Bocciato ricorso della “Casertana Recuperi”, la società di famiglia della Farzati: si mette male per Iorio e Caparco

Bocciato ricorso della “Casertana Recuperi”, la società di famiglia della Farzati: si mette male per Iorio e Caparco

CALVI R./PIGNATARO M. – Il Tribunale amministrativo regionale della Campania di Napoli ha respinto anche il nuovo ricorso della “Casertana recuperi srl” (la società di famiglia della coordinatrice dell’ufficio del Giudice di Pace di Pignataro Maggiore, dottoressa Vittoria Farzati) contro l’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Caserta. In questo caso, la “Casertana recuperi srl” – con sede in Calvi Risorta – e Antonio Luca Iorio (figlio della dottoressa Farzati) si erano affidati all’avvocato Carlo Sarro, ma nemmeno il parlamentare, pezzo da novanta cosentiniano, è riuscito a fare il miracolo: durissima sconfitta su tutta la linea, ancora una volta.

Ecco di seguito il testo integrale della sentenza, depositata alla segreteria del Tar in data 23 gennaio 2014.

“REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4089 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Casertana Recuperi Srl, Antonio Luca Iorio, rappresentati e difesi dall’avv. Carlo Sarro, con domicilio eletto in Napoli, viale A. Gramsci, n. 19;

contro

U.T.G. – Prefettura di Caserta, Ministero dell’Interno, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura di Stato, domiciliata presso la sede in Napoli, via Diaz, n. 11;

per l’annullamento

con ricorso introduttivo:

– del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, inoltrata in data 25.7.2011 dalla Casertana recuperi s.r.l., ai sensi dell’art. 10, comma 8, d.p.r. 252/98, diretta ad ottenere l’aggiornamento del provvedimento interdittivo emesso in data 28 settembre 2009.

con motivi aggiunti depositati il 18 gennaio 2013:

– del provvedimento interdittivo antimafia prot. 1294/12.b/ANT/Area 1 del 6 marzo 2013 adottato dal Prefetto di Caserta di conferma della nota precedente e di tutti gli atti di indagine connessi, ivi compreso il parere del GIA del 10.9.2010;

con motivi aggiunti depositati il 17 maggio 2013:

– dei medesimi atti già gravati e degli ulteriori atti investigativi depositati in giudizio.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di U.T.G. – Prefettura di Caserta e di Ministero dell’Interno;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2014 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società ricorrente, colpita da misura interdittiva antimafia 28 settembre2009, haimpugnato il comportamento inerte tenuto dalla Prefettura di Caserta sulla richiesta di aggiornamento.

Nel corso del giudizio l’amministrazione ha depositato il provvedimento prot. 1294/12.b/ANT/Area 1 del 6 marzo 2013 di conferma della prognosi sfavorevole nei confronti della società istante.

Avverso il provvedimento prefettizio e gli atti di indagine allo stesso presupposti sono diretti i primi ed i secondi motivi aggiunti, con i quali la ricorrente denuncia l’illegittimità dei riferiti atti deducendo motivi di violazione di legge e di eccesso di potere (presupposto erroneo, travisamento dei fatti, sviamento di potere, violazione del giusto procedimento, motivazione errata, perplessità, contraddittorietà, illogicità, atipicità dell’atto, falsità della causa).

Resiste in giudizio l’amministrazione degli interni, che conclude per la infondatezza del ricorso.

Dopo il rinvio disposto all’udienza del 10 luglio 2013, all’udienza del 15 gennaio 2014 la causa è trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è divenuto improcedibile, poiché l’amministrazione ha concluso il procedimento di aggiornamento con un provvedimento espresso, oggetto dei primi e secondi motivi aggiunti.

Passando all’esame del provvedimento confermativo, occorre premettere che, attesa la natura obbligatoria del potere di riesame – a differenza di quanto si verifica in ricorrenza dell’esercizio della funzione di autotutela che, in quanto espressione di discrezionalità amministrativa, non impone l’adozione necessaria di un provvedimento – la natura vincolata nell’an, in caso di riscontro negativo dell’istanza, si risolve in una decisione confermativa della precedente determinazione di primo grado: decisione che, salvo i casi di mera conferma della valutazione precedente per assenza di elementi nuovi addotti, assumerà i tratti caratteristici di una conferma impropria, costituendo la determinazione di secondo grado un giudizio sintetico della rinnovata ponderazione degli elementi indiziari originari alla luce delle documentate sopravvenienze allegate dalla parte istante. In tale caso occorre valutare l’adeguatezza e la sufficienza della motivazione, la cui sindacabilità, naturalmente, è rimessa alla prudente valutazione del giudice in relazione alla singola fattispecie, nei limiti propri del sindacato di atti connotati da ampia discrezionalità, anche in ragione della loro natura di tutela preventiva contro l’inquinamento invasivo del crimine organizzato nelle attività economiche e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, censurabili solo allorquando la valutazione sia trasmodata in macroscopica irragionevolezza o incongruenza (cfr. T.a.r. Campania – Napoli, sent. n. 20719 del 2005).

Vale ancora precisare che la circostanza centrale posta a base del provvedimento di conferma viene ravvisata nell’accertamento di una linea di continuità gestionale ed imprenditoriale fra la vecchia compagine societarie e gli attuali soci ed amministratori. Pertanto non occorre in questa sede ripercorrere gli elementi che hanno portato la Prefettura ad un giudizio sfavorevole nei confronti della società ricorrente nel 2009 (e nel 2010), tenuto anche conto che essi appaiono particolarmente significativi di una contiguità con associazioni delinquenziali operanti nel territorio di riferimento e che il giudizio ostativo è passato indenne al vaglio giurisdizionale (cfr. fra l’altro Tar Napoli n. 27989 del 2010).

Il punto focale del presente giudizio è rappresentato dalla verifica della correttezza del giudizio espresso dalla Prefettura, secondo cui la società ricorrente ha mantenuto inalterato il sostanziale assetto gestionale e proprietario.

Secondo l’assunto difensivo, il Prefetto non avrebbe rivalutato l’inconsistenza degli elemento illo tempore posti a base della misura interdittiva.

L’assunto non convince.

L’istanza di aggiornamento postula l’emersione di elementi nuovi e sopravvenuti in grado di dimostrare, con ragionevole certezza, la recisione di ogni rapporto di contiguità delinquenziale, mentre nel caso di specie la società ha sostanzialmente richiesto una rivalutazione dei medesimi elementi già vagliati dalla Prefettura, adducendo circostanze non in grado di modificare il quadro sostanziale pregresso.

Pertanto la laconicità della conferma della posizione della Casertana Recuperi ai fini antimafia è la risultanza di una istanza di aggiornamento insuscettibile di apportare contenuti nuovi e significativi ai fini della verifica della perduranza della permeabilità mafiosa.

Ed invero non solo occorre che, in relazione alla attuale posizione della società, non sia emersa alcuna nuova evenienza negativa, ma è necessario verificare il sopraggiungere anche di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti cui è stato ricollegato il pericolo, che persuasivamente e fattivamente giustifichi che si discostino ormai dalla situazione rilevata in precedenza.

Orbene, a fronte degli elementi allegati, la Prefettura ha ragionevolmente ritenuto che non ci fosse alcuna variazione significativa sulla pregressa valutazione, concludendo per la sussistenza di una persistente permeabilità dell’impresa nei confronti di ingerenze della malavita organizzata.

In definitiva, alla stregua delle circostanze soprariferite non sembra seriamente contestabile il giudizio effettuato dal Prefetto secondo cui le circostanze alla base della richiesta di aggiornamento si sono tradotte in espediente ispirato dall’intento di ottenere una nuova valutazione degli elementi già considerati come sintomatici di rischio di infiltrazione delinquenziale nella gestione societaria.

Le considerazioni esposte comportano l’improcedibilità del ricorso principale e la reiezione dei motivi aggiunti. Le spese processuali possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui connessi motivi aggiunti, in parte lei dichiara improcedibili ed in parte li rigetta. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2014 con l’intervento dei magistrati:

Cesare Mastrocola, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere

Michele Buonauro, Consigliere, Estensore

L’ESTENSOREIL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/01/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)”.

Fin qui la sentenza. Ora si attendono le determinazioni delle Autorità competenti (a cominciare dal Ministro della Giustizia e dal Consiglio Superiore della Magistratura) sull’inquietante caso di un ufficio del Giudice di Pace (in una realtà delicatissima come è quella di Pignataro Maggiore) al cui vertice vi è una coordinatrice – appunto la dottoressa Vittorio Farzati – la cui società di famiglia è colpita da interdittiva antimafia fin dal 28 settembre2009 acausa di un ex socio (Vincenzo Abbate), già arrestato per associazione mafiosa e ritenuto dai valorosi magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli uomo del superboss del “clan dei casalesi” Michele Zagaria.

Rassegna stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

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