Il boss ergastolano Raffaele Ligato vorrebbe fare comunella con i suoi cumparielli detenuti al carcere duro, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali – Pubblichiamo il testo dell’ordinanza

Il boss ergastolano Raffaele Ligato vorrebbe fare comunella con i suoi cumparielli detenuti al carcere duro, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali – Pubblichiamo il testo dell’ordinanza




PIGNATARO MAGGIORE – Il boss ergastolano di Pignataro Maggiore, Raffaele Ligato, vorrebbe fare comunella con i suoi cumparielli detenuti in regime di carcere duro, ma il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla settima sezione penale della Corte di Cassazione che lo anche condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di duemila Euro alla Cassa delle ammende. Come si legge nell’ordinanza della Corte di Cassazione numero 32200/2017, “il Magistrato di sorveglianza di Milano rigettava il reclamo proposto da Ligato Raffaele, detenuto presso la Casa di reclusione di Opera, sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41 bis ord. pen., col quale il suddetto lamentava di non aver potuto salutare gli altri detenuti ristretti allo stesso regime speciale chiamandoli per nome. In detto provvedimento si sottolineava come la Direzione del suddetto Istituto di pena avesse riferito nella sua relazione che il detenuto, proprio perché sottoposto a detto regime differenziato, non potesse comunicare per legge con detenuti appartenenti a diverso gruppo di socialità, e come, quindi, la condotta imposta da detta Direzione, di cui il detenuto si lamentava, trovasse direttamente fondamento nella legge. Avverso detto provvedimento proponeva appello, riqualificato come ricorso per Cassazione, il Legato, lamentando che il mero saluto per nome non rappresentasse alcuna forma di comunicazione”. Ma i giudici hanno sottolineato che “è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto avverso un’ordinanza emessa dal magistrato di sorveglianza a seguito di un reclamo generico in ordine a provvedimenti dell’Amministrazione penitenziaria che non incidono sui diritti soggettivi del detenuto”.

Pubblichiamo in coda questo articolo la citata ordinanza della Corte di Cassazione numero 32200/2017.

Rassegna Stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

 

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