Diamo il via oggi alla nuova rubrica di cultura curata dalla nostra collaboratrice Alessia Di Nardo, la quale ogni settimana recensirà libri e si occuperà di interessanti novità provenienti dal mondo della musica. La prima opera presentata ai lettori di C24 è “Vita” di Melania Mazzucco:
“Vita” è un romanzo pubblicato nel 2003 da Melania G. Mazzucco (Roma, 6 ottobre 1966) e vincitore di vari premi tra cui il Premio Strega nel 2003, il Premio Internazionale Arcebispo Juan de San Clemente di Santiago de Compostela nel 2005, il Globe and Mail Book of the Year in Canada nel 2005. E’ una ricostruzione fatta dall’autrice riguardo le vicende di suo nonno Diamante negli Stati Uniti.
I protagonisti sono Diamante e Vita, due bambini di dodici e nove anni che nel 1903 partono da Tufo di Minturno in provincia di Caserta (nel 1927 passò alla provincia di Roma e dal 1934 a quella di Latina, alla quale appartiene ancora oggi) diretti a New York, la terra delle grandi opportunità, per raggiungere i familiari di Vita: il padre Agnello ed il fratello Nicola “CocaCola”. Dal momento in cui sbarcano in America, tutto per loro è nuovo e la loro innocenza, la loro curiosità li mettono di fronte ad un nuovo mondo. “La mano di Vita- umida, appiccicosa di zucchero, stretta nella sua- sarà l’unica cosa che Diamante finirà per ricordare dal momento in cui il traghetto ha accostato ai moli di Battery Park”. I due bambini conoscono la miseria, la fame, la criminalità della “Mano Nera” (“…la fatidica lettera siglata con la mano nera aperta: peggio di una fattura, un potentissimo malocchio. La ricevono, prima o poi, tutti quelli che nel quartiere sono riusciti a sistemarsi”) ma anche l’amore, la passione. Diamante svolge ogni tipo di lavoro, dallo strillone al raccoglitore di stracci, dal fattorino di una ditta di pompe funebri al waterboy per le ferrovie (“il ragazzo italiano riunisce in sé la sveltezza dell’irlandese e la tenacia dell’ebreo, quando si tratta di far soldi.”).
Vita passa le giornate in casa con Lena, la nuova compagna del padre finché un giorno viene prelevata dagli assistenti sociali che la costringono a frequentare la scuola. Vita non vorrebbe andarci “…anche se Dionisa diceva che gli uomini ignoranti sono canne vuote che si fanno comandare dal vento, e solo andando a scuola uno può sollevarsi e migliorare la propria condizione, Vita sapeva che se sei una donna l’unica cosa che conta è il matrimonio che fai, o che ti fanno fare.”. Però Diamante le dice che in questo modo può imparare nuove parole ed insegnarle anche a lui in cambio di un bacio per ogni parola. “Un bacio sui capelli, uno sulla guancia, un altro sul naso, sulle mani, nell’incavo di un gomito, sul collo, sulle palpebre, sulle ciglia. Dopo, la pelle le bruciava come una scottatura. E’ questo che significa, una storia d’amore? E’ questa sensazione di pericolo, gioia e turbamento, che fa arrossire, tumultuare il sangue nelle vene, tremare le ginocchia? Diamante si alzava sempre tutto sconvolto, con l’aria di un ladro. I baci di Vita erano acerbi come i limoni selvatici. E, come quelli, placavano la sete.”
Sempre innamorati, Diamante e Vita trascorrono molti anni separati, sempre con la speranza di riunirsi presto ma la vita ha in serbo altro per loro e, dopo anni, Diamante torna in Italia deluso dall’America. Soltanto quarant’anni dopo, il figlio americano di Vita, soldato dell’US Army combattente sul Garigliano, va a cercare l’uomo che avrebbe potuto essere suo padre. Melania Mazzucco ricostruisce in parte la probabile storia della propria famiglia, ricercando articoli, aneddoti, storie e realizzando un romanzo a tratti comico, a tratti amaro ma molto toccante perché racconta la vicenda di una famiglia come tante, segnata dall’emigrazione in cerca di grandi opportunità. E’ fondamentale vedere come gli Americani dell’epoca consideravano gli immigrati italiani: “Sui portoni c’è scritto NO DOGS NIGGERS ITALIANS NEED APPLY. Sulle vetrine dei caffè NO DOGS NIGGERS ITALIANS… Ormai Diamante capisce cosa vuol dire quella parola che suona come guappo. E’ wop, invece, e significa italiano. E italiano è un insulto- anche se alla scuola di Tufo li hanno imbrogliati dicendogli che l’Italia è la culla della civiltà e italiano erano Marco Polo, Cristoforo Colombo, Michelangelo, Giuseppe Verdi e Giuseppe Garibaldi. L’altro insulto possibile è dago, e anche dago significa italiano. Se dici dago a qualcuno, lo consideri peggio di un cavallo con la diarrea. Se qualcuno lo dice a te, ti sale il sangue agli occhi e se non hai il coltello- e Diamante non ce l’ha- allora ti tieni l’insulto”. Insomma, un po’ come noi oggi consideriamo gli immigrati stranieri che vengono in Italia a cercare quello che i nostri avi cercavano in America un secolo fa: un’opportunità!
Alessia Di Nardo