I Caturano ormai sono “carte conosciute” ovunque, perfino a Ravenna. Il Tar respinge un ricorso della ditta Autotrasporti Caturano Pietro contro l’ennesimo provvedimento prefettizio

I Caturano ormai sono “carte conosciute” ovunque, perfino a Ravenna. Il Tar respinge un ricorso della ditta Autotrasporti Caturano Pietro contro l’ennesimo provvedimento prefettizio

MADDALONI/PASTORANO – Mentre la classe politica pastoranese si “coccola” ormai da anni la famiglia Caturano, gli imprenditori maddalonesi infilano nelle sedi istituzionali una sconfitta dopo l’altra. L’ultima in ordine di tempo arriva da Ravenna, dove da qualche tempo hanno trasferito la sede della ditta Autotrasporti Caturano Pietro pur – come sottolineano i giudici – concentrando il grosso dei loro affari nel centro-sud.

La storica società che porta il nome del “capostipite” della famiglia casertana (tra l’altro azionista al 90% della Catras, la società che gestisce l’area fieristica nell’ex stabilimento Vavid) si è vista negare dalla Prefettura di Ravenna l’iscrizione nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti ai tentativi di infiltrazione mafiosa (la cosiddetta  White list). Per questo ha presentato ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna contro il Ministero dell’Interno, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura di Ravenna, chiedendo l’annullamento del provvedimento prefettizio, di quello dell’Ufficio della Motorizzazione Civile di Bologna – che ha disposto la sospensione dell’autorizzazione all’esercizio della professione di Autotrasportatore su strada con contestuale sospensione dell’iscrizione della stessa impresa individuale dall’Albo degli Autotrasportatori- e del seguente provvedimento della Camera di Commercio che ha disposto l’iscrizione della sospensione dell’attività di “autotrasporto merci per c/terzi” della stessa nel Repertorio Economico Amministrativo camerale.

A seguito dell’udienza del 5 aprile 2017, però, la prima sezione del Tar ha inferto una dura mazzata alla holding legata all’ex presidente della Provincia, Domenico Zinzi.  Il Collegio, infatti, ha respinto il ricorso principale contro la mancata iscrizione nella White List prefettizia perché ritiene che il “provvedimento sia sorretto da esauriente motivazione e da svolgimento di adeguata e approfondita attività istruttoria riguardo sia ai precedenti penali a carico del titolare dell’impresa individuale destinatario del diniego, sia alle vicende aziendali di questa e delle altre società e imprese facenti parte del c.d. “gruppo Caturano”, e, in particolare, all’avvenuto recente trasferimento della sede legale dell’impresa e di altra società del gruppo dalle originarie sedi tutte site in Maddaloni (CE) a Ravenna, sia, infine, agli accertati collegamenti tra l’impresa con altre imprese del gruppo già colpite da misure interdittive antimafia e con ambienti della malavita organizzata, con particolare riferimento ai rapporti evidenziati con l’associazione di tipo mafioso denominata clan dei Casalesi”. 

Più specificamente, nella sentenza depositata lo scorso 3 agosto sottolineano: “Per quanto riguarda il primo aspetto, il Collegio ritiene oggettivamente sufficienti a supportare il suddetto quadro indiziario, le numerose denunce penali accertate a carico del titolare dell’impresa; ciò tenendo anche conto sia dell’attività di autotrasporto dal medesimo svolta, sia dell’oggetto di molte delle citate denunce e segnalazioni, in quanto concernente la delicata materia ambientale e, in particolare, lo svolgimento non autorizzato dell’attività di gestione di rifiuti, nonché la violazione della normativa relativa alle emissioni in atmosfera, in riferimento alla quale, nell’anno 2003, il ricorrente è stato condannato dal Tribunale di Benevento. Il medesimo risulta inoltre condannato nel 2005 dalla Corte d’Appello di Napoli per omicidio colposo, frode processuale in concorso e violazione dei sigilli in concorso. In riferimento al secondo profilo, si deve osservare che anche in questo caso il provvedimento impugnato è oggettivamente esaustivo nell’indicare, da un lato, tutte le numerose società e imprese (n. 10) facenti capo al ricorrente e, di conseguenza, anche al c.d. “Gruppo Caturano”, oltre alle altre imprese e società di cui il ricorrente detiene una rilevante partecipazione in quote o azioni (n. 13) e, dall’altro lato nell’evidenziare sia i collegamenti esistenti tra l’impresa ricorrente ed altre imprese e società già colpite da interdittiva antimafia, quali la “Caturano Autotrasporti s.r.l.”, la “Calcestruzzi Volturnia Inerti s.r.l. e il “Consorzio Free Services”, tutte aventi sede in Maddaloni (CE), sia, come già si è accennato, i collegamenti diretti tra l’impresa ricorrente e ben individuati ambienti della criminalità organizzata campana, nella specie appartenenti alle associazioni di tipo camorristico “Belforte” e dei “Casalesi”, quali evidenziati in probanti elementi istruttori tratti da dichiarazioni ufficiali rese da collaboratori di giustizia (v. provv. impugnato pagg. 7 e 8)”.

I giudici, oltre a sottolineare che la mancata iscrizione nella White List equivale a una interdittiva antimafia, aggiungono che il “quadro indiziario ha trovato espressa conferma, in sede giurisdizionale, nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. III, 1/9/2014 n. 4450, laddove si afferma inequivocabilmente che “…per quanto emerga da elementi di carattere meramente indiziario, la famiglia Caturano, nel corso di tutta la sua vita imprenditoriale, risultava in vario modo accumunata, vicina, se non contigua con la realtà criminale gravitante nell’orbita di controllo del ‘clan dei casalesi’ e che tali indizi provenivano da elementi diversificati ed eterogenei, comunque concordanti, radicando quindi il pericolo di un possibile condizionamento nella vita della società da parte della criminalità organizzata”. (v. sent Cons. Stato cit. doc. n. 11 dell’Amm.ne)”.

Ripercorrendo la storia imprenditoriale e giudiziaria della famiglia, la prima sezione, non solo ha respinto la prima parte del ricorso, ma, essendo le motivazioni della mancata iscrizione nella White List legata anche agli altri provvedimenti, ha respinto tutti gli altri ricorsi. Detto ciò, consigliamo ai nostri lettori di leggere a fondo la sentenza scritta dai giudici emiliani perché troveranno informazioni che nell’Agro calano in molti fanno finta di non conoscere.

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Red.

 

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