“L’incoerenza dell’incoerenza dei filosofi”: Aristotele e Corano in un libro di Averroè

“L’incoerenza dell’incoerenza dei filosofi”: Aristotele e Corano in un libro di Averroè

Il trattato “L’incoerenza dell’incoerenza dei filosofi” (Utet, 560 pagine, 14 Euro), un classico, fu composto da Averroè intorno al 1180 dopo Cristo, quando il pensatore musulmano era nel pieno dell’attività d’interpretazione e commento degli scritti di Aristotele, intrapresa su incarico del califfo Abu Ya’qûb Yûsuf. Averroè, filosofo, giurista e intellettuale influente alla corte degli Almohadi – la dinastia berbera al potere nella Spagna musulmana –, con questo libro si impegna precisamente nella missione di riscoprire e rivalutare Aristotele, difendendolo dagli attacchi sferrati dalla teologia e dalla mistica di alcune correnti islamiche, giunte con al-Ghazali al loro acme.
Come scrive Massimo Campanini, curatore dell’edizione, chi affronta la lettura di quest’opera di Averroè “non ha tra le mani un solo libro, ma due”. “L’incoerenza dell’incoerenza dei filosofi” è infatti la risposta al libro “L’incoerenza dei filosofi” scritto dal grande mistico persiano al-Ghazali per attaccare la tradizione filosofica e soprattutto il modo di pensare dei filosofi. Averroè, da parte sua, si fa carico di dimostrare che la filosofia non contrasta con la religione, tanto che i due ambiti possono contribuire entrambi al progresso della conoscenza. Non è un caso che, in questo trattato denso e affascinante, il Corano sia spesso usato in chiave argomentativa, per illuminare alcuni tra i nodi teorici più importanti dell’intera storia della filosofia: dal concetto di tempo a quello di causalità, dall’immortalità dell’anima all’eternità del mondo. Si tratta di un libro non facile, “dove si dimostra l’ingannevolezza dell’affermazione dei filosofi che Dio è il fattore e il costruttore del mondo, e che il mondo è un suo atto e prodotto; e dove pure si dimostra che tali espressioni sono, per i filosofi, solo metafore e non realtà”.
Scrive tra l’altro Averroè: “È necessario che un ricercatore della verità, qualora s’imbatta in una affermazione insostenibile la cui insostenibilità non è in grado di eliminare facendo ricorso a premesse chiare, concluda che si tratta di un’affermazione falsa, anche se deve sforzarsi di individuare le ragioni per cui chi l’ha enunciata ha sostenuto che fosse vera. A tal fine si deve dedicare molto tempo e (adeguarsi) all’ordine richiesto dalla natura dell’oggetto indagato. Se ciò vale in relazione a scienze diverse da quelle metafisiche vieppiù varrà per le scienze metafisiche, le quali sono remotissime dal tipo di conoscenza che si ottiene in modo appena superficiale”.
Filosofo, giurista, medico e astronomo arabo, Abū al-Walīd Muḥammad ibn Rušd, noto in Occidente col nome Averroè, nasce a Cordova nel 1126. È autore di moltissime opere, delle quali solo una minor parte ci è giunta nel testo originale, il più in versioni ebraiche e latine, queste ultime traduzioni anch’esse dall’ebraico. Tra i suoi libri ricordiamo: i “Commentari ad Aristotele”, i “Tahafut at-tahafut” (in versione latina “Destructio destructionis”), il “Fasl al-Maqal” e la parafrasi della Repubblica di Platone.

Red. Cro.

Commenta con Facebook