CASERTA – In queste ore sta facendo il giro dei media la notizia del tentato omicidio (chiamiamo le cose con il proprio nome, altro che tentativo di intimidazione o minaccia) del giornalista Mario De Michele. Il direttore di Campania Notizie, al quale va la solidarietà di C24, sicuramente non si fermerà nonostante l’escalation di fatti delittuosi che lo hanno visto vittima. Continuerà ad occuparsi delle malefatte nel territorio aversano come faceva ai tempi del Giornale di Caserta, con il suo toscanello e il “santino” dell’ex consigliere comunale Del Rosso appiccicato al computer (presenza di cui non si è mai capita la ragione), quando amava scherzare con i colleghi e burlarsi dei tragicomici personaggi pubblici della sua zona. Una determinazione, quella del nostro collega, che ormai da anni lo porta con passione a seguire e denunciare le malefatte nel territorio atellano. Abnegazione quasi morbosa che gli è costata le “attenzioni” di ambienti delinquenziali che evidentemente non hanno digerito l’ennesimo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Consiglio comunale ortese.
Nonostante i tanti attestati di stima e di solidarietà – nella maggior parte dei casi, semplice e patetico esercizio retorico -, siamo sicuri, ma vorremmo tanto sbagliarci, che De Michele – come tanti altri bravi colleghi -, pur con scorte o vigilanza ordinate dalle autorità preposte, continuerà a essere isolato nelle sue battaglie. Le ragioni di tanto pessimismo sono note a tutti, anche se molti fanno finta di ignorarle.
I pochi giornalisti che fanno il loro mestiere remano contro un coacervo di poteri dal quale in Terra di Lavoro derivano legittimazione, visibilità e soldi. Tutta linfa di cui si nutrono i politici per il loro consenso, gli imprenditori che hanno bisogno delle casse pubbliche, e perfino quel mondo cooperativo e delle associazioni che con la crisi economica da tempo fa i conti con le “vacche magre”. Proprio per questo, cronisti come De Michele continueranno a essere isolati professionalmente e civicamente, nonostante la solidarietà di facciata perfino sulle tv nazionali.
Nelle ultime ore ci veniva in mente un esempio esemplificativo citato proprio da De Michele. Il direttore di Campania Notizie, nei suoi pezzi degli ultimi anni, ha spesso attaccato un presunto collega che, senza avere particolari meriti professionali, avrebbe usato il suo ruolo nell’informazione dell’area atellana per ottenere incarichi in consorzi (per lui e per la moglie), tanti soldi per la sua associazione e addirittura incarichi politici. Ora, un personaggio del genere dovrebbe avere una considerazione pubblica e privata tutt’altro che lusinghiera, ma nel mondo alla rovescia del casertano continua a frequentare i salotti politici e culturali di mezza provincia. Perfino una storica associazione musicale pignatarese continua a invitare il giornalista in questione, ignorando – come d’altronde fa da anni – validi cronisti dell’Agro caleno, tra i quali ci sono professionalità di primo piano che, come De Michele, hanno subito le minacce e le intimidazioni della camorra già da tempi lontani.
Gli arrivisti di ogni settore – politico, imprenditoriale e culturale – sfruttano il momento per esserci quando c’è da dispensare gratuitamente la solidarietà e alimentare una falsa commozione pubblica, salvo poi isolare i giornalisti che fanno il loro mestiere quando i riflettori si spengono. La “terra bruciata” non è solo una tecnica militare utilizzata da Cesare contro Vercingetorige, da Alessandro I contro Napoleone, o da Stalin contro Hitler; ma una strategia socio-culturale per mettere all’angolo chi è in prima linea nel mondo dell’informazione. Lo sa bene Enzo Palmesano il cui caso è stato ricordato pochi giorni fa ancora da Roberto Saviano. Nei confronti dell’ex direttore de Il Roma è da tempo in atto una sorta di damnatio memoriae tra la stampa casertana, nonostante un Tribunale italiano abbia dimostrato che la sua cacciata dall’allora Corriere di Caserta fu decisa proprio da un boss (il defunto Vincenzo Lubrano). Un altro giornalista pignatarese, Salvatore Minieri, anche lui vittima delle intimidazioni delle cosche, pur avendo argomenti e competenza nell’analisi delle dinamiche criminali della zona, viene ignorato dai giornali più diffusi sul territorio. Fortunatamente, però, l’ex redattore della Gazzetta di Caserta è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante nell’ambito dell’editoria libraria.
Insomma De Michele, come Palmesano, Minieri e altri, appartengono alla categoria poco edificante di cronisti scomodi che ricevono la finta solidarietà di quella parte dell’opinione pubblica che fa consenso e che muove i fili del potere. Un coacervo incancrenito che per sopravvivere deve isolare chi fa il proprio lavoro seriamente, portandolo quasi per inedia professionale ad abbandonare il proprio ruolo. Nemmeno le organizzazioni di categoria possono, riescono e vogliono bloccare questa deriva che isola i cronisti più coraggiosi e trasforma buona parte della stampa italiana in un manipolo di postulanti che guarda con terrore alla fine del mese.
C24