La mafia “calena” ha le fattezze della nuova criminalità descritta da Borrelli e Scarpinato

La mafia “calena” ha le fattezze della nuova criminalità descritta da Borrelli e Scarpinato

AGRO CALENO – Nei giorni scorsi, nonostante il silenzio calato sul fenomeno mafie in Italia, hanno catturato l’attenzione dell’opinione pubblica le dichiarazioni di due elementi di punta della lotta alla criminalità organizzata: il Procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Roberto Scarpinato, e il Procuratore  aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, il dottor Giuseppe Borrelli. In due distinte interviste, entrambi hanno delineato quelle che sarebbero le nuove fattezze dei clan.

Dal palco dell’Insolvenzfest 2016, il magistrato palermitano ha parlato di una mafia “a bassa intensità di violenza”, interessata soprattutto a “offrire beni e servizi – dalla cocaina alle prostitute allo smaltimento illecito dei rifiuti – a un mondo di cittadini normali e di imprese che li vuole”. Così facendo, il fenomeno mafioso starebbe creando accettazione sociale, depotenziando le armi della magistratura. Insomma, una sorta di società di servizi che non mostra più la faccia crudele dei boss con coppola e lupara, ma che è alla ricerca di legittimità da parte del corpo sociale.

Una descrizione che per alcuni versi riprende quella fatta dal responsabile della Dda partenopea nel corso della trasmissione  “Voci del mattino” su Radio1 Rai. Riferendosi al crollo del clan dei Casalesi come federazione di cosche e alla rinascita di gruppi indipendenti che impediscono la “crescita culturale, sociale ed economica”, Borrelli ha sottolineato: “Il venir meno di fatti eclatanti, quali omicidi e stragi, è una strategia mirata di questi gruppi, in modo da determinare nell’opinione pubblica una assuefazione e una disattenzione, per poi occupare altri spazi criminali in seno all’ambiente camorristico casertano e garantirsi un margine di operatività superiore a quello degli ultimi tempi, quando l’attenzione investigativa è stata molto elevata”.

Dalle parole dei due magistrati viene fuori un identikit tranquillamente sovrapponibile a quello dei clan dell’Agro caleno, i quali sono stati prima marginalizzati dallo strapotere militare dei gruppi camorristici casalesi e adesso tentano di riprendersi lo spazio perso grazie a una ritrovata pax mafiosa (non è un caso la coesistenza di uomini vicini a entrambi gli schieramenti nelle stesse società). Pax mafiosa insidiata forse soltanto dal tentato omicidio di Lettieri e dagli efferati episodi che hanno coinvolto la bassa manovalanza tra Vitulazio, Patorano, Pignataro Maggiore e Sparanise. Il silenzio dei clan è d’oro in un’area che, con tre piani urbanistici comunali in fase di approvazione, pregusta la possibilità di portare a casa (attraverso i colletti bianchi e i prestanome) significative speculazioni sul territorio.

Red.

 

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