Adesso è la volta delle consonanti colte nel loro ruolo sonoro, che contribuisce ad arricchire il significato di un testo poetico, che, come ormai si è capito, non risulta mai essere determinato dal semplice livello grafico, denotativo e connotativo.
Se leggiamo, ascoltando con attenzione il susseguirsi dei suoni, la nostra mente elabora nuove e complesse immagini per associazione fonica e il lettore è portato a produrre nuovi significati.
Le consonanti si distinguono in sorde, se quando vengono pronunciate non vibrano le corde vocali: ‘c, f, p, t’ e sonore, se quando sono pronunciate le corde vocali vibrano: ‘b,d, g,v, z’. Poi vi sono le consonanti: Liquide: l (luna, lino, lana) gl (egli, maglia); Nasali: m (mamma) n (nano) gn (gnomo); Vibranti: r (rarità); Sibilanti: s sorda (seta) s sonora (rosa); Affricate (sfregate, stropicciate) perché sono articolate all’inizio come occlusive e in fine c’è la zeta che può essere sorda di pizza, grazia (ts) e sonora di zucchero (ds); c sorda di cena e g sonora di gelo.
– la consonante r è sonora , perciò parole come ridere, rana, terra danno l’idea della sonorità, della gioiosità. I fonemi, nelle parole si compongono in modo diverso, unendosi ad altri fonemi, così parole piene di t di r e di c esprimono un suono duro come la parola carpentiere.
-la c e la g hanno suoni striduli e gutturali , così ad esempio la parola gracchiare.
– le consonanti v ed f sono fruscianti; pertanto, parole come farfalla, soffio, volo, favola suggeriscono immagini di leggerezza, di dolcezza, di tenerezza
-le consonanti t e p sono secche, dure, pesanti, di conseguenza parole come tappo, troppo, toppa danno l’idea della fatica, della pesantezza.
– la consonante l suggerisce l’idea della fluidità della, scioltezza, della velocità come i fonemi zz ed ss doppiati
– gruppi consonantici come str, scr, gr ricordano rumori forti, stridenti come strepito, scroscio e suggeriscono sensazioni di fastidio, e sono anche suoni lenti.
Attraverso queste brevi considerazioni è possibile analizzare il timbro delle parole che costituiscono i componimenti poetici, e ricreare l’atmosfera, i colori, le sensazioni che esse suscitano.
Come suggeriscono E. Lageder e G.L. Zucchini, ascoltiamo la coppia di versi presi dal poemetto di Giovanni Pascoli ‘Paola Uccello’:
E, come bruscinar di primavera
rimase un trito becchettìo sonoro.
‘Se leggiamo, ascoltando intensamente, avvertiamo che alcuni suoni ritornano, intermittenti, identici o quasi identici. E poiché i suoni successivi ci giungono quando ancora l’orecchio percepisce quelli simili che li hanno preceduti, noi sentiamo un rumore vibrante, trito come dice il poeta, che riproduce come in un’immagine uditiva, contemporaneamente il picchiettare dei becchi e la pioggia del temporale di primavera.
Scoperte di questa natura possono destare curiosità intorno alle ragioni del fenomeno il quale la poesia non solo racconta, ma rappresenta, evoca, ricrea ciò che dice.
Per cui il lettore oltre a cogliere il significato denotativo vede l’immagine della realtà evocata.
Come accade che le parole possano ricostruire una realtà con tanta forza suggestiva? Come possono significare in misura così ricca? Quali altri strati di significato sono prodotti dalle forme foniche del messaggio: il rumore trito che noi cogliamo è reso dalla consonante r sola o preceduta da una consonante esplosiva: p b t.
Una ulteriore lettura ci fa avvertire anche di un sottofondo egualmente vibrante, ma più rado, più lontano o più sordo, prodotto dalla c dura, dalla b e dalla t nelle parole come “becchettio, trito, becchettio”
Ascoltando le vocali si può udire il trillo della i ora piano, ora acuto secondo la sua posizione nella parola; ed è un trillio che si spegne nella rotonda sonorità della o, la quale sembra prolungare l’ascolto, trascinando una lunga eco che si allarga, per poi spegnarsi.’
Leggiamo ad alta voce il seguente distico, tratto da Una quiete polvere di Vivian Lamarque:
storture non si raddrizzano
privazioni restano prive.
Notiamo subito come i gruppi sillabici st, rt, ddr del primo verso con la loro durezza, sfrigolio, ruvidezza convoglino una percezione di grave difficoltà a proseguire nella vita, diano un senso di fatica, di appesantimento, perfino di sfiducia e stanchezza; la ripetizione della v nel secondo verso rafforza il sentimento di difficoltà con quel vento che essa suggerisce, e si tratta di un vento velenoso e lacerante.
E’ chiaro che alcune di queste percezioni sono già presenti a livello denotativo, ma esse sono ampliate, approfondite, moltiplicate dai giochi sonori che la poetessa è riuscita a mettere in atto.
La retorica enumera diverse figure di suono, come l’onomatopeia, l’alliterazione, l’assonanza, la rima , l’anafora ed altre.
Ma di queste tratteremo le prossime lezioni.
Prof. Rotoli Giuseppe