Ci sono alcuni libri che non vanno esclusivamente letti, ma anche ammirati. È il caso di “Gesù fu veramente bambino?” (Jaca Book, 163 pagine, 50 Euro) di Francois Boespflug, teologo e storico dell’arte francese, profondo conoscitore dell’universo cristiano medievale nonché professore emerito dell’Università di Strasburgo. Boespflug, che ha occupato la prestigiosa “Cattedra Benedetto XVI” a Ratisbona nel 2013, è autore di un volume in cui la vastissima conoscenza teologica e storica che caratterizza il testo è arricchita grazie a 69 tavole a colori, riproduzioni di opere dei maggiori pittori del Medioevo europeo che in quadri, affreschi e icone, hanno immaginato e rappresentato l’infanzia di Gesù di Nazareth.
Il libro affronta una serie di questioni, sia di carattere teologico sia storico-artistico, sull’infanzia del Cristo, o meglio su come nei secoli essa sia stata declinata e fissata in modo diffuso nelle opere d’arte. Il bambino divino e la sua nascita nella grotta a Betlemme sono al centro di un gran numero di opere d’arte di ispirazione cristiana: alcune di esse riportano episodi ben documentati nel Nuovo Testamento, soprattutto inerenti la Natività (Matteo 2,1; Luca 2,6-7), raffigurando le classiche scene dell’adorazione del neonato da parte di Maria e Giuseppe – quasi sempre in ginocchio – e da parte dei pastori (Luca 2,8-20) e dei Re Magi (Matteo 2,13-15).
Non mancano opere che raccontano la presentazione di Gesù al Tempio e la sua circoncisione, o la drammatica fuga in Egitto (Matteo 2,13-15) per sfuggire alla “strage degli innocenti” voluta da Erode (Matteo 2,16-18). Ma sui primi anni di vita di Gesù in larga parte regna il mistero più assoluto: i Vangeli canonici sono molto discreti al riguardo e, forse proprio a causa di questa mancanza di riferimenti nei testi sacri, nel corso dei secoli sono state elaborate una serie di congetture che, sotto la spinta della religiosità popolare, si sono trasformate in convinzioni profonde e ampiamente condivise. Le ipotesi sulla vita di Gesù da bambino che si diffusero agli albori del cristianesimo produssero tradizioni sia in campo letterario, con la nascita di racconti apocrifi e leggende, sia in quello artistico e delle visioni mistiche.
Il Dio fatto uomo era un bambino come tutti gli altri? Disobbedì ai suoi genitori o ai suoi insegnanti? Era già consapevole del suo destino di salvatore dell’umanità? Furono queste le domande che – tra la scarsità di riferimenti nei Vangeli canonici e le fantasiose versioni dei testi apocrifi – diedero ai pittori carta bianca nel formulare le risposte attraverso le opere d’arte. Gesù fanciullo a volte è stato raffigurato come un adulto, altre volte come un bambino normale che apprende dagli adulti, spesso è stato immaginato capace di visioni premonitrici sul suo futuro, in particolare sulla crocifissione: in numerose opere è rappresentato mentre riposa steso su una croce, anticipazione profetica del suo destino.
Francois Boespflug costruisce una ricerca innovativa dimostrando che pochissimi artisti hanno osato attribuire al Cristo un’infanzia da bambino comune; essi hanno in genere ceduto alla tendenza di mostrarne i contorni in modo eccezionale: contemplando i piccoli Gesù dei dipinti si ha l’impressione che la sua infanzia umana sia stata eclissata dalla sua divinità. Nel 1342 Simone Martini dipinse su una tavola di legno “I rimproveri di Maria a Gesù”, una straordinaria opera d’arte in cui il salvatore del mondo viene magistralmente raffigurato come un uomo tra gli uomini, un fanciullo che stringe un libro tra le braccia, quasi indispettito dai rimproveri materni mentre è “addolcito” dalla mano rassicurante di Giuseppe sulla spalla. Ma la pittura religiosa medievale molto più frequentemente professò una cristologia monca e innocentemente eretica: lo slancio nell’edificare a qualsiasi costo non sempre si è accordato bene con il dogma di Gesù Cristo vero Dio e vero uomo.
Massimiliano Palmesano