“Il principe e la (scheda) ballerina”: non solo Nicola Cosentino. Il collegio giudicante condanna anche il “Il Professore del Cemento” a nove anni di reclusione

“Il principe e la (scheda) ballerina”: non solo Nicola Cosentino. Il collegio giudicante condanna anche il “Il Professore del Cemento” a nove anni di reclusione

VITULAZIO – L’imprenditore capuano del calcestruzzo, Stefano Di Rauso, conosciuto come il “Il Professore del Cemento”, è stato condannato a 9 anni di reclusione nell’ambito del processo “Il principe e la scheda ballerina”. Il collegio presieduto dal giudice Orazio Rossi ha ritenuto colpevole il Rauso dei reati connessi all’associazione mafiosa. Nel processo erano imputate 21 persone, tra di loro anche l’ex Sottosegretario Nicola Cosentino, condannato a 5 anni di reclusione. “Il Professore del Cemento” è il capostipite della famiglia Di Rauso di Capua, proprietaria della Beton Me.Ca. s.r.l. di Vitulazio e della Cava Ifrap s.r.l. di Camigliano, due società specializzate nella produzione del calcestruzzo e nell’estrazione di pietrisco calcareo. I Di Rauso di Capua partecipano all’asta immobiliare per il fallimento della società che era proprietaria della cava degli Statuto, e pagando milioni di euro, riuscirono a mettere le mani sui circa300.000 metri quadratidell’intera area della cava dismessa del Monte Tutuli che si estende da via San Pietro fino ai terreni posti in località Sant’Angelo a ridosso dell’ex provinciale di località Tutuni. In quell’occasione, in tanti rimasero sorpresi dalla scelta dei Di Rauso di comperare una cava dismessa sulla quale dovevano spendere diversi milioni di euro per l’obbligatorio risanamento ambientale, paesaggistico ed idrogeologico.

Nel 2011, scattò la maxi operazione della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli denominata “Il Principe e la Scheda ballerina”, nel corso della quale furono arrestate ben 56 persone ritenute contigue al cosiddetto “clan dei casalesi”, tra politici, impresari, tecnici e camorristi. Di Rauso, insieme ad altri imprenditori della zona, si occupavano di produzione e commercializzazione di calcestruzzo, secondo i magistrati della DDA di Napoli, agendo in un sistema “oligarchico” e controllato dal cosiddetto “clan dei casalesi”, al quale versavano una parte dei loro proventi. Dopo l’arresto del 6 dicembre 2011, per la famiglia Di Rauso scattò finanche il sequestro preventivo di tutti i beni intestati alle varie società di loro proprietà, tra cui anche la cava dismessa di Vitulazio e i terreni circostanti. Ad oggi, tutti i beni a riconducibili al Di Rauso sono affidati ad un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale.

Alfredo Di Lettera

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