Il libro di Karl Baus, “Le origini” (Jaca Book, 664 pagine, 30 Euro), traccia un quadro sul cristianesimo in epoca costantiniana, per poi passare alla controversia ariana, al concilio di Nicea (325 d.C.) e a tutte le vicende fino al definitivo crollo teologico della dottrina di Ario nel concilio di Costantinopoli (381 d.C.). Dal ritratto che Karl Baus fa della Chiesa primitiva emerge il richiamo a non considerarla come qualcosa di statico, di permanente o di perfettamente realizzato; anzi, dalla lettura risulta che il dinamismo e lo sviluppo costituiscono un dato costante della Chiesa dai primi secoli. Il fascino della Chiesa primitiva fu sempre vivo e operante in tutti i secoli: a quell’esperienza fecero appello i monaci orientali e occidentali per giustificare la loro scelta di vita; a quella comunità apostolica si ispirarono i movimenti rinnovatori dei secoli XII-XIII, sfociati in tensioni antigerarchiche in alcuni e in una testimonianza evangelica in altri (san Francesco, san Domenico); a quel periodo si richiamarono i vari riformatori dei secoli successivi, fra questi anche Lutero. Sottotitolo del libro: “La Chiesa apostolica e subapostolica. Vita e letteratura ecclesiastica dalle persecuzioni all’avvento di Costantino I-IV”. Postfazione di Gian Domenico Gordini sulle “origini del cristianesimo in Italia”. Il volume è pubblicato nell’ambito della “Storia della Chiesa” diretta da Hubert Jedin.
Karl Baus sottolinea che “l’oggetto della storia della chiesa è la crescita nel tempo e nello spazio della chiesa fondata da Cristo. Ricevendo questo suo oggetto dalla teologia e ritenendolo per fede, essa è una disciplina teologica e si distingue da una storia del cristianesimo (…). L’aspetto teologico riguarda unicamente la sua origine divina ad opera di Gesù Cristo, l’ordinamento (gerarchico e sacramentale) da lui posto alla sua base e l’assistenza dello Spirito Santo ad essa promessa così come il suo ordinamento alla perfezione escatologica (…)”.
Gian Domenico Gordini scrive tra l’altro nella postfazione: “Una prima notizia sul cristianesimo in Italia ci è fornita dagli stessi Atti degli Apostoli. Quando Paolo, prigioniero, compì il viaggio verso la capitale dell’Impero, incontrò a Pozzuoli ‘fratelli’ di fede; altri ‘fratelli’ gli andarono incontro al Foro Appio e alle Tre Taverne nelle vicinanze di Roma. Verso l’anno 61 almeno due località d’Italia centrale e meridionale registravano l’esistenza di comunità cristiane. Per Roma la data è ancora anteriore, perché un gruppo notevole di cristiani è menzionato nella finale della lettera di Paolo ai Romani (57-8); ma cristiani esistevano anche nel 48-9 allorquando l’imperatore Claudio espulse da Roma giudei tumultuanti ‘Cresto Impulsore’. Paolo non può considerarsi il primo evangelizzatore dei Romani; potrebbe essere stato Pietro se fosse certa e documentata la notizia, riportata da Eusebio, della venuta del principe degli Apostoli nel 42. Qualche interprete ha voluto vedere nel ‘romani’ presenti a Gerusalemme il giorno di Pentecoste i primi missionari di Roma. Questa mancanza di nomi dei primi evangelizzatori d’Italia è una constatazione generale valida per tutte le località. I nomi dei primi missionari come pure le date esatte del costituirsi delle prime comunità cristiane, ci restano sconosciuti. E’ già molto se si può indicare il secolo”.
Red. Cro.