MARCIANISE – In data 4 agosto 2018, i Carabinieri della Stazione di Marcianise hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di questa Procura della Repubblica, applicando la misura degli arresti domiciliari nei confronti di(ci. 1988) e, contestualmente, la misura del divieto di avvicinamento alla parte offesa RAGOSTA Manuéla, nei confronti di (ci.1990), per i reati di cui agli artt. 110, 612-bis CP. Le attività di indagine, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, delegate ai CC della Stazione di Marcianise, hanno consentito di raccogliere un grave compendio indiziario a carico di COMUNE Mario Franco ed ANGELINO Orsola, ai fini della ricostruzione dei comportamenti^ materiali ascritti ai due indagati ed al movente della loro condotta. È stato, in tal modo, acclarato che il Tribunale per i minorenni di Napoli, con provvedimento dell’I marzo 2017,aveva disposto nei confronti dei due indagati la sospensione delia potestà genitoriale, affidando, contestualmente, i loro quattro figli alla “casafamiglia”, gestita in Marcianise da RAGOSTA Manuéla. Ed è nel corso dei colloqui settimanali con i propri figli che gli indagati avrebbero iniziato a minacciare la persona offesa, RAGOSTA Manuéla, responsabile appunto della “Casa famiglia”. Le minacce venivano prontamente denunciate dalla RAGOSTA alla competente Autorità Giudiziaria ed avevano come effettol’ennesimo provvedimento del Tribunale per i minorenni di Napoli, che, in data 18 maggio 2018, dichiarava lo stato di adottabilità dei medesimi minori.L’indagine, avviata immediatamente nel mese di maggio 2018, ha permesso di appurare che gli indagati, ed in concorso fra loro e con condotte reiterate, minacciavano di morte eulteriori danni fisici la vittima, paventando di incendiare la casa famiglia,nonché prospettando ripercussioni future al figlio nascituro della stessa.Tali condotte, perpetrate tramite numerose chiamate e messaggi conl’applicativo whatsapp, causavano nella vittima un grave stato d’ansia,ingenerando in lei un fondato timore per l’incolumità propria e dellepersone a lei vicine.La progressione criminosa dei comportamenti minatori dei due indagatipoggerebbe sul convincimento maturato negli stessi che i provvedimenti.del Tribunale per i Minorenni riguardanti i figli minori fossero da ascriverealle segnalazioni della responsabile della Casa Famiglia, RAGOSTAManuela.L’attività di polizia giudiziaria permetteva di accertare le condotte tramitel’analisi dei cellulari in uso agli indagati, all’interno dei quali venivanorinvenute numerose conversazioni whatsapp recanti minacce e ingiurìeall’indirizzo della vittima.