Nel “noir” di Paolo Volpato, “Il legionario della val di Susa” (Edizioni del Capricorno, 240 pagine, 12 Euro), i personaggi sono ovviamente immaginari, come si sottolinea pure nella nota introduttiva, ma “i fatti narrati prendono libera ispirazione da una storia vera che pochi ricordano. Vent’anni fa, un’indagine della magistratura torinese giunse a individuare un agricoltore valsusino, ex sabotatore della Marina Militare e appassionato di armi. Si chiamava Franco Fuschi. Si rivelò responsabile di numerosi omicidi rimasti nel buio. Di lui nulla si sapeva. Nello stesso tempo, in seguito a una circostanza scoperta per caso da una questura del Sud, emerse l’anomala fuoriuscita di 397 pistole, per lo più calibro 9×21, da una piccola armeria della val di Susa. Erano armi assegnate in base a regolare porto d’armi a persone inesistenti. Entrambe le indagini condussero a supporre ingerenze dei servizi segreti”. Tutti tacevano, ma c’era un ficcanaso: “Solo un giornalista locale, affrontando rischi e incertezze e superando problemi personali, prese a cuore le due vicende, che pure erano oscure, preoccupanti e dense di conseguenze”. Una parte del libro di Paolo Volpato ripercorre in modo romanzato il lavoro di questo giornalista valsusino, che dovette affrontare numerosi ostacoli.
Ecco la trama del romanzo: il pm torinese Silvia Matteis è in difficoltà. Chi è il contadino valsusino, ex legionario, che in procura sta confessando un’incredibile ma circostanziata serie di delitti? Uno squilibrato, un mitomane o un vero serial killer, capace di uccidere con spietata freddezza e senza apparenti motivi? Che cosa c’è di vero nei suoi rapporti con i servizi segreti? E con l’armeria di Susa che ha messo in piedi un traffico illegale d’armi a cui non sembrano estranei alcuni esponenti dei carabinieri e gli stessi Servizi? Chi, tra depistaggi, zone d’ombra, tentativi d’inquinamento delle indagini e maneggi giudiziari, sta cercando d’intimidire Silvia Matteis spedendole un proiettile in busta chiusa nel bel mezzo delle indagini? Ambientato alla fine degli anni Novanta, “Il legionario della val di Susa” è un legal thriller ritmato e originale, capace di descrivere con impressionante lucidità e dall’interno i meccanismi dell’indagine giudiziaria, ma anche e soprattutto l’opacità e i veleni dell’ambiente del palazzo di Giustizia. Una fiction, certo, ma più reale del reale.
Un assaggio della scrittura di Paolo Volpato: “Nessuna impronta, dottoressa. Busta illibata. Indovini che calibro è il proiettile? 9×21. Il motivo per cui ho voluto parlarle in via riservata è nel foglio di minacce. Lo legga. Anche su quello nessuna impronta. Scritto con normografo e fotocopiato. Non si spaventi…’. Non avevo visto il foglio piegato in quattro. Lo aprii: Per il tuo Luigi. Sentii una stretta. Gli occhi s’inchiodarono su quel nome, Luigi, mio terzo figlio. Lo portavo in grembo da quasi tre mesi. Lo sapevano soltanto mio marito, la ginecologa e il Padre eterno. Erano al di sopra di qualunque sospetto. Fissai Lucio. ‘Silenzio assoluto sull’intera vicenda. Il fascicolo andrà a Milano, per competenza. Non verrà trattato qui. Il problema non è la mia gravidanza, è il proiettile mandato a un bambino che deve ancora nascere. A margine, mio marito e io abbiamo deciso di chiamarlo Luigi appena qualche sera fa. Nemmeno i fratellini lo sanno. Loro, invece, l’hanno saputo…’”.
Paolo Volpato è un giornalista della RAI presso la redazione regionale del Piemonte. Si è sempre occupato di cronaca giudiziaria, seguendo alcune delle più importanti inchieste degli ultimi decenni, che hanno segnato la vita di Torino con pesanti riflessi sulla storia nazionale: come quella sul clan dei Catanesi, quella sullo scandalo tangenti che a Torino anticipò “Mani Pulite” e l’indagine sull’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, assassinato dalla ’ndrangheta. Per Edizioni del Capricorno ha pubblicato il noir “La ragazza della Crocetta” (2018).
Red. Cro.
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