PIGNATARO M. – La legge sul voto di scambio politico-mafioso annacquata con la nuova formulazione dell’articolo 416 ter, i beni confiscati considerati un problema più che una risorsa e la proposta di istituire sezioni penali specializzate nel giudicare reati di mafia messa da parte. Insomma, il vento nuovo della lotta alla criminalità organizzata, arrivato negli anni scorsi, sembra essersi esaurito, tanto che il Partito Democratico che ne aveva fatto una battaglia caratterizzante della propria azione politica, nemmeno ne parla più. Lo stesso presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, oltre a sbandierare la nomina di Raffaele Cantone all’Anticorruzione, con le “Larghe Intese” preferisce parlare d’altro.
Quel clima che si respira al “Nazareno” e nei piani alti della politica italiana sembra essersi trasferito anche nella “Svizzera dei Clan”, dove le inchieste sui beni confiscati e l’operazione “Caleno” sembrano aver esaurito la spinta propulsiva impressa alla politica e alla società civile. Sull’onda dell’utilizzazione di una parte dei beni ex Ligato, trasformati nel polo civico “Franco Imposimato”, e dell’intitolazione di una strada alla memoria del giornalista Giancarlo Siani, fatto ammazzare dal clan Nuvoletta (consorteria legata alla cosca Lubrano – Ligato di Pignataro Maggiore), nel luglio del 2013 i giornalisti Sergio Nazzaro, Enzo Palmesano e Salvatore Minieri formularono, nel corso di una seduta del Consiglio comunale ad hoc, progetti mirati a riaffermare la presenza dello Stato nella terra delle cosche “amiche” della mafia corleonese. A distanza di quasi un anno e mezzo, le proposte di costituire una cooperativa agricola e un osservatorio di controllo e studio sui fenomeni mafiocamorristici dell’area sono rimaste lettera morta.
La prima, a detta dell’Amministrazione comunale, stava per partire ma per motivi oscuri si è bloccata, per poi essere ripresa dall’ex assessore Baldassarre Borrelli. La seconda fu bocciata sul nascere. Per qualcuno non era fattibile. Eppure a Formia, dove pure si concentrano gli affari della camorra nostrana e delle ndrine calabresi (con la presenza degli eredi del boss defunto don Mico Tripodo, compare di Totò Riina e habitué dell’Agro caleno), un osservatorio è stato costituito non più tardi di qualche giorno fa, con la benedizione del questore di Latina, Giuseppe De Matteis, del sindaco Sandro Bartolomeo e della delegata alla legalità, Patrizia Menanno. Insomma, a quanto pare a Pignataro la storia sembra sempre la stessa: i proclami partono a velocità supersonica, mentre i fatti si perdono tra gli uffici di Palazzo Scorpio.
Red.