Nel 1942 le truppe del Regio Esercito italiano e quelle tedesche dell’Afrika Korps guidate dal famoso generale Rommel, conosciuto come la “Volpe del deserto”, erano penetrate in Egitto dalla Libia e la loro marcia sembrava essere inarrestabile. Ma i Desert Rats (i topi del deserto) dell’Ottava Armata britannica e i loro alleati sudafricani, neozelandesi, indiani e scozzesi, fermarono l’avanzata dell’Asse nel corso della leggendaria battaglia di El Alamein. L’episodio è uno di quelli decisivi per l’esito del secondo conflitto mondiale e proprio per questo nel corso dei decenni è stato altamente divisivo e raccontato in modi diversi da parte di vincitori e vinti. Andrea Santangelo nel suo libro “La Battaglia di El Alamein” (il Mulino, 228 pagine, 19 Euro) ricostruisce giorno per giorno le fasi degli scontri attraverso un accurato lavoro di storiografia militare, riuscendo a fornire un quadro che, più che essere influenzato da giudizi di carattere ideologico o politico, è caratterizzato dalla dovizia con cui viene presentato dal punto di vista tecnico lo scenario della battaglia. Questo aspetto, spesso trascurato dai lavori in lingua italiana, è il vero punto di forza del saggio, attraverso il quale è possibile comprendere in pieno i vari elementi dello scontro, a partire dall’enorme squilibrio in termini numerici e tecnologici tra le truppe italiane e quelle inglesi.
Andrea Santangelo ripercorre le ore cruciali della battaglia di El Alamein facendo parlare i numeri degli eserciti in campo, tra cui il rapporto era di 5 a 1 per gli inglesi, e le schede tecniche degli armamenti, tallone di Achille degli italiani. Tale profondo squilibrio si accentuava ancora di più se si tiene conto delle carenti reti logistiche e di rifornimento su cui poteva contare l’Asse. I soldati italiani spesso non avevano acqua o erano costretti a bere quella trasportata in taniche sporche di benzina, le licenze erano inesistenti e le scarse condizioni igieniche erano causa di dissenterie continue. I documenti utilizzati da Andrea Santangelo sono un punto di forza della ricostruzione di questo drammatico quadro e forniscono una visuale dettagliata sulle reali condizioni nelle quali venne affrontata la battaglia.
Nonostante la disparità delle forze in campo, migliaia di giovani italiani, abbandonati al loro destino da parte del regime fascista, diedero vita a episodi leggendari, caduti nell’oblio subito dopo la sconfitta. L’attenta analisi degli schieramenti, degli armamenti e delle reti di collegamento che viene sviluppata nel libro riesce a far comprendere nel profondo la portata di quelle che furono le disperate e feroci iniziative di migliaia di ragazzi italiani, strappati alle loro campagne e ai loro affetti, impantanati e lasciati soli nell’inferno del deserto libico. Il libro di Andrea Santangelo, lontano da letture mitopoietiche o nostalgiche, riesce a rendere giustizia a una delle pagine di storia più tristi e controverse del Novecento italiano, una pagina scritta con il sangue di migliaia di giovani abbandonati al loro destino nell’inferno di sabbia, rottami e fuoco del deserto libico.
Massimiliano Palmesano