GRAZZANISE – La dodicesima sezione del Tribunale del Riesame di Napoli ha annullato la decisione del Giudice per l’indagine preliminare che aveva respinto la richiesta di arresto per l’ex sindaco di Grazzanise, Enrico Parente. I giudici del Tribunale della Libertà hanno riconosciuto l’assoluta gravità della condotta contestata dai pm della Direzione distrettuale antimafia, Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio. I due sostituti avevano chiesto la detenzione in carcere per Parente che, in qualità di medico, curò nel 2009 in Austria il boss – all’epoca latitante – Michele Zagaria. “Sebbene possa essere ritenuto legittimo per un medico curare un malato, egli non può assumere condotte che servano a eludere i controlli e favoriscano così la latitanza, così come avrebbe fatto l’ex fascia tricolore” – secondo quanto affermato dalla Procura della Repubblica. Tuttavia per Parente non si apriranno le porte del carcere fino a quando non si pronuncerà anche la Corte di Cassazione che ha l’ultima parola in merito. Il provvedimento, infatti, diventerà esecutivo solo dopo l’ultimo grado di giudizio.
Anche il Riesame, dunque, confermerebbe la contiguità dell’ex sindaco di Grazzanise al boss del clan dei “casalesi”, catturato lo scorso 7 dicembre dopo una lunga latitanza. Circostanza che potrebbe essere riconducibile ad una normale dinamica professionale tra paziente e medico, o – più semplicemente – a dinamiche sociali tristemente frequenti in terra di mafie. Potrebbe, se stessimo parlando di un semplice medico o di un qualsiasi cittadino della provincia di Caserta, ma Parente, oltre ai titoli professionali, ha ricoperto importanti cariche politiche. Sindaco per due mandati e, soprattutto, vice presidente del Consorzio Unico di Bacino per la gestione dei rifiuti, eletto il 29 dicembre 2008 nella riunione dei 99 sindaci presso la prefettura di Caserta (con presidente il sindaco di Villa Literno, Enrico Fabozzi).
Sembra un caso, ma le cronache riferiscono che proprio l’ex “primula rossa” del clan dei “casalesi” era un riferimento sul territorio con il quale le istituzioni sarebbero andate a trattare proprio per risolvere l’emergenza rifiuti. Secondo “Il Fatto Quotidiano” e “Il Mattino”, infatti, i servizi segreti avrebbero incontrato Zagaria per ben tre volte. Nel 2005 a Pomigliano D’Arco (prima delle elezioni regionali) per discutere della gestione del ciclo dei rifiuti e più nello specifico, del trasporto, delle aree di stoccaggio e della riqualificazione. Alla fine del 2006, nel periodo in cui si aggravò la crisi, c’è un secondo incontro, e nei primi mesi del 2007 un terzo, nel corso del quale il latitante avrebbe fornito il suo benestare alla costruzione del termovalorizzatore di Santa Maria la Fossa.
Già, proprio l’impianto di incenerimento che la fazione degli “Schiavone” – secondo quanto racconta il pentito Gaetano Vassallo – voleva fortemente, ha rappresentato uno dei progetti individuati per risolvere l’annosa emergenza rifiuti. Nonostante, però, sia naufragato ufficialmente poche mesi fa, già nel 2009 le dichiarazioni dei pentiti suggerirono al commissariato di governo di rallentarne l’iter per la realizzazione. Eppure, nella prima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 123 del 14 luglio 2008 in tema di “misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, riportando la situazione al 23 maggio 2008, riferì che: ”Per quanto attiene alla prevista realizzazione del termovalorizzatore nell’ambito territoriale del Comune di Santa Maria la Fossa, è stata acquisita la disponibilità delle aree di sedime, a suo tempo acquistate dalla Società FIBE[…]. Allo stato, risultano effettuate le consegne per i lavori preliminari di incantieramento e recinzione provvisoria dell’area e per la necessaria attività di bonifica bellica: risultano, inoltre affidati i lavori di demolizione di edifici insistenti sull’area di cui trattasi”.
In questo scenario che preannunciava la localizzazione di un termovalorizzatore sul quale Francesco “cicciariello” Schiavone (cugino di Sandokan e dominus criminale della zona di Santa Maria la Fossa) – secondo quanto raccontato dai collaboratori di giustizia – stava per mettere le mani per conto dei vertici della cosca; a cavallo tra la sua elezioni ai vertici del Consorzio Unico di Bacino per la gestione dei rifiuti (29 dicembre) e la comparsa dei primi verbali dei pentiti sull’inceneritore (novembre 2009), il 24 gennaio del 2009, in qualità di medico, Parente incontrò Zagaria in Austria. Fatta questa ricostruzione cronologica, alcune domande sembrano nascere spontaneamente. Non è che l’ex “assessore al cemento” del clan, uomo da sempre legato affaristicamente a “Sandokan” e intervenuto in prima persona per acconsentire alla costruzione del termovalorizzatore già nel 2007 (al riguardo ci sarebbe anche un fascicolo aperto alla Dda), non prospettò soltanto i suoi guai fisici ma anche quelli del ciclo dei rifiuti in Campania all’ex sindaco? A questa domanda, ovviamente, potranno rispondere soltanto i diretti interessati e la magistratura. Anche se, l’aspetto più inquietante riguarda il presunto assoggettamento dei vertici dei consorzi che curavano la raccolta dei rifiuti alla camorra casertana.
D.D.