“Il prezzo del messianesimo” (Quodlibet, 208 pagine, 18 Euro) raccoglie in volume i saggi che Jacob Taubes ha dedicato nel corso della sua vita a Gershom Scholem, o a temi strettamente affini al suo ambito di studio, e tutto ciò che resta dell’epistolario fra i due, cioè le lettere che Taubes scrisse a Scholem dal 1947 al 1979 – qui pubblicate per la prima volta –, nonché un’unica risposta di Scholem, quella che segna il momento della loro drammatica e irrevocabile rottura.
Se nel caso del rapporto fra Taubes – studioso ebreo di inclinazione polemica e anticonformista, estremista in tutte le sue prese di posizione, non solo politiche, i cui scritti vengono progressivamente scoperti e tradotti in Italia – e Carl Schmitt, si è potuto parlare di un “divergente accordo”, cioè di un’intima affinità col “nemico” nel modo di affrontare alcuni concetti fondamentali, nel caso di Scholem occorre forse rovesciare questa formula. All’inizio Taubes e Scholem (il fondatore degli studi novecenteschi sulla religione ebraica e in particolare sulla mistica ebraica e sulla cabala) si collocano sullo stesso fronte, e il primo contatta il secondo alla ricerca di un maestro e nel tentativo di entrare a far parte dei suoi stretti collaboratori. Ben presto, tuttavia, fra i due si apre una voragine, al cui cuore c’è ben altro che una semplice differenza caratteriale: la questione del messianesimo e l’interpretazione di figure come Paolo di Tarso e Walter Benjamin, dunque i temi più controversi e dibattuti del pensiero teologico/filosofico ebraico, che toccano il cuore di ogni filosofia della storia di matrice escatologica, coinvolgendo altresì le teorie sul concetto moderno di Stato e sulla missione etica dell’uomo.
Si ottiene così una visione assolutamente inedita della figura e del pensiero di Scholem, e un’ulteriore prova del singolare approccio “interpretativo” di Jacob Taubes – che non trova il suo precipitato nell’“opera”, ma annulla ogni distanza con l’interlocutore mettendolo alla prova su ogni piano della sua esistenza. Questo libro, a cura di Elettra Stimilli, ha come sottotitolo “Una revisione critica delle tesi di Gershom Scholem”. La stessa Elettra Stimilli vi pubblica un interessante saggio con un titolo molto suggestivo: “Il messianesimo come problema politico”.
Jacob Taubes (1923-1987), discendente da una famiglia di rabbini e rabbino egli stesso, dopo gli studi in filosofia e storia a Basilea e Zurigo (dove la famiglia si era trasferita da Vienna per sfuggire alla persecuzione nazista) si laureò nel 1947: la sua tesi di dottorato è stata pubblicata con il titolo “Escatologia occidentale” (Quodlibet). Insegnò a lungo sia negli Stati Uniti (a Harvard, Princeton e per dieci anni, dal 1956, alla Columbia University) sia a Gerusalemme (dal 1951 al 1953 all’Università ebraica, sotto il patrocinio di Gershom Scholem); nel 1961 venne chiamato alla Freie Universität di Berlino dove dal 1966 divenne ordinario di giudaistica. Nello stesso periodo tenne numerosi seminari alla “Maison des Sciences de l’Homme” di Parigi e partecipò attivamente al movimento studentesco. Gli ultimi anni della sua vita furono segnati da crisi fisiche e psichiche; riposa nell’Israelitischen Rriedhof di Zurigo. Tra i suoi libri pubblicati in italiano ricordiamo, presso Adelphi, “La teologia politica di San Paolo” (1997).
Red. Cro.