VITULAZIO – Il Giudice monocratico del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, dottoressa Alessandra Vona, ha condannato Giovanni Pezzulo e Mario Pezzulo per lesioni aggravate e detenzione di armi improprie. I due costruttori, entrambi di Vitulazio, nel 2005 avrebbero malmenato con bastoni di ferro e di legno, un uomo di origine albanese. Si tratta di Alban Gyoni, il quale subì vari traumi fisici ed ebbe una prognosi di trentacinque giorni presso l’ospedale civile. I due imputati, difesi dall’avvocato Raffaele Russo, sono stati condannati a tre mesi di carcere, al pagamento dei danni morali e materiali della parte civile (costituita in giudizio e rappresentata dall’avvocato Giuseppe Romano), e alle spese legali.
I fatti, come precedentemente ricordato, risalgono a otto anni fa. Il 14 luglio del 2005, i fratelli Pezzulo denunciarono la vittima, accusandola di aver incendiato una Fiat Panda nel cortile della loro abitazione e riferendo ai carabinieri – in sede di denuncia – di aver riconosciuto la sua autovettura. Gyoni fu arrestato, ma il Giudice per le indagini preliminari non convalidò l’arresto, poiché – a detta del magistrato – la versione dei fatti esposta dai denuncianti presentava delle incongruenze. Inoltre, l’arrestato raccontò che uno dei due (Giovanni Pezzulo) aveva motivi di astio nei suoi confronti, poiché stava frequentando una donna per il quale il costruttore aveva delle simpatie e questa circostanza aveva spinto gli stessi a chiedere all’albanese di lasciare l’Italia.
La sera stessa della scarcerazione – il 16 luglio -, davanti al bar “Simply Zen” di Vitulazio, dove la vittima stava attendendo la donna contesa in compagnia di due amiche, gli imputati – che abitavano in viale Kennedy – incrociarono l’uomo e, dopo averlo trascinato in strada, cominciarono a picchiarlo con dei bastoni. Il malcapitato tentò di scappare prima alla vicina stazione dei carabinieri, ma il presidio era chiuso. Per sottrarsi ai due, l’uomo si rifugiò nel vecchio cimitero di Vitulazio, dove riuscì a telefonare ai carabinieri, ma i colpi subiti, gli provocarono contusioni e traumi sparsi. Il processo che ne è scaturito e che ha visto la condanna dei due, si è protratto per vari anni a causa della lontananza di Gyoni, il quale era sprovvisto di permesso di soggiorno ed è stato costretto a ritornare in Albania. Per questo l’espletamento di tutte le incombenze giudiziarie, vista la distanza, non è stato sempre agevole.
Red. cro.