Giorgio Natale ricorda Il ruolo giocato dal basso e dall’alto clero nelle vicende risorgimentali

Giorgio Natale ricorda Il ruolo giocato dal basso e dall’alto clero nelle vicende risorgimentali

Le Vicende Risorgimentali, anche durante  la stagione del W PIO IX  ed il periodo della spedizione pontificia nel Lombardo-Veneto, non entusiasmarono i prelati e le gerarchie ecclesiastiche, al di là delle Mura Leonine e del Portone di Bronzo. Il basso clero, invece, aveva un comportamento più articolato, motivato da scelte ideali, contingenze paesane e familiari, simpatie ed antipatie legate alla natura umana.
Dom Francesco Perini, patriota, nella sua inedita  “Cronaca di Orzinuovi dal 1848 in poi” ci fornisce  un quadro del clima e degli eventi come furono vissuti nella cittadina della Bassa bresciana. Ritengo significativo l’episodio della visita-12-4-1862- del mangiapreti Garibaldi, riportata dal precitato parroco. Alle 4 pomeridiane capitò la carrozza su cui si trovava Garibaldi: il Sindaco parlò con lui, intanto che la musica suonava l’inno del generale tanto popolare. Un gridar Viva Garibaldi e l’Italia, sventolar di fazzoletti, gettar di fior, un correre della gente da tutti i lati della carrozza, era cosa sorprendente: giovani, vecchi, fanciulli, fanciulle prorompevano da tutti i lati a gridare i soliti viva. Suonavano (in gamba zoppa) le campane delle chiese: la banda e la guardia seguivano la carrozza che entrava lentamente in paese. Al palazzo comunale l’entusiasmo confinava proprio col delirio: al mio sopraggiungere io credetti che fosse succeduta una baruffa presso la carrozza di Garibaldi, ed era un gruppo di signore, tra le quali le esaltatissime Parazzoli, che si disputavano il povero Garibaldi abbracciandolo, baciandolo, tirandolo di qua e di là, come fosse uno straccio: oh matte bugerone(testuale, nota del sottoscritto)! Ed egli non potendosi schermire, tanto l’aveano preso in mezzo, le lasciava fare. C’era più pazzia che dignità: poverette! Credo che lo stesso Garibaldi le abbia compatite. Si entrò poscia nella sala comunale dove irruppero i pubblici funzionari e le signore. Era una miscela da non riferirsi, chi lo baciava di qua, chi di là, chi gli toccava la persona, chi volea parlare con lui, sentirlo: tutti lo circondavano d’ogni lato a rischio d’asfissiarlo: sin ad un punto di dubitare della solidità del soffitto. Io gli stava, come suol dirsi alle calcagna, perché volea vederlo ben bene da vicino: e in quel momento io, il curato Zappamiglio e Don Giulio Pavoni gli fummo presentati come parte del Clero che desiderava esporgli le proprie aspirazioni politiche, ed ebbi il vantaggio di leggergli il seguente indirizzo:

Generale,
figli del popolo e sacerdoti del Dio che vi ha donato novello Gedeone all’Italia, in una stessa politica fede noi siamo uniti, o Generale, con voi che rappresentate le più sante aspirazioni degli italiani, con voi che per le vostre gesta portentose siete diventato l’idolo dei popoli oppressi.Accogliete, o Generale, le proteste di stima che altissima sentiamo del vostro amore all’Italia e saremo sempre con voi finché l’Italia sia tutta degli Italiani’.

L’Arciprete non volle presentarsi a Garibaldi, benché l’Avv. Gnaga fosse la sera antecedente andato a parlargli in proposito. Difatti egli stette in chiesa a vedere i sacristi a mettere su l’apparato delle Qurant’Ore, e l’italofobo prete Salvetti per non essere presente all’ingresso del generale andò a passeggiare sulla strada di Malpaga: così nessun altro prete si è fatto vedere. Oggi poi 14 alle 3 pomeridiane, entrando in sacrestia, vidi l’arciprete e il prete Seotti, i quali bisbigliavano sommessamente, forse per riguardo del sacrista che era poco lontano, ma si capiva che parlavano della nostra presentazione a Garibaldi: ad un tratto sopravviene il prete Salvetti, e unitosi a loro lo sentii a scappar fuori con queste espressioni =Quando si saprà la cosa e che capiterà loro la scomunica, andranno da Garibaldi a farla levare=. Però se non ci venne la scomunica, si è però fatto il possibile per altre robe. Prima di tutto il prete Salvetti cercò per mare e per terra di poter aver copia dell’indirizzo da noi fatto a Garibaldi, ma le sue ricerche riuscirono inutili perché non l’aveva che io solo. Poi si è scritto al Vescovo che Zappamiglio aveva offerto un fiore a Garibaldi, mentre gli era stato presentato dal Reverendo Paroli  parroco di Barbarica, al quale il generale disse cortesemente che lo regalasse a qualche signora; che ne l’avvenne? Che a noi curati venne limitata la confessione alla sola parrocchia. Ma Zappamiglio, andato dal Vescovo, espose le cose come erano state, e non se ne parlò più. Fu revocata la limitazione, e gli altri restarono con un bel palmo di naso”.
Distinti saluti

Giorgio Natale

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