CAPUA – Sabato 16 giugno Roma ha ospitato nelle aule della Sapienza il primo momento assembleare di livello nazionale delle comunità in lotta contro discariche ed inceneritori. I comitati, le associazioni, i movimenti presenti provenivano da quasi tutta Italia ma, in particolar modo, dal Lazio e della Campania, regioni che negli ultimi tempi hanno rappresentato il più duro fronte di lotta per quanto riguarda il business legato ai rifiuti. L’intento di quest’incontro è stato quello di creare una rete di cooperazione che possa scavalcare i limiti geografici e le differenti specificità territoriali tramite una piattaforma condivisa sia nei contenuti che nelle pratiche. Il movimento No Gas è stato presente per dare spazio alla propria voce e fornire il proprio contributo cercando di regalare un’analisi della situazione frutto dalla pratica quotidiana della lotta nella provincia Casertana. Sappiamo benissimo che le nostre terre sono territorio di sperimentazione per il capitalismo, l’abbiamo visto anche sulla questione dell’emergenza rifiuti: creata ad hoc dalla collaborazione tra malavita organizzata e componenti istituzionali con l’intento di generare l’opportunità di poter lucrare sul ciclo dei rifiuti per mezzo del perenne stato emergenziale.
In questi anni abbiamo tacitamente assistito alla confluenza di tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici industriali nelle nostre terre, a partire dal momento in cui i Paesi sub-sahariani (quali la Somalia), che per lungo tempo avevano fagocitato tutte le scorie del Nord Europa, non sono risultati più idonei allo scopo, e quindi si è scelta una destinazione alternativa: la Campania, la quale ha accolto nelle proprie terre, tramite il canale camorristico, tutto quel materiale tossico da smaltire illegalmente. Arrivati alla saturazione le istituzioni hanno ricercato la “soluzione ottimale” al problema rifiuti, tenendo ben presente le esigenze degli imprenditori locali (e non) in modo tale da potergli permettere introiti da questa nuova linfa capitalistica: il rifiuto, ovvero l’emblema massimo del consumismo odierno. Ci si è ritrovati quindi con un numero incomputabile di discariche e bruciatori che hanno gravemente danneggiato il nostro ecosistema e favorito l’incremento di patologie oncologiche nella popolazione.
Si è iniziato colpevolizzando innanzitutto la popolazione locale, e accusandola di avere quella cattiva cultura in materia di utilizzo delle risorse: ma noi lo sappiamo che il solo R.S.U.(rifiuto solido urbano) non avrebbe mai portato all’emergenza. Nella ricerca di una sintesi, tutti i presenti hanno concordato sul fatto che discariche e impianti di combustione dei rifiuti non sono quello che vogliamo in alcun luogo di questa penisola ed oltre… È necessario investire sulla bonifica dei territori già tanto martoriati, partendo dall’entroterra sino ad arrivare alle zone costiere; richiedere “Piani Regionali per i rifiuti” alternativi che aderiscano a scelte ragionate e sensate, ovvero che si percorrano strade verso una gestione alternativa e compatibile del rifiuto nell’ottica di un completo recupero dei materiali.
Gli eco-mostri che vogliono propinarci per lo smaltimento di rifiuti tramite i processi di combustione vengono spacciati per impianti eco-sostenibili, appartenenti alla categoria delle energie rinnovabili e attraverso questa astuta trovata, sono incentivati da contributi economici sostanziosi, denominati Cip6, che rendono appetibili agli occhi delle lobbies finanziarie l’istallazione sul territorio di questi impianti fortemente inquinanti. In accordo con l’opera di riciclo è ovvio che questa tipologia di impianti venga sostituita con altri adatti allo scopo, tenendo a mente anche un altro fattore di non poca rilevanza: l’incremento occupazionale che scaturirebbe dalla dislocazione su tutto il territorio nazionale – c’è chi ha anche effettuato uno studio e stimato circa 50.000 posti di lavoro in più.
Ma per arrivare a tutto ciò è necessario che ci si liberi dagli atteggiamenti nichilisti e di imbrutimento che ci vede separati e disinteressati rispetto a quanto ci accade intorno: le comunità possono e devono organizzarsi per imporre tramite processi di democrazia diretta le proprie volontà, ricordando che ciò è possibile soprattutto se si ha la capacità di garantire l’autonomia dei movimenti, cercando costantemente di demolire ogni tentativo di strumentalizzazione. Il contrasto alla speculazione avviata tramite vie legali (quali ricorsi al Tar ad esempio) hanno molta più forza se supportati da mobilitazioni popolari: è così che vengono a generarsi i rapporti di forza necessari per garantire una vera influenza verso le istituzioni ed una efficace difesa del territorio e dei beni comuni.
Ci si è lasciati con la previsione di un prossimo incontro a settembre, in prospettiva della costruzione di una mobilitazione nazionale a Roma nel prossimo autunno, al quale il Movimento No Gas si appresta a partecipare. Intanto le realtà partecipanti hanno condiviso le ragioni del corteo del prossimo 30 Giugno a Capua e delegazioni di comitati provenienti da tutta Italia parteciperanno alla manifestazione nell’ottica di sostenere la battaglia contro il gassificatore.
Movimento NoGas