“I castelli della preghiera”: un libro sulla storia del monachesimo medievale

“I castelli della preghiera”: un libro sulla storia del monachesimo medievale

Nel periodo che va dal X al XII secolo, detto dalla storiografia tedesca “pieno medioevo”, si ha l’apice dell’esperienza del monachesimo cristiano occidentale. Nel libro a cura di Glauco Maria Cantarella, “I castelli della preghiera – Il monachesimo nel pieno medioevo (secoli X-XII)”, (Carocci, 276 pagine, 26 Euro) si ripercorrono le tracce del cenobitismo dell’Età di Mezzo: è la fase dell’egemonia benedettina, predominante fino alla nascita degli ordini mendicanti, Francescani e Domenicani. Il volume pone su una linea retta lo sviluppo di questo fenomeno non solo religioso, ma anche culturale e politico, fondamentale per la costituzione della società medievale. I protagonisti, i monaci, hanno dato un grande contributo su ogni piano: teologico e politico, ma pure architettonico, artistico, filosofico, mistico, infrastrutturale e addirittura gastronomico.
Fuggire dal mondo restando al suo interno: è la massima che ha spinto questi uomini ad erigere i “castelli della preghiera”, luoghi in cui è possibile avvicinarsi a Dio, attraverso la vita comunitaria, mantenendo una connessione con i fedeli; cominciando da Cluny, nel primo capitolo scritto proprio da Glauco Maria Cantarella. Poi di abate in abate, dal centro della Francia arriveremo a Montecassino accompagnati da Enrico Veneziani, che traccerà  una “cronaca” partendo da quella lasciata in eredità dai monaci cassinensi. L’abbazia di Montecassino che, alla fine dell’XI secolo, da Papa Urbano II fu considerata un “luogo opportuno e necessario per tutta l’Italia”; ma che precisamente cento anni dopo, da Papa Innocenzo III, fu reputato un insediamento che emanava un “orrido fetore” e che pertanto necessitava di una riforma per ritornare nel solco tracciato da san Benedetto. Il caso di Montecassino è di rilievo perché rappresentativo di quanto il potere papale sia cambiato nel tempo fino al punto di poter interferire nelle dinamiche interne delle abbazie, che da sempre godevano di una loro autonomia. Umberto Longo, invece, nel terzo capitolo, si concentra su due figure eminenti: Romualdo e Pier Damiani, “protagonisti nell’attività incessante di fondazione di eremi e cenobi e di riforme del monachesimo mai in contrapposizione con l’idea imperiale”; ricordiamo tutti la delicatezza politica del periodo storico, l’XI secolo. Da Ravenna, luogo di nascita di Romualdo e Pier Damiani, ci sposteremo di poco, nella Toscana appenninica per approfondire la storia dei Camaldolesi e Vallombrosani a firma di Nicolangelo D’Acunto. Camaldolesi e Vallombrosani, considerati congregazioni di minore importanza, sono però ampiamente documentati dalla storiografia relativa alla riforma ecclesiastica dell’XI secolo; hanno lasciato nel tempo importanti “strumenti di controllo e coordinamento che avrebbero goduto di ampia fortuna nel prosieguo della storia istituzionale dell’Occidente monastico e non solo”.
Nel mezzo del volume, troviamo i Cistercensi, non soltanto centrati nella ripartizione fisica del libro ma anche per quanto riguarda i temi trattati, dato l’ampio spazio dato all’ordine, spalmato su due capitoli: il quinto, di Guido Cariboni, che si concentra sulla formazione del “primo ordine religioso della storia” che in un cinquantennio si costituisce come realtà religiosa caratterizzata da “legami istituzionali che mantenessero una coerenza giuridico-corporativa; il sesto, “I Cistercensi e i Laici” di Francesco Renzi, prende le mosse da una critica rivolta mossa da Walter Map, un chierico inglese vissuto a cavallo tra XII e XIII secolo, il quale rimproverava all’ordine la ricerca di quel “deserto” inspirato alle esperienze eremitiche e monastiche orientali del IV secolo a scapito delle comunità locali, “letteralmente depredate da loro”. In conclusione, nel settimo capitolo Giorgio Milanesi, “Arti e spazi ordinati del monachesimo occidentale”, viene approfondito il contributo artistico del monachesimo. L’autore cita Angiola Maria Romanini secondo la quale <<In definitiva, definire “monastica” un’architettura e in genere un’opera d’arte medievale significa anzitutto riconoscerle valore di documento storico>>. Evidenze che hanno fatto della nostra concezione di Medioevo quello che è attualmente, dato che  – sottolinea Giorgio Milanesi- “ben oltre la metà delle architetture, delle pitture e delle sculture di epoca pienamente medievale appartengono a contesti monastici”.
“I castelli della preghiera” è un volume molto denso che approfondisce il fenomeno del monachesimo scardinando vecchie convinzioni ormai superate dalla storiografia contemporanea.

Dario Palmesano

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