La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Anna De Fusco (“clan Ligato” di Pignataro Maggiore) contro la custodia cautelare in carcere – Pubblichiamo il testo integrale della sentenza che ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Anna De Fusco (“clan Ligato” di Pignataro Maggiore) contro la custodia cautelare in carcere – Pubblichiamo il testo integrale della sentenza che ha anche condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali

PIGNATARO MAGGIORE/GIANO VETUSTO – La terza sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza numero 35726/2020, ha dichiarato inammissibile il ricorso di Anna De Fusco (“clan Ligato” di Pignataro Maggiore), nata a Giano Vetusto il 3 maggio 1968, e ha inoltre condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila Euro in favore della Cassa delle ammende. Come si legge tra l’altro nella sentenza che pubblichiamo a parte integralmente “con ordinanza del 16 giugno 2020, il Tribunale della libertà di Napoli ha respinto l’appello proposto da Anna De Fusco avverso l’ordinanza con cui il g.i.p. aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. La misura era stata applicata in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per essersi la De Fusco – in primo grado condannata alla pena di anni nove di reclusione – stabilmente associata con altre persone al fine di commettere una serie indeterminata di reati in materia di spaccio di sostanze stupefacenti, rivestendo ella il ruolo di “pusher”, con l’aggravante di aver i sodali agito avvalendosi del metodo di intimidazione derivante dalla loro appartenenza all’organizzazione camorristica denominata clan Ligato ed al fine di favorire il suddetto sodalizio. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Anna De Fusco”.
La Corte di Cassazione ha sottolineato che il “Tribunale ha escluso che fosse mutato il grave quadro cautelare che aveva giustificato l’applicazione della misura in atto, da un lato svalutando – con argomentazioni non illogiche – la tardiva ammissione di responsabilità, ritenuta sorretta da ragioni utilitaristiche legate all’intento di ottenere uno sconto di pena (ed il fatto che il giudice abbia negato le circostanze attenuanti generiche conferma la valutazione del tribunale); d’altro lato, sottolineando non illogicamente la “alta trasgressività” mostrata dalla donna nella commissione del reato, non avendo ella esitato a subentrare ad un defunto figlio nella gestione di una piazza di spaccio e a coinvolgere in tale illecita attività anche un altro figlio”.

Sentenza Cassazione – De Fusco

Rassegna stampa

articolo di Rosa Parchi

da pignataronews.myblog.it

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