Nel Giorno del Ricordo, quando ancora le vestali della cortina di ferro distinguono tra morti di serie A e di serie z, per ricordare quelli che sono e furono “italiani due volte:per nascita e per scelta” ritengo significativa la lettera del mio amico, esule, Luciano Rubessa presidente del CMC «Centro mondiale per la cultura giuliano-dalmata» di Brescia .
Foibe: oltre 70 anni dal peggiore anno della nostra vita, quel dannato 1945 che se da un lato poneva fine alle ostilità belliche, dall’altro dava l’avvio o meglio rivvio, ma in forma più spietata, alle violenze, ai sequestri, agli interrogatori notturni, alle deportazioni nei campi di concentramento titini senza l’ombra di processo, alle esecuzioni sommarie, agli infoibamenti che già nel ’43, specie in Istria, avevano fatto scempio di tanta povera gente.Settant’anni sono tanti, ma non bastano a sbiadire i ricordi. Si mettano il cuore in pace coloro che esortano gli Esuli a non stare sempre con la testa voltata all’indietro, ma a guardare avanti, perché il nostro atteggiamento sarebbe da ostacolo alle buone relazioni commerciali con i Paesi contermini. Io sono invece convinto che il passato sia la pagina alla quale ispirarci per costruire il domani, se non per noi, per i nostri figli, i nipoti. Per il rispetto che dobbiamo a tutte indistintamente le vittime, solo attraverso la verità si può raggiungere quella riconciliazione tanto auspicata. E la verità vera, una e incontrovertibile, è che in Istria, a Fiume, a Zara, a Trieste e nella Venezia Giulia in genere, a guerra finita, è stata messa in atto una caccia senza quartiere casa per casa al cosiddetto «nemico del popolo» per un disegno di vendetta ideologica preparata a tavolino. E c’è stata gente mai punita, passata indenne attraverso i processi del ’48 e del ’49 in quanto il Tribunale di Trieste, per difetto di giurisdizione, non aveva competenza per i fatti svoltisi in Zona B; gente che si è riciclata nello stato, nella politica. Fin dal 1943 i comunisti italiani e titini avevano elaborato in sinergia liste di vittime potenziali da eliminare. Lo ha affermato lo storico ricercatore lubianese Matej Leskovar ad un convegno svoltosi a Venezia nel dicembre 2008 dal titolo: «1943-1956. Dalle Foibe all’Esodo, il perché del silenzio dei vivi». Gli ha fatto eco lo storico antifascista Elio Apih nel libro postumo «Le foibe giuliane» (Leg.Go.2010), affermando che le foibe furono un’epurazione preventiva di oppositori reali e potenziali, in funzione dell’avvento del regime comunista totalitario. La questione Foibe risente di decenni di tabù, non c’è un’interpretazione univoca dei fatti, c’è confusione assoluta di dati, di date, di numeri. Un esempio per tutti: secondo il prof. Pirjevec, docente presso l’Università di Padova prima, di Trieste poi, dalla Foiba di Basovizza, assurta al ruolo di madre di tutte le foibe, sono stati a suo tempo estratti 8 cadaveri. Il prof. Diego de Castro invece, all’epoca agente del SIS e rappresentante diplomatico presso il Governo Militare Alleato, nella relazione pubblicata a Roma nel tardo 1945 («Yugoslav atrocities and abuses in Venezia Giulia, Fiume ad Zara») dichiara che «alla presenza di ufficiali alleati e sua, dal vecchio pozzo di miniera di Basovizza sono stati recuperati 500 corpi e altri 480 mc. di resti (pari a circa 1.500 cadaveri) stanno per essere recuperati». Che poi quest’ultima operazione non sia stata portata a termine per sopravvenute complicanze politiche, è tutto un altro discorso. Folta è la schiera di negazionisti, giustificazionisti, minimizzatori che in questi anni si è fatta invitare nelle scuole e nei circoli più disparati per confutare la verità delle foibe, denigrare il nostro esercito, ecc., schiera che oggi pare leggermente scompaginata. Con l’istituzione del «Giorno del Ricordo» lo Stato ha preso finalmente coscienza di una realtà negletta per oltre 60 anni, ed è una gran cosa. Riconosce che i nostri scomparsi sono morti che meritano il suo rispetto e il suo ricordo. Che l’esodo degli istriani, fiumani e dalmati è stata una scelta di libertà e di italianità. D’ora in avanti, allora, questa non sarà più l’unica pagina di Storia a rimanere nell’ombra? Dovremo anzi aspettarci, dal momento che tutte le pagine della Storia d’Italia hanno pari diritto alla memoria, eventi finora impensabili come la pubblicazione di testi adeguati per le scuole, l’improvviso interesse della cinematografia per un argomento sin qui ignorato o quasi? La puntuale attenzione della carta stampata, del teatro, della televisione, della radio, la scomparsa dei negazionisti da certe Municipalità, Scuole e Università? Altrimenti, se ciò non dovesse accadere, si confermerebbe il sospetto che dietro l’oscuramento delle vicende del confine orientale, si celi il tentativo di occultare responsabilità passate e colpevoli connivenze… E dopo tanto tempo, penso che a nessuno convenga un simile atteggiamento. Noi aspettiamo: con fiducia. Grazie!
Giorgio Natale