NAPOLI – L’allarme occupazione suona piu’ forte al Sud: su 70 province nelle quali il calo dell’occupazione dipendente andra’ al di sotto della media nazionale (-1,1%), 35 sono del Meridione, partendo da Enna, Ragusa e Siracusa (che superano o si aggirano intorno al -3%) e concludendo con Avellino (-1,3%). Unica eccezione e’ Napoli, dove la riduzione dell’occupazione dipendente non dovrebbe scendere oltre il -0,8%. In concreto, cio’ significa che circa un terzo dei 130mila posti di lavoro che andranno persi quest’anno si concentrera’ proprio nelle regioni del Mezzogiorno. Questa la fotografia scattata dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro, l’indagine che raccoglie le previsioni di assunzione delle imprese dell’industria e dei servizi. ”Il quadro delineato dalla nostra indagine – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – delinea una situazione di ulteriore difficolta’ del Paese e soprattutto delle piu’ deboli economie meridionali. Occorre una iniezione di fiducia alle nostre imprese che, in questo contesto cosi’ turbolento, non possono che dimostrarsi caute nell’assumere impegni contrattuali nuovi”. Il clima carico di incognite che contraddistingue questi mesi impronta alla massima cautela i programmi di assunzione delle imprese italiane. In termini assoluti, sono poco piu’ di 631mila le assunzioni di dipendenti che le imprese prevedono di effettuare nel 2012, il 25% in meno rispetto al 2011. Oltre al contesto economico, su questo deciso rallentamento delle entrate previste potrebbe aver inciso anche un certo attendismo legato agli esiti della Riforma del mercato del lavoro. Cio’ e’ confermato anche dalla contemporanea riduzione delle uscite attese (-18%), che si fermano a 762mila: si profila dunque una crescente staticita’ dell’occupazione nelle imprese, visto che sia il tasso di entrata (5,5%) che quello di uscita (6,7%) mostrano una tendenza decrescente, particolarmente accentuata nell’ultimo anno (erano rispettivamente il 9,5% e l’8,5% nel 2008). Il contesto, tuttavia, tende a penalizzare ulteriormente le aree piu’ deboli del Paese, a cominciare dal Mezzogiorno (oltre 42mila i posti di lavoro in meno, con un tasso di -1,7%), con le province siciliane che, nel loro complesso, vedranno ridurre l’occupazione dipendente del 2,2%, perdendo oltre 11.500 posti di lavoro. Se Enna, Ragusa e Siracusa occupano le prime posizioni della classifica dei tassi piu’ negativi (e saldi in termini assoluti rispettivamente pari a -430, -990 e -1.260), nelle prime 24 posizioni (nelle quali la variazione dell’occupazione dipendente prevista e’ pari o superiore al -2,0%) si incontrano altre 4 province siciliane: Messina (-2,3% per 1.590 posti di lavoro in meno), Catania (-2,3%, -2.920 il saldo), Caltanissetta (-2,0%, -530) e Agrigento (-2,0%, -610). Al quarto e quinto posto della classifica provinciale, due province laziali, Viterbo e Latina, che, con una riduzione prevista per entrambe dell’occupazione del -2,5% e un saldo negativo atteso rispettivamente di -890 e -1.980 dipendenti, abbassano la – relativamente buona – media regionale pari al -1,0%.
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