Natale ricorda l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, padre del Risorgimento italiano

Natale ricorda l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, padre del Risorgimento italiano

(Genova 1805 – Pisa 1872). Politico italiano. Figlio di un medico, Giacomo, attivo giacobino in età napoleonica, e di Maria Drago, dotata di un sentimento religioso inclinante al giansenismo, fu avviato allo studio della medicina, che abbandonò, attratto dalla lotta politica. 
LA GIOVANE ITALIA E LA GIOVANE EUROPA.
 I falliti moti del 1820-1821 e lo studio dei maggiori autori romantici (primo fra tutti Ugo Foscolo) lo spinsero, insieme ad alcuni coetanei, a una riflessione originale sulle cause che impedivano l’unificazione del paese. Affiliato alla carboneria dal 1827, si laureò in giurisprudenza ed elaborò i suoi primi saggi letterari, impregnati di un forte sentimento romantico. Arrestato su indicazione di un delatore, finì carcerato nel forte di Savona fino al gennaio 1831; rilasciato, si recò prima in Svizzera, poi a Marsiglia. All’estero lo raggiunse la notizia dell’insurrezione nei ducati e nelle legazioni emiliano-romagnole (1831), che lo spinse a scrivere a Carlo Alberto, cui si rivolse in nome della libertà e del sentimento nazionale. A Marsiglia, inoltre, fondò la Giovane Italia( « Costituire (…) l’Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana »G. Mazzini, Istruzione generale per gli affratellati nella Giovine Italia ndr) (e l’omonimo periodico), associazione a carattere repubblicano, nazionale unitario e democratico, che si differenziava dalle sette carbonare per la chiarezza del disegno politico, noto a tutti gli aderenti, il ripudio dei rituali clandestini, la volontà di formare con l’apostolato un’opinione pubblica di sentimenti italiani. In Francia Mazzini subì l’influenza delsansimonismo, che segnò il suo pensiero sociale: di qui il rifiuto della lotta di classe, la persuasione che le società andassero articolandosi secondo diverse funzioni produttive non antagoniste ma complementari e l’intuizione, poi sviluppata originalmente, della forma associativa intesa come potente mezzo di progresso e di emancipazione. La Giovane Italia conobbe un immediato successo, presto vanificato dalla dura repressione operata dalla polizia del regno sardo. Arresti e fucilazioni spinsero Mazzini a trasferirsi a Ginevra. Fallito sul nascere il progetto di una spedizione armata in Savoia (1834), durante un nuovo soggiorno in Svizzera Mazzini fondò la Giovane Europa (aprile 1834), un’associazione rivoluzionaria d’ispirazione repubblicana, sorta grazie al coinvolgimento di esuli italiani, tedeschi e polacchi. Il nuovo sodalizio si proponeva di attivare un programma di azione comune ai vari gruppi democratici europei, nella prospettiva di una carta continentale ridisegnata sulla base del principio di nazionalità. L’anno successivo (1835), in Fede e avvenire, Mazzini teorizzava la fine del primato rivoluzionario della Francia che, con il 1789, aveva concluso il lungo ciclo delle lotte per l’affermazione dei diritti individuali, e il passaggio dell’iniziativa emancipatrice ai nuovi popoli oppressi, in particolare all’italiano. Costretto a fuggire anche dalla Svizzera, superata la tempesta del dubbio, innescata dal tributo di sangue pagato dai cospiratori alla causa dell’indipendenza nazionale, Mazzini, agli inizi del 1837, giungeva a Londra. Gli studi letterari, i rapporti stretti con gli autori più celebrati del romanticismo europeo (Thomas Carlyle, Hugues Lamennais, George Sand), l’organizzazione di giornali operai e di scuole per i figli degli emigrati italiani furono momenti significativi della sua opera di sensibilizzazione e di apostolato condotta in seno all’opinione pubblica britannica. Egli continuò, tuttavia, a lavorare per una soluzione rivoluzionaria della questione italiana. Fallito il moto dei fratelli Bandiera (1844), peraltro non direttamente riconducibile al suo progetto insurrezionale, Mazzini contrastò duramente la pubblicistica d’ispirazione riformistica e neoguelfa (Balbo, Gioberti), benché le speranze suscitate da Pio IX lo inducessero nel 1847 a un atteggiamento meno intransigente. Scoppiata la rivoluzione a Parigi (febbraio 1848), si spostò in Francia, dove fondò l’Associazione nazionale italiana; passò poi a Milano insorta contro l’Austria, per battersi contro la fusione con il Piemonte e in favore dell’unità repubblicana e democratica. Riparato a Lugano in seguito alla repressione dell’insurrezione milanese, tramontata la guerra di popolo con la repressione del moto in Val d’Intelvi (ottobre 1848), giunse nuovamente a Marsiglia; di qui, sbarcato a Livorno, raggiunse Firenze, dove un governo democratico, retto da Montanelli, Guerrazzi e Mazzoni, aveva rovesciato il granduca. Nel frattempo, fuggito Pio IX a Gaeta, l’Assemblea costituente dello stato provvisorio romano, sotto la spinta dei mazziniani, aveva dato vita a una repubblica (9 febbraio 1849).
LA SCONFITTA DEL PROGRAMMA REPUBBLICANO E DEMOCRATICO. Mazzini cercò invano di favorire la fusione fra i due centri rivoluzionari, primo nucleo di una possibile repubblica italiana, che sarebbe dovuta scaturire da una costituente eletta a suffragio universale; si trasferì quindi a Roma, dove, il 29 marzo, insieme con Aurelio Saffi e Carlo Armellini fu eletto triumviro dall’assemblea. L’esperimento democratico fallì dopo pochi mesi a causa dell’intervento delle truppe francesi, austriache, spagnole e napoletane. Braccato dalle polizie europee, Mazzini fu costretto di nuovo all’esilio in Francia, poi in Svizzera, infine in Gran Bretagna. A Londra cercò di raccogliere intorno a un Comitato democratico europeo (1850) gli emigrati politici fuggiti dal continente dopo i fallimenti del 1848; tentò di ricostituire la tela della cospirazione, distrutta per l’ennesima volta dalle autorità austriache (fatti di Milano del febbraio 1853), affidandosi alla nuova struttura del Partito d’azione. Nel 1857 tornò a Genova per organizzare un moto, mentre il disegno d’insurrezione nel Mezzogiorno, perseguito da Carlo Pisacane, naufragava a Sapri. Condannato a morte due volte in contumacia dai piemontesi (1833 e 1857), da Londra Mazzini avversò la soluzione diplomatica della questione italiana prospettata da Cavour; nel 1859, tuttavia, spinse i suoi a mettere da parte la pregiudiziale istituzionale e a combattere sotto le insegne sabaude. Giunto a Napoli nel 1860 sull’onda del successo della spedizione dei Mille, insistette inutilmente affinché Garibaldi trattasse alla pari con Vittorio Emanuele l’annessione del Mezzogiorno. Ritiratosi a Lugano, poi a Londra, non riconobbe la soluzione monarchica del processo unitario, diffidò dei tentativi garibaldini su Roma (1862 e 1867) e si dedicò nuovamente alla cospirazione. La Falange sacra (1864) e l’Alleanza repubblicana universale (1866) furono le ultime associazioni cui diede vita. Arrestato a Palermo nel 1870 mentre si apprestava a guidare un moto nell’isola, rinchiuso a Gaeta, fu poi amnistiato e tornò in esilio. Fondò quindi “La Roma del popolo” (1871), dalle cui pagine si scagliò contro la Comune di Parigi e l’Internazionale. Ostile a Marx e avverso al concetto di lotta di classe, banditore di una religiosità laica contro il materialismo ateo, favorevole a una forte educazione morale dell’operaio, legato a un ideale di lavoro autonomo e di cogestione già predicato nei Doveri dell’uomo (1860), nel novembre 1871, a Roma, ispirava il Patto di fratellanza fra le società operaie, che segnava l’atto di nascita del movimento operaio democratico in Italia. Morì il 10 marzo 1872 a Pisa, sotto il falso nome di dottor Brown. R. Balzani

P.S.Durante il fascismo(Italo Balbo, Curzio Malaparte ed altri esponenti provenivano dalle file repubblicane e mazziniane ;Berto Ricci, nel fascismo vedeva la perfetta sintesi fra «la Monarchia di Dante e il Concilio di Mazzini.»)  e soprattutto nella Repubblica Sociale Italiana, la figura di Mazzini, avverso alla monarchia ed ai Savoia, ebbe ampio risalto, rivendicando il movimento continuità ideale con i Valori Risorgimentali. “La data del giuramento della Guardia Nazionale Repubblicana-GNR- venne fissata il 9 febbraio, giorno della proclamazione, quasi un secolo prima, della Repubblica romana che aveva avuto alla sua testa il «triumviro» Mazzini.”

“Inizialmente la tesi delle origini risorgimentali del fascismo fu fatta propria (per opposte ragioni ndr) anche dai comunisti: nel 1931 Palmiro Togliatti, polemizzando con il movimentoGiustizia e Libertà e il suo fondatore Carlo Rosselli, in un articolo su Lo Stato operaio criticò il Risorgimento e indicò in Mazzini un precursore del fascismo.« La tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è stata da esso sviluppata fino all’estremo. Mazzini, se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine corporative, né ripudierebbe i discorsi di Mussolini su “la funzione dell’Italia nel mondo”. La rivoluzione antifascista non potrà essere che una rivoluzione “contro il Risorgimento”, contro la sua ideologia, contro la sua politica, contro la soluzione che esso ha dato al problema della unità dello Stato e a tutti i problemi della vita nazionale». La stessa posizione fu assunta nel 1933 da Giorgio Amendola, durante il confino a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento tenuti per i confinati, per poi rivedere tale impostazione nel secondo corso, dopo la svolta unitaria del 1934, allorché insistette sulle origini risorgimentali del movimento operaio. Come ripeteva Tonino da Montenero di Bisaccia, a seconda della convanienza, al nostro Peppino, tutti hanno “tirato la giacchetta”; ma eravamo nel secolo delle ideologie e, come diceva quella canzone degli Amici del vento:…la bandiera rossa l’hai data anche agli Scythi…Sopravvivono partiti ed aggregazioni  antirisorgimentali, a seconda dei flussi elettorali. 

S. Mastellone, Mazzini e la Giovine Italia (1831-1834), Domus Mazziniana, Pisa 1960; F. Della Peruta, Mazzini e i rivoluzionari italiani. Il “partito d’azione”, 1830-1845, Feltrinelli, Milano 1974; G. Galasso, Da Mazzini a Salvemini, Le Monnier, Firenze 1974.

Giorgio Natale

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