La legge n.170 del 2010 è una pietra miliare per i disturbi specifici d’apprendimento, essa dopo anni di studi e proposte detta le linee guida per il diritto allo studio degli alunni affetti da tali difficoltà. Vasta è la letteratura a cui farò riferimento per delimitare i tratti essenziali di un problema ancora oggi delicato e complesso da affrontare, sia per la scuola che per i genitori. Innanzitutto C. Cornoldi “I disturbi dell’apprendimento”ed. Il Mulino testo fondamentale per lo studio del problema, poi Tressoldi Vio ed. Erickson e ancora autori come Giacomo Stella , Daniela Lucangeli, Flavio Fogarolo e tante riviste specializzate. Mi è capitato spesso di insistere con i genitori, di fronte alle comunicazioni dei docenti,per invitarli a far osservare da specialisti i figli che manifestavano difficoltà nell’apprendimento. Le resistenze derivano quasi sempre dal fatto che le famiglie associano subito questo disturbo alle disabilità e all’insegnante di sostegno. Anche nella scuola secondaria di 1° grado mi sono imbattuto in casi di D.S.A. volutamente non affrontati dalle famiglie e, quindi, non diagnosticati. Il riconoscimento tempestivo e una didattica personalizzata (imposta dalla legge 170) costituiscono le condizioni essenziali per il sereno proseguimento negli studi degli allievi coinvolti ,più si perde tempo peggio è. Dopo il” responso” il genitore si sente rassicurato sapendo che il figlio ha un’intelligenza normale e che il problema riguarda un ambito specifico delle sue capacità. Per avere una diagnosi è fondamentale rilevare la differenza tra le abilità che rientrano nella fattispecie DSA e l’intelligenza generale. A questo principio generale bisogna, da parte degli esperti, affiancare l’analisi di disturbi neurologici, sensoriali o della sfera emotiva (rientranti nella L. 104/92), o quella sulle condizioni socio-culturali (rientranti nei BES già trattati in questa rubrica). Gli errori tipici rilevati dai docenti e comunicati alle famiglie sono: errori ripetuti di ortografia, lettura lenta e scorretta, utilizzo sbagliato della “h” o della “q”, parole attaccate tra loro, errore sull’uso delle doppie consonanti, difficoltà nell’eseguire piccoli calcoli, comprensione di un testo solo se letto da altri, confusione nell’ordine temporale (oggi/ieri/domani, pranzo/cena, mattina/sera), difficoltà a memorizzare cose in sequenza, tabelline, mesi, giorni della settimana ecc.. Talvolta queste” manifestazioni” erano già presenti nell’ordine di scuola precedente e, quindi, non valutate adeguatamente. La legge riconosce quattro forme di DSA: dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia. Ma, soprattutto, all’art. 5 stabilisce cosa devono garantire le scuole:
- L’uso di una didattica individualizzata e personalizzata, con forme flessibili di lavoro scolastico, adottando strategie adeguate;
- L’introduzione di strumenti COMPENSATIVI, compresi i mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche;
- Per le lingue straniere l’uso di strumenti operativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento e, ove risulti utile, anche l’esonero.
La legge riconosce all’art. 3 ai genitori con figli affetti da DSA orari di lavoro flessibili. In termini più comprensibili ed operativi un ragazzo affetto da dislessia non deve essere costretto a leggere ad alta voce in classe (come purtroppo spesso avviene), così come si può usare un registratore per non scrivere gli appunti se il ragazzo è disgrafico, il p.c. con sintetizzatore vocale, programmi di videoscrittura con correttore ortografico, calcolatrice, tabelle, mappe concettuali ecc. Naturalmente alla scuola occorre conoscere le risultanze degli specialisti che tengono in cura il ragazzo, non basta la diagnosi clinica ma sono necessarie, indispensabili tutte quelle informazioni utili a stilare il Piano educativo personalizzato. E’ appena il caso di evidenziare che esso va rivisto ogni anno soprattutto a fine ciclo. La dislessia evolutiva è il disturbo più diffuso. Il bambino presenta difficoltà nella lettura (lenta, difficoltosa, spezzettata) e, soprattutto, vive in un mondo privo di punti di riferimento certi. La lettura “saltellante”,insicura può darci un’idea di come quest’alunno sia disorientato. Naturalmente questo disturbo rallenta la concentrazione, la velocità nell’apprendimento e può presentarsi in modo diverso (in questo caso si parla di dislessia fonologica o superficiale). La disgrafia e la disortografia riguardano, invece, la scrittura. Per scrivere le maestre ben sanno che occorrono dei prerequisiti che si sviluppano già nella scuola dell’infanzia: lateralizzazione, organizzazione spazio-temporale, schema corporeo. Il bambino tiene la penna in mano in un certo modo e non organizza spazialmente la scrittura, perché non trasforma le informazioni verbali ricevute o ascoltate in segni. Il bimbo è lento, si abbatte facilmente perché demoralizzato dal paragone con i compagni di classe e si rifiuta di scrivere. Più specificamente nella disortografia il testo è pieno di errori: c’è lo scambio di grafemi simili, doppie scritte male ecc. E’ importante che l’alunno disgrafico abbia in questi casi il minor numero di delusioni, frustrazioni possibili, perché la maggiore fiducia che nutre in se stesso e nella scuola è il modo migliore per ottenere buoni risultati. Nella discalculia la natura del disturbo impedisce il calcolo in condizioni normali. Ha origini neuropsicologiche e presenta comorbilità , cioè spesso è associato ad altro disturbo in genere la dislessia. In Italia si è calcolato che circa il 20% degli alunni ha difficoltà a fare calcoli e che il 5 è affetto da discalculia evolutiva. Molti insegnanti mi chiedono: ma in una classe con venti-venticinque alunni tra bisogni educativi speciali, disabilità e DSA come si può fare lezione normalmente anche agli altri? Giro la domanda ai nostri politici, presi in questi giorni a discutere di altri importanti problemi. A parte la battuta facile facile, è una domanda che richiederebbe uno sforzo (e qualcuno dirà il D.S. torna sugli investimenti) economico e culturale che non si vuole neppure lontanamente affrontare. Anzi!! Il sistema istruzione in Italia,a parte i bei discorsi, non gode della stessa considerazione che trova altrove.
Il D.S.
Giacomo Coco