Famiglia Ligato: ecco perché deve stare in regime di carcere duro il “Pierino” della camorra pignatarese – pubblichiamo tre ordinanze della Corte di Cassazione sulla pericolosità del potente e sanguinario clan – un riferimento al tenore di vita dei familiari

Famiglia Ligato: ecco perché deve stare in regime di carcere duro il “Pierino” della camorra pignatarese – pubblichiamo tre ordinanze della Corte di Cassazione sulla pericolosità del potente e sanguinario clan – un riferimento al tenore di vita dei familiari

PIGNATARO M. – Ecco perché il pericoloso boss di Pignataro Maggiore Pietro Ligato detto “Pierino” deve stare in carcere non in regime ordinario di detenzione ma di sorveglianza speciale previsto dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Lo spiega la settima sezione penale della Corte di Cassazione che in tre diverse occasioni ha dichiarato inammissibili altrettanti reclami del “Pierino” della camorra pignatarese condannandolo inoltre alle spese processuali e al versamento della somma di euro mille alla cassa delle ammende. Pubblichiamo in coda a questo articolo le tre ordinanze della Corte di Cassazione.

In particolare, nell’ordinanza numero 29047 emessa a seguito dell’udienza del 4 maggio 2010 i giudici fanno riferimento alla “personalità criminale dell’interessato, il cui quadro non può non colpire per la molteplicità dei precedenti e per la intensità criminale delle condotte in via di accertamento, collocate dal nostro ordinamento penale all’apice della graduazione di gravità” e alla “certezza di possibili contatti del detenuto con ambienti malavitosi esterni sulla base del suo ruolo apicale nell’organizzazione, del suo ambiente familiare, caratterizzato dal coinvolgimento di più d’uno dei suoi componenti, delle risultanze delle informazioni di polizia, delle relazioni della DDA, della DNA e del Ministero dell’Interno”.

Nella successiva ordinanza numero 17514 (dopo l’udienza del 6 dicembre 2012) la Cassazione ricorda la “inammissibilità della questione di legittimità costituzionale prospettata dalla difesa”, e sottolinea che il decreto ministeriale ha “fornito congrui elementi e sostegno della permanenza della capacità del Ligato di mantenere contatti con la criminalità organizzata tenuto conto: del profilo criminale e del ruolo del Ligato – unitamente al padre ed al fratello – all’interno del sodalizio Ligato-Lubrano come desumibili, in particolare, dalla ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Napoli il 12.2.2009; dell’attualità della pericolosità del Ligato e della operatività del sodalizio, desumibile dalle vicende oggetto di altra ordinanza cautelare emessa nel marzo 2011 nei confronti del sindaco di Pignataro Maggiore; dai contatti tenuti con l’organizzazione criminale dal carcere con riferimento al contenuto equivoco di alcune missive sequestrate al Ligato”. Va precisato – cosa peraltro assai nota ai nostri pochi ma affezionati lettori – che nel frattempo il sindaco di Pignataro Maggiore, Giorgio Magliocca (alemanniano d’acciaio), sopra citato nel documento della Corte di Cassazione, è stato nel frattempo assolto in via definitiva dalle imputazioni di concorso esterno in associazione mafiosa e omissione di atti d’ufficio con l’aggravante camorristica.

Nell’ordinanza numero 43739 della Corte di Cassazione (emessa seguito dell’udienza del 17 luglio 2014), infine, si sottolinea lo “spessore criminale ed il ruolo apicale da lui rivestito nell’ambito del gruppo camorristico costituente articolazione del clan dei casalesi, gruppo nel quale operavano il padre dell’interessato come capo ed il fratello come affiliato, tanto da chiamarsi clan Ligato-Lubrano, che nel tempo aveva acquisito una consistenza economica, stringendo alleanze nel casertano e nel napoletano; b) l’attuale permanente operatività sul territorio dell’associazione criminale, attiva nella provincia di Caserta e nel Lazio, conclamata con l’adozione di misura cautelare del gip di Napoli del giorno 8.3.2011, nei confronti di amministratori locali; c) la condizione di pericolosità sociale del prevenuto, già raggiunto da misura di prevenzione della sorveglianza speciale; d) la condanna riportata per il reato di associazione a delinquere ed estorsione di cui alla misura cautelare alla quale il Ligato è sottoposto, alla pena di anni ventuno e mesi sei di reclusione, nonché successivamente la condanna all’ergastolo per il reato di omicidio di Abbate Raffaele, di chiaro stampo mafioso; e) i tentativi di comunicare con l’esterno rappresentati dalla casa circondariale di Cuneo, ove è detenuto ed i provvedimenti della corte che ebbe a giudicarlo, di censura sulla corrispondenza; f) tenore di vita dei familiari molto elevato rispetto ai redditi dichiarati”. Sono notissimi – come per il caso Magliocca – anche gli sviluppi in sede giudiziaria per quanto riguarda Pierino Ligato e i suoi familiari. Le vicende del potente e sanguinario clan qui riportate sono cristallizzate appunto alle date delle tre diverse ordinanze della Cassazione. La sostanza che vogliamo riferire è la estrema pericolosità che – a ragione – i giudici attribuiscono a Pierino Ligato e ai suoi familiari, a quelli che sono detenuti (al 41 bis, cosiddetto carcere duro) e a quelli che stanno fuori a spadroneggiare con un “tenore di vita –denuncia la Corte di Cassazione – molto elevato rispetto ai redditi dichiarati”.

Corte di Cassazione 1 – Ligato

Corte di Cassazione 2 – Ligato

Corte di Cassazione 3 – Ligato

Rassegna Stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

 

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