PASTORANO – Nemmeno il Consiglio di Stato ha salvato la Regione Campania dalla condanna risarcitoria nei confronti della Sacco Antonio & Figli Srl, società che gestisce un impianto in via Torre Lupara a Pastorano, località Scassata, dove è impegnata nell’attività di cernita, trattamento di rifiuti di tipo carta, cartone e plastica. La questione trae origine da una diversa interpretazione della norma da parte dell’imprenditore del napoletano e dell’Ente di Palazzo Santa Lucia, sulla legittimità della decisione di assoggettare a V.I.A. (valutazione di impatto ambientale) l’ampliamento dell’impianto. E siccome la Regione – secondo quanto stabilito dai giudici del Tar – ha accumulato nella complessiva definizione della pratica un ritardo di 154 giorni, ecco che è maturato un risarcimento danni di 80.000 euro a favore della “Sacco Antonio & figli Srl” (leggi qui).
I dirigenti regionali, però, non contenti del responso del primo grado amministrativo, hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato contro l’ex Snc, nei confronti della Provincia di Caserta e del Comune di Pastorano; per la riforma della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE V n. 02848/2015, resa tra le parti, concernente il progetto di intervento di messa in riserva di rifiuti – procedura di VIA. In altri termini la Regione contestava la violazione del d.lgs. n. 152-2006 denunciando l’illogicità delle motivazioni e la carenza di prove nella quantificazione del danno riconosciuto dai giudici amministrativi in 80 mila euro.
La quinta sezione del Consiglio di Stato, invece, ha respinto il ricorso. “E’ evidente – scrivono i giudici nella sentenza depositata il 25/03/2016 – che un tale calcolo è approssimativo ma è connaturato ed insito nel procedimento di quantificazione e liquidazione di un danno per mancato esercizio di un’attività economica conseguente al ritardo ingiustificato dell’Amministrazione, altrimenti dovendosi concludere che un tale danno sarebbe sempre di fatto irrisarcibile”. Così, a seguito dell’udienza del 19 gennaio scorso, i giudici di secondo grado amministrativo hanno ritenuto che: “Il parametro utilizzato dal TAR è pienamente condivisibile ed ancorato a dati oggettivi, gli unici che ragionevolmente potevano venire in rilievo per dimostrare l’entità del danno in un’ipotesi come quella in esame, con la conseguenza che deve ritenersi corretta l’operazione proporzionale effettuata dal TAR che ha rideterminato il danno in euro 112.000, con abbattimento ad 80.000 euro per effetto dell’approssimazione insita in tale operazione di calcolo”.