I 40 anni di storia della cava vitulatina che fu degli Statuto e che oggi è stata sequestrata dall’Antimafia ai Di Rauso, tra una paventata cementificazione ed un risanamento ambientale mai effettuato

I 40 anni di storia della cava vitulatina che fu degli Statuto e che oggi è stata sequestrata dall’Antimafia ai Di Rauso, tra una paventata cementificazione ed un risanamento ambientale mai effettuato




VITULAZIO – La “Cava Statuto” di Vitulazio, ubicata in località Vigna d’Albore ai piedi del pendio del monte Tutuli, è inattiva dal 1992. Una vasta area di oltre300.000 metri quadratiche è circoscritta a ridosso della parete rocciosa unica sub-verticale orientata a sud con una superficie di86.000 metri quadratie con un’altezza di144 metrilineari. L’ampio piazzale antistante la cava (orizzontale ad anfiteatro) ha una superficie di132.000 metri quadratia quota di70 metrisul livello del mare.

L’inizio dell’attività estrattiva della cava calcarea di Vitulazio, ad opera della Calcestruzzi Campania s.r.l., risale al 1975, ma ancora prima, l’area fu soggetta ad attività estrattiva anche se con mezzi rudimentali ed in modo improprio. Difatti, la prima attività estrattiva, effettuata con picconi ed altri utensili di fortuna, risale ai primi anni settanta ad opera del Cavaliere Fiorillo. Successivamente ci fu l’avvento degli Statuto da Casaluce che acquistarono i terreni a ridosso del Monte Tutuli, ubicati in località Vigna d’Albore, che erano di proprietà dei Conti Capece di Galeotta. L’attività estrattiva, condotta dopo l’avvento degli Statuto, ha riguardato finanche i terreni pedemontani che si trovano a pochissimi metri dal Casino di caccia dei Borbone, un monumento inserito nella striscia di “Centro Storico” unitamente al Palazzo Capece-Galeota. Si tratta di un piccolo edificio di forma torreggiante, fatto costruire all’inizio del 1800, dai sovrani del Regno delle Due Sicilie, ed usato come “rifugio” per le escursioni venatorie e che dista pochissimi metri dalla “fessura” provocata dai “cavaioli” al Monte Tutuli. Difatti, località Tutuni deriva proprio dalla denominazione della citata collina, mentre quella di località Vigna D’Albore deriva dal cognome della famiglia D’Albore che, insieme ai Conti Capece-Galeota, erano i proprietari terrieri di quella vasta zona posta a ridosso del Monte Tutuli.

Nel 1989, dopo il fallimento della società concessionaria, che estraeva pietrisco calcareo per conto della famiglia Statuto-Iovine, subentrano nell’attività estrattiva due nuove società, la ItalBeton s.r.l. e la Calcestruzzo Volturno s.r.l. Queste società operavano sui terreni di proprietà di Rodolfo Statuto (in seguito deceduto) e della consorte Angela Iovine da Casaluce.

(Immagine 1) Con l’entrata in vigore della Legge Regionale n. 54 del 1985 che disciplinava l’attività dalle cave, nel 1986 veniva richiesta l’autorizzazione a continuare l’attività estrattiva da parte dalla Calcestruzzi Campania s.r.l., di cui era amministratore Nicola Russo. Nel 1989 la Regione Campania respingeva la richiesta dei “cavaioli” e l’allora Sindaco di Vitulazio, il professor Raffaele Russo, ordinava la sospensione delle attività estrattive dalla cava ed iniziò la tortuosa vicenda giudiziaria. La cava, negli anni successivi fu chiusa numerose volte, ma tutti i provvedimenti di chiusura, in seguito ai vari ricorsi presentati dal proprietario al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, vennero sempre annullati e l’attività estrattiva continuava senza sosta.

Gli abitanti di Vitulazio, il 23 luglio 1990, iniziarono la protesta e migliaia di persone scesero in strada, la cava fu presidiata giorno e notte. Nella storia della cava “Vigna d’Albore”, nel settembre 1990, intervenne perfino l’allora Ministro dell’Ambiente, l’onorevole Ruffolo, che dispose la sospensione dei lavori di coltivazione della cava ed ordinò un sopralluogo del servizio geologico nazionale. In quell’occasione furono rilevati gli effetti della coltivazione della cava sulla stabilità della parete rocciosa, la vulnerabilità della falda idrica, l’immissione di polveri e di rumori che investivano il paese. Il Ministro Ruffolo, in data 29 novembre 1990, stabilì che entro sei mesi la Regione Campania ed il Comune di Vitulazio presentassero un piano di risanamento della cava. Nel frattempo, continuavano le battaglie a colpi di carta bollata con la sospensione delle attività estrattive a seguito di ordinanze di chiusura e la ripresa delle medesime attività a seguito dei ricorsi al Tar e dell’ottenimento delle sospensive cautelari e senza che magistrati entrassero mai nel merito della questione.

(Immagine 2) Naturalmente non fu presentato alcun piano di risanamento della cava. Intervenne nuovamente il servizio geologico nazionale che constatò il pericolo di grave danno ambientale. Si costituì un Comitato cittadino per coordinare tutte le iniziative di lotta che fece emergere gli imbarazzanti silenzi delle autorità regionali e le inspiegabili lungaggini giudiziarie.  Nel frattempo, il lavoro all’interno della cava continuava senza sosta, con gli assordanti macchinari per la frantumazione del brecciame, lo scoppio delle potenti mine di tritolo ed il via vai di centinaia di autocarri che giravano per le strade di Vitulazio. I cittadini, esasperati, continuavano a protestare, presidiando gli accessi alla cava con blocchi e picchetti al fine di tutelare il fondamentale e primario diritto alla salute e la salvaguardia dell’ambiente e del territorio. La mattina del 24 settembre del 1990, su richiesta dei titolari della cava, lo Stato mobilitò circa 300 uomini tra Carabinieri e Poliziotti, che in assetto antisommossa costrinsero i manifestanti a togliere il blocco di protesta, consentendo così la ripresa dell’attività estrattiva. Mentre le denunce penali e i ricorsi presentati dalla popolazione e dalle autorità locali venivano “insabbiati”, per i tanti manifestanti scattarono perfino le denunce pretestuose ed intimidatorie per violenza privata nei confronti dei “cavaioli”. Spregiudicamene si continuava ad estrarre del brecciame dalla cava, con la società “concessionaria” dichiarata fallita e le ditte subentranti risultate prive di alcun titolo o autorizzazione ad esercitare tale attività.

In quegli anni, il potere politico, imprenditoriale e camorristico era gestito dal “clan dei casalesi”, guidato dal boss Antonio Bardellino e suo fratello, Ernesto Bardellino (Sindaco di San Cipriano d’Aversa), era considerato uno dei massimi esponenti del Partito Socialista in Campania poiché era legato a Bettino Craxi. Tante erano le colpevoli, inammissibili e prolungate inadempienze da parte degli organi provinciali e regionali. Gravissime condotte che trovavano inaccettabili coperture in chi aveva l’obbligo giuridico di esercitare un penetrante controllo e di intervenire.

(Immagine 3) I Vitulatini combattevano una “battaglia” contro i “mulini a vento” e contro Rodolfo Statuto, un imprenditore legato al Clan dei Casalesi. Statuto era stato arrestato per la prima volta nel 1992 per estorsione e poi nel 1995 con l’accusa di condurre attività chiaramente legate all’organizzazione malavitosa. “In quel frangente – così come spiega un’inchiesta giornalistica del settimanale l’Espresso –  venne dimostrata la sua affiliazione alla famiglia Bardellino, che dominava la provincia di Caserta fino all’avvento dei Casalesi. Grazie alle sue attività economiche, l’imprenditore svolgeva il ruolo di canale per il reinvestimento dei proventi di attività illecite dei gruppi camorristici. Nel 1998, la Commissione Parlamentare di Inchiesta sui Rifiuti definiva Rodolfo Statuto come un personaggio inserito nell’organizzazione dei Casalesi, con “compiti prettamente imprenditoriali, interessandosi, per conto dell’organizzazione, di vari settori della finanza. È l’esponente di maggior rilievo attraverso cui avviene l’intera gestione del ciclo dei rifiuti tossici”. Il pentito Carmine Schiavone dichiarò di conoscere Rodolfo Statuto come personaggio strettamente legato al cugino Francesco Schiavone (detto Sandokan) e che, proprio da questi, aveva ricevuto importanti commesse per la sua impresa di calcestruzzo, la Beton Caserta. L’imprenditore fu arrestato l’ultima volta dalla DIA nel 2003 e processato nell’ambito del processo “Spartacus”. Il 15 settembre 2006, venne condannato a 4 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Molti dei suoi beni, non interessati dal fallimento, sono poi stati confiscati ed assegnati a varie associazioni di volontariato per un riuso sociale. Tra i vari beni e le società che figuravano nel sequestro del processo “Spartacus” c’era la società “Costruzioni Campania” s.r.l. ubicata in località Vigna d’Albore e diversi terreni siti in località Boscariello di Vitulazio.

Migliaia di vitulatini firmarono una denuncia panale contro la “Cava Statuto” e si presentarono in centinaia a depositarla in cancelleria, con l’ausilio di diversi autobus partirono da Vitulazio alla volta di Santa Maria Capua Vetere, invadendo la piazza antistante gli uffici della Procura della Repubblica, protestando e chiedendo a gran voce giustizia. Alla fine la giustizia trionfò quando il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, decidendosi finalmente ad affrontare nel merito il problema della cava, in data 21 novembre 1991, emise una sentenza accogliendo le ragioni dei vitulatini, confermando le ordinanze sindacali che imponevano la cessazione dell’attività estrattiva. La cava venne chiusa per sempre nel 1992, ma i proprietari non desistettero e presenteranno un ulteriore ricorso, ma senza averne un riscontro positivo. Difatti, con sentenza del 6 maggio 1994, anche i magistrati del Consiglio di Stato, riconobbero in sede di appello le buone ragioni dei vitulatini, sentenziando definitivamente la chiusura della cava di proprietà della famiglia Statuto. Nel 1994, archiviata la questione giudiziaria, con la decisione perentoria di chiusura della cava, sentenziata dal massimo organo della magistratura, i proprietari dovevano ottemperare al recupero ed al risanamento ambientale, paesaggistico ed idrogeologico dell’area della cava, così come era previsto dall’articolo 9 (ricomposizione ambientale) dalla Legge Regionale n. 54 del 19 dicembre 1985.

(Immagine 4) Inoltre, è importante anche ricordare che con l’entrata in vigore della Legge Regionale n. 54 del 1985, che disciplinava l’attività dalle cave, era obbligatorio stilare una convenzione fra i proprietari della cava ed il Comune di Vitulazio, nella quale doveva essere previsto che il titolare dell’ autorizzazione o della concessione all’estrazione di pietrisco era tenuto a versare, in unica soluzione entro il 31 dicembre di ogni anno, al Comune un contributo sulla spesa necessaria per gli interventi pubblici ulteriori, rispetto al mero ripristino dell’ area. Il suddetto contributo doveva essere determinato dalla Regione, in relazione al tipo, qualità o quantità del materiale estratto nell’ anno ed in conformità alle tariffe stabilite che il titolare dell’autorizzazione o della concessione era tenuto a versare. Le citate somme che dovevano essere incassate dal Comune di Vitulazio, dovevano essere prioritariamente utilizzate per la realizzazione di interventi e di opere connesse al ripristino ambientale o alla riutilizzazione delle aree interessate da attività di cava.

A questo punto ci chiediamo se in passato, e nello specifico durante gli anni dell’attività estrattiva dalla cava successivi all’entrata in vigore della legge reginale del 1985, sia mai stata sottoscritta una convenzione tra il Comune di Vitulazio ed i proprietari della cava, se questi ultimi abbiamo mai versato alle casse comunali il cosiddetto “ristoro ambientale” così come era previsto e se, in assenza di ciò, il Comune abbia agito per legge per recuperare determinate somme.

Ad oggi, tra fallimenti che si confondevano con i sequestri dell’antimafia, sono passati più di vent’anni e nessuno ha pensato all’effettivo risanamento della cava. Nessun funzionario o amministratore del Comune di Vitulazio ha mai chiesto ai proprietari della cava dismessa di ottemperare alla legge e realizzare la ricomposizione ambientale dell’area e di metterla in sicurezza. Nessun Sindaco ha mai diffidato i proprietari della cava provvedendo alla requisizione dell’area per attuare in danno il risanamento ambientale e restituire la montagna al popolo vitulatino. Nessuno ha ritenuto giusto e doveroso intervenire nella procedura fallimentare nei confronti dei “cavaioli” al fine di fargli pagare il “malfatto ambientale” ed il dovuto contributo per il ristoro (dal 1986 al 1990) e che il Comune poteva finanche rivalersi procedendo alla requisizione di tutta l’area.

Tranne un progetto “burla” per “mettersi apposto” con la coscienza e con la legge, oltre alla tanta carta straccia, dal 1995 ad oggi, niente è stato compiuto per un effettivo risanamento ambientale della cava. Alla fine degli anni ’90, l’Università “Federico II” di Napoli, realizzò un progetto per una centrale fotovoltaica da 9 Megawatt che prevedeva l’installazione di migliaia di pannelli solari a ridosso della parete rocciosa della cava e la realizzazione di un lago artificiale nel piazzale antistante. Nell’anno 2007, l’Ufficio Tecnico Comunale, retto dall’Arch. Callone, realizzò un progetto per la riconversione dell’ex cava in strutture sportive e scolastiche, per un costo complessivo di oltre 15 milioni di euro e venne presentata una richiesta di finanziamento alla Regione Campania. Ambedue i progetti sono stati cestinati. Il 7 giugno del 2005, entrava in vigore il Piano Regolare Generale del Comune di Vitulazio e l’area della cava dismessa veniva classificata come “zona omogena F2 per attrezzature di interesse generale”, ed in specifico veniva distinta come “parco integrato con strutture per lo sport, per il tempo libero e attrezzature di interesse collettivo”. Inoltre, i terreni adiacenti alla cava dismessa e posti a ridosso dell’ex provinciale di località Tutuni, venivano classificati nella zona D5 per gli “insediamenti produttivi” e destinati alle attività terziarie commerciali, direzionali o di servizio, turistico, ricettive e per il tempo libero. Infine, i terreni a ridosso della cava e posti in perpendicolare tra via Rimembranza e via San Pietro, venivano identificati nel centro urbano come zona B2 e dichiarata già “edificata con media densità”. In seguito, la famiglia Statuto avanzò un progetto per una mega lottizzazione da realizzare a ridosso della cava dismessa con palazzi, alloggi e locali commerciali.

(Immagine 5) Le cave dismesse vennero inserite nel “Piano di Recupero Ambientale del territorio della Provincia di Caserta compromesso dall’attività estrattiva delle cave abbandonate, abusive o dismesse”, stilato nell’anno 2000 dal Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania e, nell’anno 2009, tali competenze vennero trasferite all’Agenzia Regionale Campana per la Difesa del Suolo (ARCADIS). È importante rammentare che in provincia di Caserta le cosiddette “Cave Statuto” sono due. Difatti, oltre a quella sita in Vitulazio che non è più di proprietà degli eredi di Rodolfo Statuto, c’è anche quella ubicata nel Comune di San Prisco in località Croce Santa ed ubicata in prossimità della strada “variante Anas” che da Santa Maria Capua Vetere porta a Maddaloni. Detta cava, ad eccezione di quella vitulatina, è rimasta nella disponibilità della famiglia Statuto attraverso la Società Plus S.r.l. con sede in Caserta alla Via Giotto.

Nel2010, aseguito del fallimento dalla società “Calcestruzzi Campania” s.r.l. (dichiarato nel 1989 presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere), l’immensa area della cava dismessa ed i terreni circostanti che erano appartenuti alle società riconducibili a Rodolfo Statuto, vennero posti all’asta e venduti. Agli eredi di Statuto, restarono dei terreni posti sempre nelle vicinanze della cava che non finirono nel fallimento o confische dell’antimafia. A questo punto entra in scena la famiglia Di Rauso di Capua, proprietaria della Beton Me.Ca. s.r.l. di Vitulazio e della Cava Ifrap s.r.l. di Camigliano, due società specializzate nella produzione del calcestruzzo e nell’estrazione di pietrisco calcareo. I Di Rauso di Capua partecipano all’asta immobiliare per il fallimento della società che era proprietaria della cava degli Statuto, e pagando milioni di euro, riuscirono a mettere le mani sui circa300.000 metri quadratidell’intera area della cava dismessa del Monte Tutuli che si estende da via San Pietro fino ai terreni posti in località Sant’Angelo a ridosso dell’ex provinciale di località Tutuni.

(Immagine 6) In quell’occasione, in tanti rimasero sorpresi dalla scelta dei Di Rauso di comperare una cava dismessa sulla quale dovevano spendere diversi milioni di euro per l’obbligatorio risanamento ambientale, paesaggistico ed idrogeologico. Gli stessi, infatti, erano i titolari della cava Ifrap S.r.l., collocata in località Monticello di Camigliano e, per essere ancora più precisi, alle spalle della “Cava Statuto”. Difatti, le due cave, anche se ubicate sui due versanti opposti del monte Tutuli, confinavano e nel 2007 nacque perfino un contenzioso giudiziario tra i Di Rauso e gli Statuto, per un presunto sconfinamento di circa4.000 metri quadratiche la “cava camiglianese” dei Di Rauso avrebbe operato, in fase estrattiva di pietrisco, sui terreni della “cava vitulatina” degli Statuto. Inoltre, sempre nel 2007, i Di Rauso per la loro attività estrattiva sul territorio comunale di Camigliano, finirono sotto processo per il reato di disastro ambientale, oltre al furto aggravato ai danni del territorio comunale. Dopo una serie di battaglie, condotte dall’allora sindaco ambientalista di Camigliano, l’ing. Vincenzo Cenname, la cava venne finanche sequestrata e dal decreto di sequestro si leggeva che “l’Ifrap ha coltivato la cava in modo totalmente difforme dalle disposizioni del DPR n.128/59, realizzando pareti a strapiombo con gravi rischi di crollo e frane di grosse proporzioni verso i piazzali sottostanti, nonché rendendo impossibile il previsto recupero ambientale”.

Nel 2011, scattò la maxi operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli denominata “Il Principe e la Scheda ballerina”, nel corso della quale furono arrestate ben 56 persone ritenute contigue al cosiddetto “clan dei casalesi”, tra politici, impresari, tecnici e camorristi. Tra questi, oltre all’illustre politico Nicola Cosentino, spiccava anche il nome di Stefano Di Rauso, detto “Il Professore” e capostipite della nota famiglia capuana che si occupa di cemento e cave e che l’anno prima aveva acquistato la cava degli Statuto. Il Di Rauso, infatti, unitamente ad altri imprenditori della zona casertana che si occupavano di produzione e commercializzazione di calcestruzzo, secondo i magistrati della DDA di Napoli, agiva in un sistema “oligarchico” e controllato dal cosiddetto “clan dei casalesi” al quale versavano una parte dei loro proventi. Dopo l’arresto del 6 dicembre 2011, per la famiglia Di Rauso, scattò finanche il sequestro preventivo di tutti i beni intestati alle varie società di loro proprietà, tra cui anche la cava dismessa di Vitulazio ed i terreni circostanti.

Nell’anno 2013, la Giunta Comunale, retta dall’allora Sindaco, il dottor Achille Cuccari, attraverso un’apposita convenzione, diede l’incarico al Dipartimento di Architettura dell’Università “Federico II” di Napoli, per lo studio, l’elaborazione dati e l’assistenza alla redazione del Piano Urbanistico Comunale, ai sensi della Legge Regionale 16/2004. Per diverso tempo, piombò il silenzio sul P.U.C. che stava per essere progettato, ma nel mese di maggio del 2014, durante i comizi elettorali l’allora Sindaco Cuccari si scontrò con il suo successore Romano, proprio sull’argomento della paventata cementificazione a ridosso della collina, ed in specifico sui terreni a ridosso della dismessa cava. Difatti, con il cambio dell’Amministrazione, avvenuto a metà del 2014 e dopo ben due anni di mandato, in data 28 luglio 2016, la Giunta Comunale, retta dal Sindaco Luigi Romano, ha provveduto ad adottare e pubblicare il nuovo Piano Urbanistico Comunale che ora è in fase di “variazione” a seguito delle cento e più osservazioni pervenute al Comune.

(Immagine7) Al momento il processo per Di Rauso è ancora pendente e tutti i beni a lui riconducibili sono affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.  Al termine dei vari gradi di giudizio, se il Rauso riuscirà ad essere assolto e giustificare i guadagni e i beni intestati alle sue società, tutte le sue proprietà ed aziende, tra cui anche la cava vitulatina ed i terreni che la circondano, rientreranno in suo possesso e potrà farne ciò che vuole, ma se verrà condannato e non riuscirà a motivare le sue ricchezze, si avanzerà dall’attuale sequestro preventivo alla confisca definitiva di beni e società. Difatti, al termine dei vari processi, potrebbe accedere che la cava dismessa di Vitulazio, venga confiscata definitivamente e l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, provveda ad acquisirla al patrimonio indisponibile dello Stato e con un successivo decreto di destinazione la assegni, con vincolo di destinazione, ad enti o associazioni per un riuso con delle pubbliche finalità. Nella maggior parte dei casi si verifica che l’Agenzia in questione assegni i beni confiscati alla criminalità organizzata ai Comuni di competenza sui quali “ricadono” o che gli stessi siano messi all’asta. A questo punto, prevedere una grossa cementificazione in detta area potrebbe far pensare che si siano “favoriti” i proprietari della cava, ma se gli stessi terreni verranno confiscati e tolti agli attuali proprietari, è plausibile ipotizzare che non si è fatto altro che aumentarne il valore ai fini di un’eventuale asta giudiziaria.

Ritornando all’approvando Piano Urbanistico Comunale di Vitulazio, malgrado i notabili di “matrice camorristica” che hanno avuto interessi e che continuano ad averli in questa “storia muta e omertosa”, con la mancata messa in sicurezza dell’area, il risanamento ambientale, paesaggistico e idrogeologico mai fatto, ancora una volta è stata prevista una rilevante cementificazione dell’area a ridosso della dismessa cava calcarea ubicata tra località Tutuni e Vigna d’Albore. Visionando le mappe e leggendo le varie relazioni annesse all’approvando Puc, viene a galla che tra i 17 comparti pianificati (lottizzazioni) solamente per il comparto numero 4, vale a dire quello della cava dismessa è previsto un Piano Urbanistico Attuativo ad hoc, con delle iniziative di natura pubblica che si andranno ad aggiungere a quelle private. Il PUA è un piano urbanistico “circoscritto” alla lottizzazione di nuove aree e dovrà essere approvato dalla Giunta Comunale su richiesta dei proprietari dei terreni in conformità al Puc (Piano Urbanistico Comunale), attraverso una convenzione con cui i lottizzanti si impegnano a cedere gratuitamente le aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ad eseguire le opere stesse o a corrispondere gli oneri di urbanizzazione relativi. Difatti, nell’area dell’ex-cava, che interessa una superficie di164.000 metri quadrati, l’approvando Puc prevede che i padroni costruiscano un parco urbano di interesse sovracomunale, tramite un ridisegno dell’area dal punto di vista idrogeologico ed ambientale. Per quest’area dovrà essere redatto un Piano “ad-hoc” che dovrà definire il progetto di riuso e recupero ambientale dell’area ex cava e i percorsi pedonali che sfrutteranno l’orografia (rilievi montuosi) del territorio esistente.

(Immagine 8) Il Parco Urbano che i privati dovranno realizzare prevede le seguenti destinazioni: verde urbano, attività ricreative, attività sportive e energia rinnovabile. Il Puc dovrà prevedere la realizzazione da parte dei privati di due nuovi assi stradali: il primo pari a circa 518 ml (metri lineari) con larghezza di 20 ml caratterizzata da marciapiedi di ampiezza minima pari a 6,50 ml (categoria E – strada di quartiere), il secondo pari a circa 310 ml con larghezza di 15 ml caratterizzata da marciapiedi di ampiezza minima pari a 4,00 ml (categoria E – strada di quartiere) e una quota di parcheggi pubblici da destinare al parco attrezzato pari a circa 6000 mq. La restante area (pari ad una superficie di circa 28000 mq) sarà adibita a verde attrezzato pubblico e parcheggi di pertinenza delle nuove abitazioni, pari ad una superficie da quantificare in funzione dei residenti esistenti e quelli previsti. Nel comparto in questione è prevista una nuova edilizia residenziale pari a 12.724 mq (Superficie fondiaria) pari a 111 alloggi di400 metri cubiciascuno e previsti a ridosso dell’ex provinciale di località Tutuni e nell’area retrostante l’incrocio tra Via Rimembranza e Via Petrarca. Il 30% dei nuovi alloggi, secondo quanto prescritto dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Caserta, sarà destinato ad edilizia residenziale sociale (35 alloggi). Ai piani terra, lungo le strade, è consentita la destinazione d’uso commerciale fino ad un massimo di250 metri quadrati.

Ad un lato del citato mega-comparto dell’ex cava (“lottizzazione” con 111 alloggi) è prevista un’ulteriore area (definita B2 – ovvero di completamento) da destinare all’edificazione di altri 30 alloggi. Stiamo parlando della zona collinare che dalla Circumvallazione Nord Ovest (imbocco su Via San Pietro) scende perpendicolarmente alle traverse di Via rimembranza. In questa area, ad eccezione del comparto dove le strade e le altre opere di urbanizzazione sono a carico del privato, il Comune ha previsto (forse a proprie spese) di realizzare un’ulteriore asse viario che dalla Circumvallazione Nord-Ovest giunge fino all’incrocio tra via Petrarca e località Tutuni e che si andranno ad unire con quelli già esistenti su via Mameli e via Nazzario Sauro. In detta area a ridosso della cava dismessa, sono previsti 111 alloggi per il comparto ed altri 30 nella zona di completamento, per un totale di 141 alloggi. Una scelta, quella di prevedere tanti alloggi a ridosso della cava dismessa che si trascina negli anni, poiché già in passato venne presentato un progetto per una mega lottizzazione e nonostante non sia stato effettuato nessun risanamento ambientale dell’area da parte dei proprietari, ad oggi, amministratori e tecnici, perseverano nel prevedere una cementificazione dell’area in questione.

Tra le varie osservazioni al Puc, emerge: “Non è assolutamente condivisibile come zona di integrazione residenziale, poiché la stessa area, proprio per la sua attuale conformazione morfologica, e per il suo precario equilibrio idrogeologico, ben si presta ad essere destinata completamente a parco urbano e area ludico-sportiva, al fine di dotare il versante Nord-Ovest del centro urbano di un vero polmone verde per compensare il disastro ambientale che i cittadini di Vitulazio hanno dovuto sopportare in questi ultimi decenni per la presenza dell’ex cava “Statuto”; In detto comparto, chissà perché, l’altezza delle costruzioni può essere maggiore di quelle degli altri comparti. Esso comprende tutta l’area della ex cava Statuto dove è indispensabile e doveroso effettuare opere di recupero ambientale, principalmente la messa in sicurezza dal rischio inquinamento delle falde acquifere. Nell’area di cava, infatti, i Carabinieri del nucleo operativo ecologico (N.O.E.) rilevarono che era stato effettuato uno scavo profondo più di quindici metri. Poiché si tratta di roccia carbonatica, molto permeabile e, considerato anche che l’area sovrastante è a rischio frana, l’individuazione di un comparto edificatorio di tale entità sembra francamente assurda. Interessi privati non devono determinare scelte urbanistiche sbagliate e pericolose. Occorre prevedere la forestazione della collina che avrebbe indubbi effetti di miglioramento idrogeologico e paesaggistico, fermo restando l’obbligo di effettuare opere di recupero ambientale e la messa in sicurezza dal rischio inquinamento delle falde acquifere”.

(Immagine 9) Da uno studio effettuato una decina di anni fa dal professor Ennio De Crescenzo del Dipartimento di Progettazione Architettonica e Ambientale dell’Università “Federico II” di Napoli, emerge che le dimensioni dello scavo ai danni del Monte Tutuli, consentono di poter affermare che il recupero ed il risanamento ambientale, così come inteso dalla Legge del 19 dicembre 1985, n. 54, risulta problematico. “Per cui è necessario pensare la cava come un componente integrante del paesaggio ed il riuso come una forma di risarcimento del danno per gli abitanti del luogo, da realizzarsi tramite operazioni progettuali che consentono una perfetta sinergia tra il recupero strutturale ed ambientale della cava e l’utilizzo delle risorse naturali. È quindi necessario rilevare le relazioni spaziali che questo “luogo” stabilisce con l’intorno. Due sono le scale di riferimento e di portata dimensionale indagate: da un lato il vuoto della cava e la geografia della zona come pertinenza di prossimità e dall’altro la gran potenzialità del luogo per lo sviluppo di energie integrative, attraverso il processo fotovoltaico”. Dallo studio del professore De Crescenzo, emerge che “l’insediamento estrattivo ha causato notevoli danni al sistema ambientale apportando notevoli variazioni: alla stabilità dei versanti; alla idrografia superficiale; alle acque sotterranee; alla vegetazione. Essa ha innescato una instabilità su tutto il fronte di cava determinando la eliminazione di una grossa porzione del Monte Tutuli ivi compresa la vegetazione, il bacino imbrifero ed alterando il ruscellamento superficiale. In assenza di opere di canalizzazione le acque meteoriche seguono percorsi irregolari con asportazione di terreno vegetale e la progressiva diminuzione della vegetazione nelle aree limitrofe. Il piazzale di cava ha quasi raggiunto il livello statico della falda di base dell’acquifero carbonatico, con aumento notevole della vulnerabilità e dell’inquinamento delle acque sotterranee; causata dall’assenza di copertura vegetale e dall’alta permeabilità dei litotipi alle acque meteoriche miste alle sostanze inquinanti, che possono raggiungere velocemente la falda senza alcun processo di autodepurazione”.

(Immagine 10) Infine, è fondamentale citare la relazione redatta della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, approvata alla Camera dei Deputati nella seduta del 25 ottobre 2000, da dove si deduce che le società riconducibili all’imprenditore Statuto, operanti anche nella cava di Vitulazio, hanno sversato e smaltito illecitamente rifiuti pericoli. Difatti, dalla citata relazione parlamentare, si legge testualmente: “A condurre i traffici illegali era infatti tale Statuto, un soggetto affiliato alla camorra, con compiti prettamente imprenditoriali interessandosi di vari settori della finanza. Il suo ruolo chiave risulta confermato dal fatto che presso la sua ditta sono state individuate ingenti quantità di rifiuti pericolosi gestiti illecitamente. Il condurre tale attività presso aziende ben individuabili (come la Italbeton di Santa Maria Capua Vetere, che in data 23.12.1988 prese in affitto la cava di Vitulazio e attraverso un’altra società, la “Calcestruzzi Volturno” s.r.l., con sede legale a Camigliano, di cui era rappresentante legale un certo Lorenzo Petrella, continuarono a lavorare sulla cava di Vitulazio, N.d.R.), in luoghi abitati e non molto lontani dal centro, dimostra ulteriormente la possibilità per i clan criminali di agire in maniera del tutto indisturbata. Tale è anche l’esempio di Villa Literno – luogo di costanti rinvenimenti di rifiuti tossici e nocivi – ove, almeno negli anni passati, si sono succeduti sindaci come Riccardi e Vincenzo Tavoletta, legati all’organizzazione camorristica; ed ancora quello di Casal di Principe, comune nel quale, per anni, è stato imposto con i voti controllati dalla camorra un sindaco della stessa: cioè una vera e propria immedesimazione tra politica e criminalità organizzata. La Italbeton di Rodolfo Statuto venne individuata come una delle prime società presso cui venivano depositati i rifiuti tossico-nocivi fin dagli inizi del 1994; la vicenda di questa società ha mostrato la capacità della criminalità organizzata di muoversi agilmente sul territorio, e dunque il suo controllo dello stesso”.

In conclusione, l’intensa attività estrattiva condotta negli anni addietro a ridosso del centro abitato del Comune di Vitulazio meriterebbe uno screening in termini sanitari al fine di valutare se vi siano state delle ripercussioni sulla salute dei cittadini in virtù dell’inquinamento ambientale provocato dalle polveri sottili emanate negli anni di attività dalla cava e dai grossi cumuli di pietrisco calcareo che sono abbandonati da decenni in quell’area, senza poi parlare della falda acquifera compromessa dalla permeabilità del materiale calcareo e dalle ampie incavature scavate a20 metridi profondità. In aggiunta, sarebbe opportuno effettuare una serie di rilievi al fine di eliminare qualsiasi dubbio in merito ad eventuali sversamenti di rifiuti speciali, sia solidi che liquidi, all’interno dell’area della cava dismessa.

È importante rammentare che un ex amministratore del Comune di Vitulazio oramai a riposo (presente con ruoli importanti nelle Giunte dei Sindaci Cuccari e Romano che si sono susseguite negli anni precedenti) qualche anno fa si è imparentato con gli attuali proprietari della cava, ovvero i Di Rauso di Capua che secondo le accuse mossegli dai magistrati dalla Direzione Distrettuale Antimafia risultava legato al “clan dei casalesi” ed in particolare alla fazione facente capo a Francesco Schiavone più noto come “Sandokan”.

 

10.01.2017

 

Alfredo Di Lettera

Bibliografia

1 – Sentenza Cava Statuto – Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Seconda Sezione) n. 3 del 1992

2 – Sentenza Cava Statuto – Consiglio di Stato (Sesta Sezione) n. 1265 del 1994

3 – Sentenza Cava Statuto – Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Terza Sezione) n. 5137 del 2001

4 – Sentenza Cava Statuto di San Prisco (Iovene Angela) – Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Terza Sezione) n. 926 del 2007

5 – Dossier a cura di Giacomo Coco (Denunce e atti ministeriali, regionali, parlamentari, ecc.)

6 – Storia Criminale di Rodolfo Statuto – Relazione del Ministero dello Sviluppo Economico sui beni confiscati dell’Anno 2014 – (Pagine 44 e 45); Estratti: Libro di G. Fiore “L’impero dei Casalesi” della Rizzoli (Anno 2010); Articolo da “L’espresso” a firma Lillo M. del 13 gennaio 2005

7 – Sentenza Penale Rodolfo Statuto da Casaluce ed altri – Suprema Corte di Cassazione (Sesta Sezione) n. 25573 del 2012

8 – Sentenza Penale Rodolfo Statuto da Casaluce ed altri – Suprema Corte di Cassazione (Sesta Sezione) n. 10887 del 2013

9 – Legge Regionale della Campania n. 54del 13 dicembre 1985 – Regolamentazione dell’attività estrattiva da Cava

10 – Fallimento della “Calcestruzzi Campania” s.r.l. degli Statuto – Atto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Sezione Espropriazioni Immobiliari) n. 97 del 1989 del ruolo generale delle esecuzioni

11 – Progetto di recupero architettonico-ambientale come risorsa naturale di energia rinnovabile della cava di Vigna D’Albore nel Comune di Vitulazio a cura del professore Ennio De Crescenzo del Dipartimento di Progettazione Architettonica e Ambientale dell’Università “Federico II” di Napoli – Estratto dal volume “Tematiche sul riuso e sulla riqualificazione urbana e ambientale” (da pagina168 apagina 179)

12 –  Progetto per la riconversione dell’ex cava in strutture sportive e scolastiche ad uso pubblico – realizzato dall’Architetto Lidia Callone (Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale) – Delibera di Consiglio Comunale n. 32 del 14 luglio del 2007 – Candidatura del progetto a finanziamenti regionali

13 – Piano Regolatore Generale del Comune di Vitulazio – (Normativa di attuazione) – entrato in vigore il 7 giugno del 2005

14 – Procedimento Penale per disastro ambientale a carico dei Di Rauso per la Cava Ifrap s.r.l. – Deliberazione della Giunta Comunale di Camigliano n. 100 del 5 novembre 2007

15 – Sentenza Cava Ifrap dei Di Rauso – Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Terza Sezione) n. 02772 del 2009

16 – Sentenza Cava Ifrap dei Di Rauso – Consiglio di Stato (Sezione Sesta) n. 03323 del 2012

17 – Sentenza Penale Stefano Di Rauso da Capua – Suprema Corte di Cassazione (Quinta Sezione) n. 39033 del 2012

18 – Sentenza Penale Famiglia Di Rauso – Suprema Corte di Cassazione (Sesta Sezione) n. 16110 del 2012

19 – Adozione Piano Urbanistico Comunale e Rapporto Ambientale – Delibera della Giunta Comunale di Vitulazio n. 59 del 28.07.2016

20 – Piano Urbanistico Comunale di Vitulazio (Anno2016) – Ufficio Tecnico Comunale (Architetto Callone) e Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” (Professore Moccia) – Relazione delle Norme Tecniche di Attuazione (Componente Programmatica – Pagine 10, 11 e 14).

21 – Osservazioni al Piano Urbanistico Comunale di Vitulazio presentate dall’avvocato Mario De Rosa (Partito Democratico) più altri cittadini di Vitulazio

22 – Osservazioni al Piano Urbanistico Comunale di Vitulazio presentate dall’avvocato Raffaele Russo (Consigliere Comunale di Minoranza – Capogruppo Consiliare di “Unità e Democrazia”)

23 – Rodolfo Statuto (clan dei Casalesi e traffico illecito di rifiuti) – Relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse del 25 ottobre del 2000 (Presidente On. Massimo Scalia – XIII Legislatura – relazione trasmessa alla Camera dei Deputati e al Sentato della Repubblica)

24 – “L’impero del Calcestruzzo in Terra di Lavoro: le trame dell’economia criminale del clan dei casalesi” a cura di Marcello Anselmo capito estratto dal libro “Traffici criminali. Camorra, mafie e reti internazionali dell’illegalità” edito da Bollati Boringhieri nel 2009

25 – Consiglio Regionale della Campania – III Commissione Speciale “terra dei fuochi, bonifiche, ecomafie” – Audizione in ordine al Recupero della Cava ex Statuto di San Prisco (Seduta del 9 giugno 2016 – Presidente Giampiero Zinzi)

26 – Una vittoria della democrazia: la cava Statuto – Estratto dalla ricerca storica “Una finestra sulla storia: Vitulazio negli ultimi duecento anni”, realizzata dal dott. Giovanni Giudicianni unitamente ad altri ricercatori e presentata nel 2007 durante la mostra documentaria per i 200 anni del Comune di Vitulazio (Pagina 24).

1 All. Sentenza Tar Campania 03-1992

2 All. Sentenza Consiglio di Stato 1265-1994

3 All. Sentenza Tar Campania Cava Iovine 5137-2001

4 All. Sentenza Tar Campania Cava San Prisco 926-2007

5 All. Dossier Cava Statuto Vitulazio G. Coco

6 All. Statuto – Ministero Sviluppo Economico

7 All. Sentenza Cassazione Statuto 25573-2012

8 All. Sentenza Cassazione Statuto 10887-2013

9 All. Legge Regionale Cave 54-1985

10 All. Fallimento Calcestruzzi Campania – Tribunale SMCV 97-1989

12 All. Riconversione Cava – C.C. Vitulazio n 32-2007

13 All. PRG Vitulazio – Normativa di Attuazione -2005

14 All. Disastro Ambientale Di Rauso – G.C. Camigliano 100-2007

15 All. Sentenza Tar Campania Cava Ifrap 02772-2009

16 All. Sentenza Consiglio di Stato – Cava Ifrap 03442-2008

17 All. Sentenza Cassazione Di Rauso 39033-2012

18 All. Sentenza Cassazione Famiglia Di Rauso 16110-2012

19 All. Adozione PUC – G.C. Vitulazio 59-2016

20 All. PUC Vitulazio 2016 NTA – Programmatica

21 All. Osservazioni Collettive PUC 2016 – Mario De Rosa

22 All. Osservazioni PUC 2016 – Consigliere Raffaele Russo

24 All. Limpero del Calcestruzzo – Statuto – Marcello Anselmo

25 All. Regione Campania – III° Commissione Cava Statuto

26 All. Una finestra sulla storia di Vitulazio

27 All. Ministro Ambiente Interrogazioni – 1990-1991

 

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