PIGNATARO M. – Corsa contro il tempo per evitare che a gennaio 2013 possano scadere i termini di custodia cautelare per qualcuno degli esponenti della famiglia camorristica dei Ligato senza la pronuncia di una condanna in primo grado, con la conseguente scarcerazione di qualche pericoloso criminale. Ma la presidente della seconda sezione della Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere, dottoressa Maria Alaia (giudice a latere dottoressa Eleonora Pacchiarini), ha fatto capire con chiarezza – nell’udienza del 18 luglio 2012 – che tira un bruttissima aria per i camorristi che sperano nei tempi lunghi della giustizia per ritornare a seminare il terrore tra i cittadini di Pignataro Maggiore; e ha fissato la prossima udienza al 10 agosto 2012. Anzi, la presidente della Corte ha detto al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, dottoressa Anna Maria Lucchetta (presente in aula in sostituzione della titolare del fascicolo, dottoressa Liana Esposito) di convocare quali testimoni per il 10 agosto 2012 il maggior numero possibile dei collaboratori di giustizia indicati dall’accusa in quanto “abbiamo un giorno intero” per ascoltarli.
La decisione della presidente Maria Alaia non è piaciuta per niente ai difensori (avvocati Carlo De Stavola e Nicola Filippelli) di Raffaele Ligato e dei figli Pietro Ligato e Raffaele Antonio Ligato. Tanto che si è sentita addirittura in aula una voce (quella dell’avvocato Nicola Filippelli, intervenuto per delega dell’avvocato Emilio Martino) in cui si annunciava “la rinuncia al mandato”. Manco si fosse verificata la violazione dei diritti di difesa di tre intellettuali dissidenti (i “Ligatov”?) nella Russia stalinista (dove c’erano – va da sé – i “giudici comunisti”). Gli avvocati volevano la sospensione feriale delle udienze dal 1° agosto al 15 settembre 2012, ma la presidente Maria Alaia ha respinto l’istanza dei difensori in quanto ci sono motivi di urgenza per evitare uno stop al processo.
Il processo in questione è, come è noto, uno di quelli nati dall’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia del 23 febbraio 2009 contro il clan Lubrano-Ligato, denominata “Operazione Caleno” (sostituti procuratori dottor Giovanni Conzo e dottoressa Liana Esposito). Tra le accuse, per i Ligato (detenuti a regime di 41 bis, carcere duro) l’associazione mafiosa e l’estorsione. Unitamente ai tre citati Ligato, sono imputati a vario titolo – oltre al collaboratore di giustizia Giuseppe Pettrone, difeso d’avvocato Antonio Di Micco – Primo Letizia, Michele Lettieri, Maurizio Mauro e Pietro Mercone (questi ultimi due a piede libero). Letizia, Lettieri, Mauro e Mercone sono difesi rispettivamente dagli avvocati Angelo Raucci e Mariano Omarto (entrambi per Letizia), Alessandro Barbieri, Luciano Polizzi e Giuseppe Romano.
Non si sa se qualcuno degli avvocati davvero rinuncerà al mandato in segno di protesta contro la decisione della presidente della Corte di fissare l’udienza al 10 agosto 2012. Nel caso, ce ne dispiacerebbe, avendone sempre seguito le appassionate dissertazioni in difesa dei loro assistiti. Ma quello che interessa a noi è che si arrivi ad una esemplare sentenza di condanna in primo grado in tempi brevissimi, onde evitare che – scaduti i termini di custodia cautelare – qualcuno dei Ligato venga scarcerato, nonostante l’impressionante valanga di prove a loro carico (e per reati gravissimi) raccolte dai pubblici ministeri Giovanni Conzo e Liana Esposito che si sono avvalsi delle investigazioni dei carabinieri del Comando provinciale di Caserta, della Compagnia di Capua e della Stazione di Pignataro Maggiore. Non vorremmo assistere all’ennesimo, osceno spettacolo di pericolosi camorristi che si fanno beffe della giustizia e di sedicenti “cronisti giudiziari” che gongolano quando possono scrivere di criminali che vengono scarcerati. Attendiamo con ansia il momento in cui si farà un’inchiesta seria e severa sulle collusioni camorristiche della stampa asservita ai comitati d’affari politico-mafiosi.
In conclusione, è il caso di ricordare che una delle vittime delle estorsioni, il signor Luca Viggiano, titolare a Pignataro Maggiore di una pizzeria che fu incendiata dai Ligato, è stato recentemente oggetto – pur senza essere espressamente citato con nome e cognome, ma con chiaro riferimento alle robuste caratteristiche fisiche – di minacciosi insulti (“schiatta, chiattò”) pubblicati su Facebook dalla figlia di Pietro Ligato, Maria Pia Ligato. Nessuno vuole che qualcuno della famiglia Ligato, lasciato improvvidamente il carcere, venga a dare man forte agli insulti della figliola di Pietro Ligato, semmai con altri atti di violenza criminale e assassina. E siamo sicuri che nessun’altra delle vittime delle estorsioni sia stata, nel frattempo, ulteriormente oggetto di insulti e di minacce da parte della cosca Lubrano-Ligato?
Rassegna stampa
articolo di Rosa Parchi
da pignataronews.myblog.it