Ma Genny ‘a carogna non è l’unico colpevole di questo schifo andato in scena nella capitale ieri sera

Ma Genny ‘a carogna non è l’unico colpevole di questo schifo andato in scena nella capitale ieri sera

ROMA – Partiamo dai fatti. Genny ‘a carogna, al secolo Gennaro De Tommaso, capo dei “Mastiffs”, figlio di Ciro, camorrista affiliato al clan Misso, perché era allo stadio a fare il “lancia cori” per i tifosi azzurri durante la finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina, ieri, a Roma? E perché poteva indossare la maglia “Libertà per Speziale”, in solidarietà all’uomo condannato in primo grado per l’omicidio di Filippo Raciti, l’ispettore di polizia rimasto ucciso negli scontri tra ultras a Catania nel 2007? Chi l’ha fatto entrare? Chi l’ha fatto entrare con quella maglia? Genny ‘a carogna è indubbiamente un problema del calcio italiano. Attenzione, però. Non è l’unico. Né il più grave, a questo giro. Prima di Napoli-Fiorentina qualcuno ha sparato a tre persone, tutti supporter partenopei. Ciro Esposito, colpito alla colonna vertebrale è il più grave. All’inizio le forze dell’ordine hanno fatto credere che si trattasse di una vicenda estranea alla contrapposizione fra tifoserie. Un fatto che «non sembra essere collegato a scontri tra tifosi, ma che avrebbe cause occasionali». E in effetti non interessava nello specifico la Fiorentina. Ma siccome siamo a Roma, è parso a tutti ovvio che qualcosa la tifoseria della Capitale, acerrima nemica di quella partenopea, doveva entrarci. Infatti un coinvolgimento pare vi sia, eccome. Siamo all’inizio di indagini complesse, quindi non abbiamo certezze in mano. Di certo c’è che un ragazzo rischia di finire all’altro mondo. Di certo c’è che ci sono stati anche altri tafferugli. In tutto si contano 10 feriti. Doveva bastare questo a fermare il circo del pallone. E invece la paura che bloccare lo show si rivelasse la scelta peggiore ha preso il sopravvento.

Genny ‘a carogna decide o è portavoce di una decisione?
Continuiamo coi fatti: una volta appresa la notizia del ferimento dei tifosi, gli ultras azzurri già nello stadio hanno chiesto ai calciatori di non scendere in campo. Il calciatore del Napoli Marek Hamsik, capitano, si è recato, su richiesta dei dirigenti della Lega Calcio e della polizia, a parlare coi tifosi in curva allo stadio Olimpico. I referenti erano appunto Gennaro ‘a carogna e altri due “dirigenti” del tifo partenopeo. Perché è stato mandato un calciatore e non un funzionario della SSC Napoli? Perché – dicono ambienti di polizia – il calciatore ha un dialogo coi tifosi. Lo ascoltano. Genny De Tommaso parla con Hamsik ma nel frattempo dagli spalti parte un fitto lancio di oggetti. Qual è il ruolo di Genny ‘a carogna? Impone o media? Ha davvero la capacità di decidere l’inizio o l’interruzione di una partita? Di certo c’è che non riesce nemmeno a fermare il lancio di oggetti e fumogeni. Una cosa, ripetiamo, è certa: egli non dovrebbe esser lì, egli non dovrebbe essere il garante di niente. Ma tant’è. La partita si fa. I tifosi dicono che non esulteranno né scandiranno cori né esibiranno striscioni o coreografie. Ma chi decide davvero che si gioca? Questura e Prefettura o il capotifoso? Che ruolo ha Genny? L’orientamento delle forze dell’ordine è ovviamente quello di controllare la fiumana di gente e non farla riversare nuovamente nelle strade senza aver assistito alla finale, dunque frustrata e rabbiosa. Dunque decide l’ultras o no? Intanto le sue immagini in bilico sulla transenna dell’Olimpico fanno il giro del mondo.

Daniele De Santis e la sparatoria prima di Napoli-Fiorentina
Non dimentichiamo i fatti. C’è stata una sparatoria. Il Calcio Napoli vince 3-1 okay. Ma chi ha sparato? E perché? C’è un ultrà della Roma, Daniele De Santis, che in tarda serata viene stato interrogato all’ospedale Gemelli, dove è ricoverato con una gamba rotta. Una pistola viene ritrovata abbandonata nei pressi di un vivaio in viale Tor di Quinto. De Santis detto “Gastone”, è già noto alle forze dell’ordine per fatti legati al mondo ultras della Roma. E per vicinanza al mondo dell’estrema destra. La dinamica, per ora, ha due verità: la prima narra dell’uomo, riconosciuto da alcuni tatuaggi, aggredito da alcuni tifosi napoletani, contro i quali avrebbe esploso i colpi di pistola. L’altra ipotesi, del tutto diversa, è quella dell’agguato organizzato: l’ultrà giallorosso avrebbe provocato, sparato e poi sarebbe stato picchiato. Nelle prossime ore capiremo esattamente la dinamica.

Questi sono a grandi linee gli elementi sui quali ragionare. E rispetto a questi possiamo dire che dopo esserci occupati del pittoresco Genny ora occorre capire il contesto di riferimento di chi ha impugnato una calibro 7,65 col preciso scopo di mandare persone all’altro mondo prima di una partita di pallone. Ieri allo stadio c’era anche il premier Matteo Renzi, con moglie e figli, scortato da polizia e carabinieri. Capisca anche lui che non è più tempo di “lasciar correre”. Forse è davvero arrivato il momento di mettere mano anche a questo guaio ed elaborare proposte draconiane. Sicuramente non è una questione che si risolve con un tweet: prima lo si capisce, meglio è.

Fonte: fanpage.it 

a cura di Andrea De Luca

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