SPARANISE – Il 7 giugno scorso si è svolta una importante udienza al Tribunale amministrativo regionale della Campania che era stata intrapresa in origine anche dal Comune di Sparanise. Quest’ultimo, insieme ai Comuni di Casoria, Pomigliano D’Arco, Sant’Antimo, Marigliano, Mondragone, Trentola Ducenta, Teverola, Casaluce, Casapesenna, Sant’Arpino, Scisciano, Cancello ed Arnone, Francolise; nel 2011 avevano citato in giudizio davanti al Tribunale di Napoli le società Impregilo s.p.a., Fibe s.p.a., Fisia Italimpianti s.p.a. e Gestione Napoli in liquidazione s.p.a. per ottenere la condanna al risarcimento dei danni (ambientali, patrimoniali e non patrimoniali) subiti nel corso del periodo emergenziale della gestione del ciclo dei rifiuti in Campania. Con sentenza n. 13724/2014, però, il Tribunale di Napoli ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e dichiarando competente il giudice amministrativo.
Per questo i Comuni di Casoria, Pomigliano D’Arco, Sant’Antimo, Marigliano, Mondragone, Teverola, Casaluce, Casapesenna, Sant’Arpino, Cancello ed Arnone, San Marcellino e Villa di Briano; sono ricorsi al Tar partenopeo contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Salini Impregilo s.p.a., la Fibe s.p.a. (in proprio e quale incorporante la società Fibe Campania s.p.a.), la Fisia Ambiente s.p.a. e la Gestione Napoli in liquidazione s.p.a.; per la condanna delle parti intimate al risarcimento dei danni subiti dagli enti ricorrenti. Nello specifico, gli Enti chiedevano il ristoro dei danni derivanti dall’aver predisposto uomini, siti e mezzi, per fronteggiare l’emergenza dei rifiuti; dall’aver corrisposto una tariffa per un servizio relativo alla gestione del servizio del ciclo dei rifiuti non adeguatamente adempiuto; dal danno non patrimoniale, sub specie di danno morale e danno all’immagine; e dal danno all’ambientale da risarcire per equivalente.
Con sentenza depositata il 6 luglio scorso, la quinta sezione ha respinto la domanda risarcitoria perché “le parti ricorrenti – si legge nella sentenza – tuttavia non forniscono la prova dei danni asseritamente subiti, invocando, in via istruttoria, l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio per la loro quantificazione”. Inoltre, i giudici enumerano quelle che sarebbero le responsabilità dell’emergenza: “La semplicistica prospettazione delle parti ricorrenti sembra non tener conto del fatto che la fase emergenziale dei rifiuti nella Regione Campania è da ricollegare ad una serie di fattori: il mancato avvio da parte di alcune amministrazioni locali campane di politiche di incentivazione della raccolta differenziata dei rifiuti, con la conseguente produzione di rifiuti indifferenziati di difficile smaltimento; il mancato presidio del territorio e il conseguente proliferare di discariche abusive gestite dalla criminalità organizzata; la mancanza di impianti di termovalorizzazione in ambito regionale, che ha reso necessaria la realizzazione dei siti di stoccaggio provvisorio dei rifiuti; l’ostilità delle popolazioni locali alla realizzazione nel proprio territorio di discariche autorizzate e di impianti di termovalorizzazione. Tutti questi fattori, diversamente combinati tra loro a seconda dei diversi ambiti territoriali, hanno determinato la paralisi del ciclo dei rifiuti in ambito regionale, inducendo l’amministrazione centrale ad intervenire con disposizioni legislative speciali dirette a consentire il superamento della fase emergenziale attraverso la istituzione di gestioni commissariali, cui affidare, in una prima fase, la realizzazione di siti di stoccaggio provvisorio dei rifiuti, al fine di liberare le strade cittadine dai rifiuti, e, in una seconda fase, la progressiva dismissione dei predetti siti di stoccaggio, attraverso la destinazione dei rifiuti ivi raccolti agli stabilimenti di tritovagliatura e imballaggio dei rifiuti (c.d. s.t.i.r.) e agli impianti di termovalorizzazione medio tempore realizzati”.
Red. Cro.