SANTA MARIA CV – Venerdì 4 marzo 2016, ore 21.00 al Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere Anfhoras Production presenta Gianfranco Gallo e Massimiliano Gallo in “E’ tutta una farsa!ovvero Petito’s Play”, scritto e diretto da Gianfranco Gallo, con Gianluca Di Gennaro, Bianca Gallo, Arduino Speranza, Anna De Nitto, Francesco Russo, Ursula Muscetta.
Prima dello spettacolo, alle ore 18,15, Gianfranco e Massimiliano Gallo, con Gianluca Di Gennaro e Francesco Russo, saranno ospiti alla Libreria Spartaco (in via Martucci 18 a Santa Maria Capua Vetere) per un incontro con il pubblico, condotto dalla giornalista Tiziana Di Monaco.
I fratelli Gallo potrebbero definirsi anche i “Petito’s brothers”, vista la loro esperienza nel recitare i testi del celebre “Totonno ‘o Pazzo” rivisti totalmente dalla riscrittura originale di Gianfranco che riesce a creare uno stile teatrale tutto nuovo e particolare.
In linea con questa scelta che da anni ormai decreta il successo dei loro spettacoli, la nuova messa in scena s’intitola E’ tutta una farsa ovvero Petito’s Play, in cui i due fratelli giocano con tutta la comicità della nostra tradizione, spaziando dalla Commedia dell’Arte alla farsa, appunto, fino ai fenomeni moderni da esse contaminati.
I Gallo, al di là del Cinema e della TV, frequentano con amore il Teatro, casa madre dalla quale sono partiti e che mai dimenticano. La commedia si ispira a varie opere di Antonio Petito per un divertimento senza tempo.
Note dell’autore e regista
La Tradizione a volte viene spacciata per immobilismo culturale e vista come una corpo morto mentre è esattamente il contrario. Tradizione viene da Trans e Dare dunque vuol dire trasmettere.
Per trasmettere bisogna conoscere il passato, il presente e immaginare un futuro, per cui, chi fa tradizione non è il custode di un morto né un imbalsamatore ma è più che altro un Medium.
Il mio Teatro apparentemente classico, voglio definirlo un Teatro di “Oltradizione”, che viene dall’Oltre ed è diretto ad Oltre. Io riscrivo tutto e svelo cio’ che dal passato deriva e che si è trasformato e trasmesso fino a me per andare oltre me. Non riuscirei a imbalsamare Petito, io lo rivelo come calco del volto di Totò, di Troisi e di tanti altri. Per il resto c’è il Museo.
Da sempre la rappresentazione teatrale mi affascina per la sua unicità, per la sua esistenza negata sera dopo sera , per le sue ceneri disperse durante il rituale collettivo, per il miracolo che compie attraverso la sintesi attore/autore e pubblico, sintesi che crea ciò che è e che sarà irripetibile: un mondo che ad ogni finale si nega agli spettatori, agli attori e all’autore che vi avevano trovato rifugio.
Il Teatro napoletano di tradizione che preferisco e che preferisco rimodellare dunque, proprio per questi motivi, è quello della farsa, dei Petito, della maschera, del travestimento, dell’invenzione, del corpo, dell’effetto, della mutazione, della scomparsa.
A mio parere due sono le linee discendenti dal nobile Teatro comico di tradizione napoletana: quella della Commedia dell’Arte e quella del testo scritto, la prima derivante addirittura dalle atellane , l’altra, proveniente dalla prima, ma riformata da Eduardo Scarpetta con la messa in scena di testi che poco o nulla lasciavano all’improvvisazione e con l’abolizione della maschera per la creazione di personaggi più reali seppur proiezioni evidenti dei tipi fissi della commedia dell’Arte stessa.
Per dirla in breve, nel Teatro comico di Napoli, c’è chi, da sempre, segue la lezione di Petito e chi quella di Scarpetta. Un manifesto recente della Commedia dell’Arte furono i comici del Varietà, del Cafè Chantant, dell’avanspettacolo e cioè i Villani, i Maldacea, Maggio, Totò , forse anche in parte il primo Troisi con la Smorfia, i Giuffrè e tantissimi altri.
In linea diretta e non invece, sono seguaci della riforma scarpettiana, intesa come regola per rappresentazioni con aderenza precisa ad un testo scritto e chiuso, i De Filippo, il Viviani delle commedie, gli stessi critici del teatro di Scarpetta, Di Giacomo e Bracco e poi Ruccello e tutti i nuovi drammaturghi napoletani.
Io ho scelto ancora Petito e mi sono divertito ad intrecciare le trame di due suoi lavori: la famosa ‘Na campagnata e tre disperate ed Inferno, Purgatorio e Paradiso.
La mia sfida è quella di dimostrare che il Teatro della farsa è un Teatro che rende libero chiunque si interessi a lui. Niente di morto, niente di vecchio, solo antico e vivo. Nel mio testo Totò incrocerà i De Rege, Troisi si vestirà da Petito, la commedia dell’Arte metterà la sua maschera al teatro moderno per tracciarne la provenienza.
Un mondo di maschere in cui la maschera non ci sarà, non è necessaria, in un Teatro potente perché nudo e dotato di una forza centripeta ineguagliabile nell’assetto delle trame ingegnose e fantastiche.
Antonio Petito, che è stato il Pulcinella più famoso della Storia, è secondo me il vero assassino di Pulcinella. Le sue farse sono talmente dirompenti nell’invenzione e nella vis comica, che possono fare a meno di essere datate, vestite e mascherate, sono già oltre quel che rappresentarono. Possono scorrere come magma fino ad invadere anche i testi scritti e intoccabili.
Petito inventore di trame, giunge fino agli inamidati lavori di Curcio ed io mi diletto a segnarlo con la riga blu. La mia scenografia rappresenta una grande maschera di Pulcinella che si apre e si chiude, che fagocita gli attori che vi recitano dentro e che gli attori stessi alla fine chiuderanno per uscire da essa, una grande maschera simbolo di un intera genìa di teatranti e non di un personaggio singolo.
C.S.