CASERTA – Quando si parla di cultura della legalità spesso scatta un pregiudizio – in certi casi anche la preoccupazione – se sia opportuno o meno farlo nelle scuole di base (elementari e medie).
Invece è proprio da lì che bisogna partire per inculcare una forte coscienza civile, come ho potuto verificare di persona in due recenti esperienze. La prima l’ho vissuta qualche mese fa nell’istituto comprensivo di Canosa (Puglia), in occasione del volume sul Sud che resiste, dove ho avuto modo di conoscere i progetti realizzati nel 3° Circolo Didattico “Marco Carella” e raccontati da un bambino geniale della quinta Davide Piscitelli e raccolti in un bel volumetto dal titolo “Nel mondo di Davide… Diciamolo con i fiori”.
L’altro incontro rivelatore della potenza narrativa ed educativa di testimonianze, seppure drammatiche e tragiche, l’ho vissuto nella scuola comprensiva di Pinetamare a Castel Volturno in occasione della presentazione del nuovo libro di Amedeo Letizia (scritto insieme con la giornalista di Repubblica Paola Zanuttini) “Nato a Casal di Principe. Una storia in sospeso”, edito da Minimum Fax. In modo toccante viene narrata la vita giovanile dell’autore, del modo in cui è riuscito ad emergere dal buco nero della camorra in cui era finito con amicizie pericolose come quelle di A. Iovine (detto ò Ninno) e F. Schiavone (soprannominato Sandokan – entrambi finiti all’ergastolo per gravissimi reati). Letizia si è salvato con il suo trasferimento a Roma dove riesce ad inserirsi nel mondo dello spettacolo (partecipando allo sceneggiato dei “Ragazzi del Muretto”) fino diventare lui stesso un produttore cinematografico.
La svolta decisiva nella sua vita si è avuta in occasione del sequestro ad opera di tre incappucciati con la scomparsa del fratello Paolo nella Panda della madre, un giovane poco più che ventenne (mai più ritrovato). In quel momento Amedeo decise di rompere definitivamente con le logiche perverse di Gomorra: quelle della vendetta, con faide o atti di violenza che producono altre vittime spesso innocenti, e quelle dettate dai codici segreti che regolano la vita dei clan criminali.
La narrazione di Letizia è stata efficace e toccante anche agli occhi dei vispi ragazzini delle elementari, i quali in modo spontaneo hanno fatto delle domande che ancora risentono del clima e del contesto in cui vivono, di mentalità legate alla logica della violenza e della vendetta.
Con la produzione di opere narrative – come quelle di Letizia e di tante altre, a partire dal film realizzato da Giuseppe Pizzo “La vita accanto” – finalmente dal Sud emergono storie di resistenza endogena, ma anche di riscatto sociale e civile, che in primo luogo vedono protagonisti i giovani (come quelli delle Terre di don Diana e delle tante coop sociali), che stanno creando nuovi percorsi di sviluppo proprio sui beni confiscati alla camorra, con il loro uso a fini sociali e produttivi.
Nei territori che fino a poco tempo fa erano sotto il dominio delle mafie si stanno diffondendo buone pratiche ed azioni di rinascita sociale e culturale, di accoglienza e convivenza tra generazioni e razze diverse, di cittadinanza attiva e democratica. Possono essere di monito e buon esempio anche per chi ha il compito di governare (forze politiche ed istituzioni locali) e di produrre nuovo sviluppo, come il mondo delle imprese e del lavoro. In questo sta la forza del messaggio lanciato dalla preside della scuola di Pinetamare, insieme alle sue coraggiose docenti che si aprono al dialogo e contributo con le piazze del sapere e delle associazioni per affermare il valore della cultura e del sapere come presidio di democrazia e di coesione sociale.
Pasquale Iorio – VP Aislo