della polizia – ma se c’è un superlavoro, c’è bisogno di scelte emergenziali, e di aggiungere qualche unità agli uffici, magari costituendo una task force”. A queste parole, il procuratore di Napoli, Giovanni Colangelo, ha replicato: “Massimo impegno per la magistratura giudicante. Stanno lavorando. Il nostro compito – ha concluso il capo della Procura partenopea – è chiedere le misure cautelari e tocca poi a loro decidere. D’altra parte la repressione si fa con le sentenze e non con le richieste di ordini di cattura che devono essere vagliati dai giudici”.

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