La vastissima Oceania, il cosiddetto “continente nuovissimo” formato da Australia e isole dell’Oceano Pacifico, è un’area geografica che per la sua storia e per le numerose culture che la compongono ha da sempre fornito un contributo fondamentale alla ricerca etnologica e antropologica. Una porzione di pianeta per molti aspetti da scoprire; ancora oggi, infatti, le sue più remote propaggini riescono a regalare sorprendenti novità.
È possibile approfondire e comprendere la complessità di tale panorama culturale grazie al “Dizionario delle religioni dell’Oceania” (Jaca Book, 347 pagine, 40 Euro) a cura di Mircea Eliade, uno dei maggiori storici delle religioni del Novecento. Il volume si concentra soprattutto sui fenomeni religiosi delle popolazioni aborigene che fino ad alcuni decenni fa vivevano ancora “a livello etnologico”. Ma ampio spazio del dizionario è dedicato anche all’analisi del faticoso e spesso tormentato ingresso nella modernità di tali popolazioni. Una transizione che spesso si è realizzata fra tragiche perdite di identità e orgogliose rivendicazioni delle radici culturali.
Di particolare interesse, proprio in virtù dell’incontro-scontro tra tradizioni millenarie e modernità, è la corposa trattazione del fenomeno del “Cargo Cult”. In tutta l’area dell’Oceania, a partire almeno da metà del 1800, sono stati registrati peculiari culti nati in seno ad alcune popolazioni autoctone in cui venivano adorate navi, e più tardi aeroplani, che portavano sulle isole alimenti e aiuti di vario genere. La galassia dei “Cargo Cults” è molto complessa e variegata e nel dizionario essa viene analizzata sotto diverse visuali. Caratteristica specifica di tali culti è la costruzione e l’adorazione di simulacri sacri che rappresentavano pontili, navi o addirittura velivoli. Le popolazioni aborigene, isolate da secoli, interpretavano i cargooccidentali come doni degli dèi e quindi realizzavano in legno e fogliame i simulacri per attendere la nuova venuta degli esseri divini. Ma la dinamica dei “Cargo Cults” non è un’espressione caratteristica esclusiva delle credenze ataviche degli aborigeni: il fenomeno è infatti sorto pure in seno a tribù che già avevano avuto contatti con gli occidentali, alcune delle quali convertite al cristianesimo.
Molto significativa è la storia della diffusione in Oceania del Cristianesimo, sia cattolico sia protestante, dai primi tentativi missionari fino all’attuale organizzazione delle Chiese e allo sviluppo di nuove esperienze religiose. Nel dizionario si alternano voci generali dedicate alle tradizioni religiose indigene, raggruppate in base alle consuete partizioni geografiche, e voci più specifiche dedicate alle credenze e alle pratiche di singole popolazioni o gruppi di popolazioni, oppure di particolari isole e arcipelaghi. Ampio spazio è dato inoltre all’approfondimento delle principali figure divine e mitologiche dell’Oceania o a concezioni e comportamenti religiosi tipici o esclusivi. Di notevole interesse ai fini dell’esposizione di un quadro di carattere generale sono infine i riferimenti ad antropologi, etnologi e studiosi che si sono occupati dell’Oceania, e una vasta rete di riferimenti bibliografici.
Massimiliano Palmesano