MADDALONI – L’inchiesta che ha fatto emergere un presunto giro di mazzette a favore di alcuni membri dell’Amministrazione comunale di Maddaloni (sindaco compreso), ha destato molta attenzione nell’Agro caleno per il coinvolgimento dell’imprenditore vitulatino Alberto Di Nardi e della sua società, la Di Nardi Holding Industriale. Proprio l’azienda che ha la propria sede a Pastorano, è molto conosciuta anche perché attualmente si occupa della raccolta dei rifiuti sia a Bellona che a Vitulazio. In entrambi i paesi, infatti, gestisce il servizio con affidamento diretto. Nel caso di Bellona, in attesa di espletare la gara d’appalto, la DHI ha ricevuto l’incarico con ordinanza sindacale del 30 aprile 2015 e recentemente ha beneficiato di una proroga dell’affidamento fino al 31 agosto 2016. Mentre a Vitulazio l’affidamento è arrivato con ordinanza sindacale numero 28 del 7 agosto 2015, anche qui in attesa di espletare la gara a evidenza pubblica. I legittimi atti – fino a prova contraria – dei due Enti ovviamente non hanno nulla a che vedere con quanto in queste ore sta accadendo a Maddaloni, dove in ogni caso sarà la magistratura giudicante a valutare le accuse formulate dalla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.
Certo le ipotesi di reato formulate sono gravi. Di Nardi – secondo l’accusa – si sarebbe offerto nelle vesti insolite di bancomat dell’Amministrazione comunale maddalonese in più occasioni, ricevendo in cambio l’affidamento della gestione della raccolta dei rifiuti. L’imprenditore, infatti, avrebbe offerto soldi per far votare il bilancio comunale ed evitare la caduta dell’Amministrazione, o ancora avrebbe pagato un viaggio ad Antibes che il sindaco Rosa De Lucia avrebbe fatto con l’assessore Cecilia D’Anna. L’indagine è partita proprio dal conferimento dell’appalto del servizio rifiuti alla ditta Dhi avvenuta nel 2011 senza gara a evidenza pubblica e poi continuata con varie proroghe trimestrali dal 2013 per un importo di circa 430mila euro mensili – proroghe concesse con ordinanze fondate su motivi di urgenza, ma considerate dalla Procura illegittime perché i criteri di necessità e urgenza non possono essere giustificate in un tempo così lungo.
Emergerebbe dalle indagini che il sindaco avrebbe percepito una dazione di denaro mensile che si aggirerebbe sui 10-15mila euro al mese, nonché della pattuizione di una tangente dell’ammontare di 1 milione e 200 mila euro con riferimento all’affidamento quinquennale del servizio. Il tutto oltre i soldi distribuiti perfino per tenere unita la maggioranza traballante che rischiava di andare a casa sul bilancio. Vedremo se le accuse saranno dimostrate dagli inquirenti e se effettivamente l’imprenditore ha avuto un ruolo di primo piano nelle vicende riportate, così come sostiene la Procura.
Red. Cro.