Il premier turco Tayyip Erdogan festeggia i risultati delle elezioni ad Ankara, il 31 marzo 2014. (Reuters/Contrasto)
Il primo ministro turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato la vittoria del suo partito alle elezioni amministrative del 30 marzo, considerate una prova generale delle presidenziali in programma ad agosto. Le elezioni rappresentavano anche un banco di prova per la popolarità di Erdoğan dopo gli scandali degli ultimi mesi.
Il Partito giustizia e sviluppo (Akp), la formazione islamica conservatrice guidata da Erdoğan, ha preso il 47 per cento dei voti in tutto il paese, scrive al Jazeera. Il principale partito di opposizione, il Partito popolare repubblicano (Chp), si è fermato al 28 per cento, e il Partito del movimento nazionalista (Mhp) al 13 per cento.
A Istanbul il sindaco uscente Kadir Topbas è stato riconfermato con il 47,8 per cento dei voti, secondo risultati ancora non definitivi, mentre il suo avversario Mustafa Sarigül, del Partito popolare repubblicano, si è fermato al 40 per cento.
Ad Ankara il candidato di Erdoğan, Melih Gökçek, ha raccolto il 44,7 per cento dei voti contro il 43,8 per cento del suo rivale del Chp, Mansur Yavas, scrive Libération.
Una protesta del Partito popolare repubblicano (Chp) di fronte a un seggio di Ankara, il 31 marzo 2014. (Umit Bektas, Reuters/Contrasto)
Pugno di ferro. A dicembre l’esecutivo di Erdoğan è stato coinvolto in un’inchiesta su un caso di corruzione che ha portato in carcere i figli di alcuni ministri, che sono stati costretti alle dimissioni. Erdoğan ha accusato il predicatore islamico Fehtullah Gülen di aver organizzato l’inchiesta per estrometterlo dal potere.
Negli ultimi mesi Erdoğan ha lanciato un’offensiva contro internet. Il 6 febbraio il parlamento turco ha approvato una legge che intensifica il controllo su internet permettendo a un’agenzia governativa per le telecomunicazioni, la Tib, di bloccare l’accesso a siti che violano la privacy oppure ospitano contenuti considerati “offensivi”.
Il 20 marzo il governo ha bloccato l’accesso a Twitter, dopo che sul social network erano apparsi diversi documenti su possibili casi di corruzione nel governo. Ma il 26 marzo un tribunale amministrativo di Ankara ha revocato il blocco.
Il 27 marzo le autorità delle telecomunicazioni hanno bloccato l’accesso a YouTube, in seguito alla diffusione di alcune registrazioni che riguardavano i piani militari della Turchia in Siria.
Nel maggio del 2013 il violento sgombero di un sit in contro la ristrutturazione del parco Gezi a Istanbul aveva dato inizio alle manifestazioni di piazza Taksim, le prime proteste di massa contro il governo di Erdoğan, che accusavano l’Akp di autoritarismo e di violazione della laicità ed erano andate avanti per settimane, attirando le critiche della comunità internazionale per la brutale risposta delle forze di polizia.
Fonte: Internazionale
Andrea De Luca