CASERTA – Ma voi lo sapete a chi date soldi, quando entrate in un centro commerciale in provincia di Caserta? Campania, La Reggia, Jambo. Nomi facili, per utenza che non deve pensare, ma solo ricordare il nome, identificarsi con gli spazi del centro commerciale e, per quanto possibile, far coincidere la propria vita con la sistemazione dei negozi all’interno delle gallerie.
“Nonluoghi”, come li ha definiti Marc Augé. Monasteri senza fede, di metallo e vetro sporco, nei quali devi fare tutto. Spendere, mangiare, assistere a spettacoli, quasi sempre improntati a un livello di nazionalpopolarità infimo. Solo il dormire non è (ancora) contemplato, ma a breve ci saranno anche piccoli hotel a tre stelle all’interno di queste cittadelle dell’omologazione culturale verso il basso. Voi non dovete pensare, qui è quasi vietato, come bestemmiare ai Salesiani. Questa storia è molto peggio di quella che Orwell ha raccontato in “1984”. “Voi siete merce, più di quella in vetrina”, si legge su un muro della città che fa da quinta scenica al libro. Voi siete in grandi scatole che la camorra usa per trarre profitto da ogni centimetro quadrato che calpestate o che comprate. Il pentito Carmine Alfieri durante gli interrogatori ha spiegato con una certa minuziosità il tipo di sversamento che veniva intombato nelle campagne di Boscofangone, a due passi da Nola, dove è poi sorto il centro commerciale “Il Vulcano Buono”. Di buono, quel posto non ha proprio nulla, soprattutto se si pensa alle dichiarazioni di Alfieri. “Nello stesso posto abbiamo costruito un grande centro commerciale, il Vulcano Buono, progettato da Renzo Piano, archistar e senatore a vita. A nessuno pare essere importato che durante gli scavi siano stati rinvenuti bidoni di liquami industriali provenienti dalla Germania. Ma ora tutto è stato coperto dal cemento mentre i tumori qui hanno falcidiato intere famiglie”.
A gennaio del 2013, a pochi passi dal Vulcano Buono, invece, la Guardia Forestale aveva trovato altri fusti sparsi nelle campagne nei pressi di Polvica. I contenitori erano pieni di liquidi irritanti e si trovavano addirittura sotto cellophane su un bancale di legno, scaricato da un tir che le telecamere di sicurezza della zona non avevano immortalato, perché spente. Si sa, la mancanza di fondi pubblici, fa male solo ai servizi che servirebbero concretamente.
Sulla faccenda rifiuti tossici interrati sotto il Vulcano Buono, il comandante della Forestale, Geremia Cavezza, ha precisato: “Già nel 2004-2005 abbiamo sequestrato quindici cantieri dove erano stati interrati i rifiuti tossici nel perimetro interportuale, vicino al Cis, questi rifiuti venivano gettati nelle fondazioni del Vulcano Buono di notte e molti di essi giacciono oramai intombati”.
Il Centro Campania, non fa certo eccezione, anzi. E’ dai tempi della costruzione del grande complesso tra Caserta e Marcianise (tra i più grandi d’Europa) che i pentiti hanno raccontato la genesi criminale di quel posto, oggi Mecca occidentale di migliaia di persone in astinenza commerciale.
Bruno Buttone, collaboratore di giustizia, taglia corto sulla storia delle tangenti al Campania.
“Per lavori del Centro Commerciale, Clemente Izzo ci faceva pervenire le somme estorsive attraverso il sistema della soprafatturazione”, raccontò agli inquirenti il pentito.
“Non sono stato io direttamente – concludeva Buttone – ad occuparmi della vicenda, credo perché detenuto, ma ho saputo che Trombetta e Froncillo hanno chiuso l’estorsione proprio attraverso Clemente Izzo e che nella vicenda hanno avuto un ruolo anche i casalesi, con i quali Clemente Izzo aveva buoni rapporti, ed in particolare con Michele Zagaria. Per quell’opera i Casalesi si sono occupati sicuramente del movimento terra attraverso una donna di Afragola che fu poi ammazzata (Immacolata Capone)“.
Uno scenario terrificante che ha fatto sempre da preludio alla nascita degli enormi centri commerciali campani.
Per non parlare di quelli che, solo per fortuna e capacità degli inquirenti, non sono mai sorti, pur avendo generato uno strato di corruzione e dilatazione camorristica senza precedenti.
Come “Il Principe”, monumento alla casalesizzazione che avrebbe ferito a morte un’economia del piccolo commercio già in pieno naufragio.
L’indagine della Dia, coordinata dai pm della Dda, avrebbe accertato che ad avere diretti interessi nella realizzazione dell’opera era il clan dei Casalesi, attraverso il titolare di fatto dell’intero progetto, l’ingegner Nicola Di Caterino ed i cognati Cipriano Cristiano e Luigi Corvino, formalmente estranei all’operazione, con l’appoggio di esponenti politici locali e nazionali.
Spiegano alla Direzione distrettuale antimafia che “il Cristiano ed il Corvino all’esito della consultazione del maggio 2007, la cui legittimità è risultata gravemente inficiata da una serie di brogli organizzati su larga scala, conseguivano le nomine a sindaco e a consigliere comunale di Casal di Principe, riportando un’ampia affermazione elettorale alla quale significativamente contribuiva la leva rappresentata dalla promessa di posti di lavoro apparsa tanto più credibile alla pubblica opinione dal fittizio avvio del cantiere, reso possibile dall’impiego di fondi concessi, agli imprenditori frusinati La Rocca Francesco Alberto e La Rocca Mauro, da esponenti della criminalità locale a tassi da usura”
Poi, i casi eclatanti, seppur innestati su due binari di illegalità diversa, del centro commerciale Jambo di Trentola Ducenta e quello dell’outlet marcianisano “La Reggia”.
Il Jambo, da anni lo scrivevamo senza essere mai ascoltati, è apparso in tutta la sua incombente stazza camorrista.
Una delle operazioni più spregiudicate portate avanti da Zagaria è stata proprio la costruzione del centro commerciale di Trentola: era un modesto supermercato, in pochi anni è stato trasformato in un complesso multifunzionale con tanto di albergo. Vale 60 milioni ed è sotto sequestro da oggi, pur se in funzione sotto amministrazione giudiziaria.
I provvedimenti eseguiti sono in tutto 24 nell’operazione che ha preso il via poche ore dopo la notte dell’Immacolata. Oltre al sindaco Griffo (oggi latitante) ci sono altri amministratori locali, imprenditori e prestanome legati a Zagaria, arrestato nel 2011 dopo una latitanza durata 15 anni ma tuttora ricco e potente. Due degli indagati sono Silvestro e Gaetano Balivo. Secondo gli inquirenti (il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e i sostituti Catello Maresca, Maurizio Giordano, Alessandro D’Alessio e Antonello Ardituro, oggi al Csm; per la Dna è stato delegato Francesco Curcio) al Comune di Trentola Ducenta gli appalti venivano sistematicamente truccati.
Concorso esterno in associazione camorristica, la camorra più potente della provincia di Caserta faceva affari, grazie alla politica compiacente, all’ombra dell’orribile Jambo.
Dietro i centri commerciali, dentro i piloni che, in più di un caso, sono stati usati come invasi per smaltire fluidi tossici e materiale pericolosissimo, la camorra ha messo radici. Anzi, pare che le radici di questi posti siano appannaggio esclusivo dei clan casertani.
Ma c’è anche di che preoccuparsi guardando a oriente. Nell’outlet La Reggia, proprio di fronte la mole del centro commerciale Campania, sono stati rinvenuti oltre cinquecentomila capi prodotti in Cina, o assemblati tramite manifattura orientale. In un posto che prometteva il top del Made in Italy con prezzi da capogiro, saltano fuori i primi tentacoli della complessa organizzazione cinese nella produzione del falso d’autore.
E c’è da pensare che anche dietro le patetiche strutture dell’outlet (che riproducono in scala lo stile vanvitelliano, mercificandolo, mortificandolo) covi qualcosa non facile da individuare e catalogare.
Sì, perché già nel 2006, il pentito del “sistema Forcella”, Salvatore Giuliano confessò agli inquirenti (confermandolo in Aula) di aver impiantato a Roma, quartiere Esquilino, un business florido, grazie al controllo del mercato immobiliare e all’innesto massiccio della filiera dell’abbigliamento contraffatto, prodotto dalle organizzazioni cinesi operanti nell’hinterland napoletano.
“Inizialmente – raccontò il collaboratore, descrivendo come si era evoluta la situazione dei rapporti di forza – i cinesi dovevano pagare per forza a un loro capo, che era un cinese. Quando siamo subentrati noi abbiamo preteso che questo pagamento venisse fatto direttamente a noi. Inizialmente ci sono stati contrasti, abbiamo avuto delle riunioni con dei cinesi, poi ci sono stati degli incontri con altri cinesi importatori di abbigliamento. In quella zona stavano tre o quattro gruppi, in guerra anche tra di loro. Poi abbiamo preso noi in mano la situazione, non è che hanno accettato facilmente”. Giuliano ricorda, in particolare, “un capo cinese, che veniva più di una volta con una Ferrari con altri uomini di scorta appresso. Era giovane questo qua, aveva sui 30 anni, che non gli stava bene che noi imponevamo questa cosa, poi dopo ha accettato pure lui”.
Centri commerciali, rifiuti, camorra, politica collusa. Persino la mafia cinese mette le mani sui grandi punti di vendita del Made in Italy casertano. Prima, la Via della Seta finiva nelle magnifiche officine seriche di San Leucio e della Reggia di Caserta. Oggi, si spegne dentro un retrobottega cinese di Gianturco.
Salvatore Minieri