L’alchimia da secoli affascina l’uomo, molti sono stati gli studiosi che hanno cercato di dare delle spiegazioni a questa anomala disciplina; uno fra i tanti, forse il più famoso per i suoi studi al riguardo, lo psicanalista Carl Gustav Jung, notando nella materia un’anticipazione delle pratiche psicanalitiche. L’Italia gode del primato di ospitare l’unica architettura occidentale alchemica: la “Porta Magica”.
Giunto alla seconda edizione, il libro di Mino Gabriele, “La Porta Magica di Roma – Simbolo dell’alchimia occidentale” (Olschki,248 pagine, 24 Euro), analizza questa curiosa struttura percorrendo anche il vissuto del suo ideatore: il marchese Massimiliano Palombara, che la fece erigere nel 1680. Dopo varie peripezie e una fuga rocambolesca, seguita a un rapimento da parte di banditi, il marchese approda a Roma alla corte di Cristina di Svezia, regina conosciuta per il suo mecenatismo e la sua ricerca dell’oro alchemico. È bene sottolineare, per chi si avvicina per la prima volta a questo tema, l’alchimia, che i suoi adepti erano alla ricerca di quello che veniva definito l’oro filosofale, strano materiale a oggi ancora difficile da delineare; per alcuni il vero scopo degli alchimisti era trasmutare i metalli in oro, come si suppone nel caso di Cristina di Svezia a corto di denaro per sostenere il suo stile di vita; per altri, invece, come già accennato con Jung, la ricerca dell’oro filosofale era una pratica spirituale per arrivare alla vera essenza dell’uomo, alla sua elevazione e coesione con tutte le cose. Gli alchimisti credevano al principio dell’en to pan (Tutto è Uno) e attraverso le proprie ricerche tentavano di trovare Dio.
“La Porta Magica di Roma è la sola testimonianza plastica e architettonica dell’intera storia dell’alchimia occidentale. Un monumento di eccezionale rilevanza, unico del suo genere per il complesso messaggio simbolico che la caratterizza, per il fascino che trasmette la sua vicenda, per l’originale personalità del suo ideatore, il marchese Massimiliano Palombara che la fece erigere nel 1680”. Attraverso lo studio della simbologia del manufatto l’autore tenta di dare una spiegazione alla disciplina nata tra Medioevo e Rinascimento ma che affonda le radici addirittura nell’antico Egitto e in Mesopotamia.
Intorno alla Porta ed al giardino che la ospitava nel tempo nacquero curiose leggende, addirittura si diceva fosse il passaggio per altre dimensioni, attraverso la quale si riusciva fisicamente a raggiungere luoghi che gli uomini non avevano mai visitato prima d’allora.
All’interno dell’ottimo saggio vengono analizzate le varie personalità che circondavano il marchese Palombara e Cristina di Svezia e il rapporto tra Palombara e i Rosacroce, loggia massonica ben nota a tutti gli appassionati di ermetismo. Un libro ben scritto che fa luce su uno dei manufatti più affascinanti del mondo alchemico ed esoterico.
Dario Palmesano