PIGNATARO M. – Si aggroviglia sempre di più la vicenda riguardante l’occupazione – definita illegittima dai giudici – di un’area di 3.720 mq nella zona industriale di Pignataro Maggiore. Come avevamo già riportato, la questione risale alla prima Amministrazione Magliocca quando, con le conferenze dei servizi del 15.04.2004 e del 22.04.2004, furono reiterati i vincoli preordinati all’esproprio per gli interventi progettuali ricadenti nell’area di sviluppo industriale dei Comune di Pignataro Maggiore, Pastorano e Calvi Risorta. In seguito, il Consorzio Asi, con deliberazione numero 8 del 21.02.2005 del Comitato Direttivo, approvò il Piano Esecutivo di Espropriazione e la conseguente procedura di occupazione di urgenza finalizzata all’acquisizione delle aree necessarie per la realizzazione del “Progetto di riqualificazione ambientale – paesaggistica riassetto idrogeologico, manutenzione ed urbanizzazione delle strade consortili”. Per tali motivi, il responsabile dell’Ufficio tecnico del Comune, con il decreto numero 4263 del 09.05.2008, autorizzò il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Caserta a occupare, in via temporanea d’urgenza e per cinque anni, i terreni dell’ente religioso ricadenti sul territorio pignatarese.
Dopo undici anni, l’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Capua ha chiesto la restituzione dei fondi e la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’occupazione illegittima. I giudici della quinta sezione del Tar hanno accolto il ricorso dell’istituto religioso con la sentenza 2220/2019. A quel punto il responsabile dell’ufficio tecnico di Palazzo Scorpio, l’ingegnere Girolamo Parente, con nota del 23 luglio 2019, ha chiesto all’Asi di eseguire la sentenza ritenendo che l’occupazione e l’uso dei fondi dell’Istituto diocesano sia avvenuto esclusivamente per delle necessità del Consorzio. Così l’Ente consortile ha deciso di ricorrere sia contro l’Istituto per il Sostentamento del clero e sia contro il Comune, chiedendo l’annullamento della sentenza 2220/2019 e costringendo l’Ente a nominare un avvocato per la costituzione in giudizio.
Red.