Libera Caserta snobba l’imprenditore che ha denunciato più volte Cosa Nostra a Palermo

Libera Caserta snobba l’imprenditore che ha denunciato più volte Cosa Nostra a Palermo

SPARANISE – Chissà cosa avrà pensato Gianluca Maria Calì quando è arrivato a Sparanise e non ha trovato nemmeno l’ombra di un esponente dell’antimafia “ufficiale” ad accoglierlo, a portargli il saluto di una terra nella quale l’anticamorra “accreditata” molto spesso produce più fatture che denunce alla criminalità.

Calì, proprietario di due autosaloni, è uno a cui il coraggio non manca. Quando gli emissari della mafia nel 2011 gli incendiano le macchine che avrebbe dovuto vendere, lui denuncia i suoi aguzzini. Fa altrettanto due anni dopo, quando gli uomini delle cosche gli chiedono il pizzo. Grazie alle sue denunce le forze dell’ordine hanno arrestato 21 esponenti dei clan di Bagheria ma anche due guardie forestali che avevano sequestrato la villa acquistata all’asta dall’imprenditore e che un tempo era appartenuta al boss Michele Greco detto “il papa”.

Quando ha saputo di essere stato insignito del Premio Nazionale Legalità e Sicurezza Pubblica in Campania 2015, Calì è partito da Palermo per raggiungere l’Agro caleno, dove gli organizzatori della manifestazione avrebbero voluto farlo incontrare con qualche esponente dell’antimafia casertana. E, invece, l’ex presidente di Libera Caserta Valerio Taglione, invitato alla kermesse proprio per tributare una giusta accoglienza all’imprenditore vittima della mafia, ha preferito dare buca all’organizzazione del premio e né tantomeno ha fatto pervenire una lettera di saluto ai convenuti. Insomma, nessun gesto per evitare una figuraccia alla meritoria associazione diretta egregiamente a livello nazionale da don Luigi Ciotti.

Probabilmente il tenace Calì avrà pensato: “Qui ci sono mafie di serie A e mafie di serie B, o imprenditori antimafia degni di nota e altri da trascurare”. Siamo sicuri, invece, che tra i promotori della manifestazione non tutti si siano meravigliati del forfait. In fondo siamo sempre in Terra di Lavoro, dove la presunta antimafia preferisce querelare i giornalisti dalla schiena dritta piuttosto che i capicosca e i loro fiancheggiatori politici che da anni foraggiano le manifestazioni di facciata anticlan.

Red.

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