PIGNATARO M. – Che gli Arianova siano uno dei migliori gruppi di musica etnica della provincia casertana è fuori discussione. Che i musicisti e cantanti che fan corona a Giacomo D’Angiò e Giovanni Giordano non si stancano di cercare e sperimentare nuovi testi della tradizione popolare è un talento in più. Che si siano preparati certosinamente all’appuntamento di stasera, in collaborazione con Alessandra Mariano e Mimmo Morello, è l’ennesima certezza. Dunque, fedeli ed appassionati di musica sacra trovino, a loro volta, il tempo di non mancare al monastero di Santa Croce-Sorelle povere di Santa Chiara. Alle ore 19 avranno inizio i “Canti della Passione, della Quaresima e della Settimana Santa” che gli Arianova, appunto, da lor pari interpreteranno. E sarà subito atmosfera di stupore, incanto, commozione. Fin dalle prime note e dalle estensioni di voci verso il basso, la mente e l’animo degli spettatori non potranno non avvertire sentimenti di condivisione penitente. Ascoltare il “Pianto di Maria” così come anticamente lo si intonava a Valdassano e poi lo “Stabat Mater” di Cuglieri (che è in provincia d’Oristano) e ancora il “Canto di Santu Lazzaro” popolare a Sessa Aurunca e infine il “Miserere” che fa sussultare, fra incappucciati e Misteri in movimento ‘a cunnulella, la sera del Venerdì Santo, nella vetusta città di Lucilio, non sarà certo esperienza superficiale. Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam: basteranno, da sole, queste sette parole tristemente cantate a scuotere gli animi. Sembrerà di riascoltare Geremia o il Buon Ladrone o i miliardi di uomini e donne che, nei millenni, han saputo e sanno chiedere pietà al Dio della Misericordia Infinita. Domenica scorsa un bravo sacerdote celebrante, nella chiesa dell’Annunziata a Gaeta, ha detto ai fedeli là giunti per un pellegrinaggio giubilare: “Non è il Signore che si stanca di perdonare, ma le persone che si stancano di chiederGli perdòno”. Proprio così. E gli Arianova, con la loro arte, sapranno suscitare l’inclinazione a santificare davvero la ricorrenza pasquale, del passaggio ad una vita nuova, più vera, più coerente, finalmente più serena. Una volta purificati, tutti ci sentiamo meglio. E allora che s’aspetta? Quali idoli ci braccano ancòra, costringendoci alla resa, ai mille inganni di un’esistenza sprecata nel “niente”. La Domenica delle Palme induce alla ricerca della pace. Giacomo, Giovanni e gli altri musicisti-cantori l’hanno scelta a ragion veduta. Perderà un incontro spiritualmente propizio chi, come me, non potrà salire al monastero pignatarese. E quindi devo chiedere perdòno a Dio e a loro, sperando che, al più presto, mi sia concessa di prender parte alla medesimo raduno d’arte e d’amore. Intanto ripasso gli strazianti versi: «Parte Maria lu Gioverì Santo. Se mette gli abbeti pe c’ascine ‘nsante. Ce s’abbiava piangenne pe’ la via. Esse e le surelle ‘ncumpagnìa. Scuntrava li giurei vestuti janchi. ‘Che hai madre Maria che semp’ chiagne?’. ‘Io ce chiagno ché n’aggio relore. Aggio perduto lu caro mio Figliuolo’». Ed ancòra: «Miserere mei Deus, secundum magnam misericordiam tuam (…) Amplius lava me ab iniquitatem meam et a peccato meo munda me (…) Tibi soli peccavi et malum coram te feci, ut justificeris in sermonibus tuis et vincas cum judicaris». Che pena, ma, subito dopo, che dolcezza nel cuore!
Raffaele Raimondo