PIGNATARO MAGGIORE – Hanno tentato di indirizzare i testimoni con dichiarazioni false, per infangare il giornalista Salvatore Minieri che li aveva denunciati per minacce mafiose, alla DDA di Napoli. E’ raggelante leggere quanto dichiarato, il 30 luglio del 2019, davanti agli uomini del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri, da un uomo che i Lubrano volevano utilizzare per rendere dichiarazioni mendaci e scardinare la granitica accusa del cronista, contro il feroce e sanguinario clan di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta.
“Gaetano Lubrano mi chiese se ero disposto a testimoniare che io non avevo mai visto minacciare Salvatore Minieri. Io gli riferii che avrei detto la semplice verità”.
Queste le parole del soggetto che i figli del boss Vincenzo Lubrano -capo del clan alleato con i cortonesi di Totò Riina, imparentato con i pericolosissimi Nuvoletta di Marano e responsabile dell’uccisione di Giancarlo Siani e Franco Imposimato – volevano usare per screditare la credibilità del cronista, da anni impegnato in un’attività giornalistica di denuncia contro il malaffare e le consorterie criminali, in provincia di Caserta.
Gaetano Lubrano, insieme a suo fratello (Giuseppe Lubrano), è stato condannato in primo grado per aver minacciato – con metodo mafioso – il giornalista professionista Salvatore Minieri che, all’epoca dei fatti, stava svelando attraverso una serie di reportage, le cointeressenze dei clan casertani e pignataresi negli affari intorno alle aree Asi e le connessioni con alcuni gruppi dell’imprenditoria mafiosa siciliana.
Si evince, senza alcuna possibilità di differente interpretazione, la pressione di Gaetano Lubrano su alcuni cittadini di Pignataro Maggiore, per spingerli a “intrufolarsi” nelle fasi processuali, con false e pericolose dichiarazioni contro Minieri.
La mafia casertana, come appreso da quella sicula, aveva tentato di sporcare l’immagine del professionista, usando il dileggio strisciante, al posto delle armi.
Costola del processo che ha visto condannare già in primo grado i figli del capoclan Vincenzo Lubrano, è anche il procedimento contro un altro testimone, vicino alla famiglia Lubrano: Gianfranco Feola. L’imprenditore di Pignataro Maggiore, stando alle carte processuali, aveva dichiarato una serie di infamanti falsità per colpire persino la famiglia e l’onorabilità personale del giornalista. Con indagini suppletive, avviate dagli Organi inquirenti, e dati oggettivi riscontrati in atti e dichiarazioni di altri testimoni, il Feola è stato clamorosamente smentito e ora si ritrova ad affrontare un processo per diffamazione ai danni di Salvatore Minieri.
Nel silenzio di una provincia connivente e sempre distratta, il clan Lubrano aveva provato a eliminare un altro giornalista: dopo la cacciata di Enzo Palmesano dal Corriere di Caserta, manovra orchestrata proprio dal defunto boss Vincenzo Lubrano e dai suoi uomini di fiducia nei posti di comando della stampa casertana, i figli del ras stavano provando a compiere un’operazione altrettanto pericolosa e devastante per un giornalista e per la sicurezza del territorio sul quale operano, indisturbati, da decenni.
Rassegna stampa
da pignataronews.myblog.it