ROMA – Silvio Berlusconi è condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale nel processo sui diritti Mediaset. Annullata la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che dovrà essere rideterminata dalla Corte d’appello di Milano. Lo hanno deciso i giudici della sezione feriale della Cassazione dopo sette ore di camera di consiglio. Confermate anche le condanne di tutti i coimputati: Daniele Lorenzano, Gabriella Galetto e Frank Agrama.
E’ la prima volta che Silvio Berlusconi subisce una condanna definitiva e irrevocabile. Dei quattro anni, tre sono coperti da indulto e l’ex premier – che comunque non andrà in carcere perché ultrasettantenne – potrà scontare la pena agli arresti domiciliari o chiedere l’affidamento ai servizi sociali. Prima di qualunque iniziativa, la sentenza deve essere trasmessa alla Procura di Milano, dove è originato il procedimento sulla frode fiscale nella compravendita dei diritti tv. Il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati si è limitato al momento a spiegare che “la pena principale è definitiva ed è eseguibile, si seguiranno i tempi consueti”. La definitività della sentenza fa cadere automaticamente ogni privilegio parlamentare, perciò il Senato non avrà alcune voce in capitolo sulle sorti di Berlusconi.
Bruti Liberati ha spiegato che, secondo la procedura, una volta arrivata la sentenza il pm dovrà emettere il cosiddetto ordine di esecuzione con contestuale sospensione perché la pena effettiva da scontare è di un anno. Dal momento della notifica dell’atto il Cavaliere, entro il tempo massimo di 30 giorni, potrebbe andare ai domiciliari o chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma il termine, vista la pausa feriale, decorre dal 16 settembre. La richiesta verrà valutata dal Tribunale di sorveglianza in tempi lunghi. Se non verrà presentata alcuna istanza di misura alternativa, toccherà ad un magistrato di sorveglianza decidere nell’arco di pochi giorni e, in base anche alla legge ‘Svuota-carceri’: la misura per Berlusconi sarebbe comunque quella dei domiciliari.
“Non farò l’esule, come fu costretto a fare Craxi. Nè accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato”. Così si leggeva qualche giorno fa in un’intervista di Silvio Berlusconi a Libero, che però fu subito smentita da una nota di Palazzo Grazioli. I legali di Silvio berlusconi attendono qualche ora prima di dire la loro: “La sentenza della Corte di Cassazione nel Processo Diritti non può che lasciare sgomenti” affermano in una nota Franco Coppi, Niccolò Ghedini e Piero Longo. “Vi erano solidissime ragioni ed argomenti giuridici per pervenire ad una piena assoluzione del Presidente Berlusconi. Valuteremo e perseguiremo – annunciano – ogni iniziativa utile anche nelle sedi Europee per far si che questa ingiusta sentenza sia radicalmente riformata”.
L’annullamento con rinvio dei cinque anni di interdizione dai pubblici uffici – come da richiesta del procuratore generale – disinnesca però un problema politico immediato per il Cavaliere, perché per avviare un’eventuale procedura di decadenza da senatore sarà necessario attendere il nuovo verdetto d’appello. La conferma della pena definitiva fa cadere comunque il rischio di prescrizione del reato. “La pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, per Silvio Berlusconi, potrebbe ridursi fino a un anno di interdizione, perché le norme alle quali ha fatto riferimento il dispositivo del verdetto prevedono un’interdizione da un anno a un massimo di tre. La misura dunque la rideterminerà la corte di Milano”, ha affermato l’avvocato Filippo Dinacci, che nel processo Mediaset in Cassazione ha difeso Gabriella Galetto, e che difende l’ex premier in altri procedimenti.
Il processo d’appello per rideterminare al ribasso i cinque anni di interdizione potrebbe aprirsi già entro la fine dell’anno, ma dipende da quando gli ermellini invieranno le motivazioni del provvedimento di oggi. Dopo di che, non più la seconda ma la terza corte d’Appello di Milano, nel giro di un mese, dovrebbe fissare il nuovo processo che riguarderà dunque solo la durata del periodo dell’interdizione dai pubblici uffici del Cavaliere. Anche in questo caso il verdetto sarà impugnabile di nuovo davanti alla Suprema Corte.
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