I suoni delle parole in poesia sono di estrema importanza, sono vitali come nella musica: procurano piacere e gioia, malinconia e tristezza, esuberanza e vitalità a seconda della combinazione studiata e meticolosamente selezionata dal poeta, che dovrà essere oculato, attento, preciso e creativo, perché può cadere nell’errore frequentissimo fatto dai principianti e da coloro che scrivono in maniera spontanea ed immediata.
Cosa può accadere? Dato che nella cultura italiana ogni vocale tonica, cioè con accento, trascina con sé significati subliminali, inconsapevoli a seconda del suo colore, una errata scelta farà entrare in conflitto il significato convogliato dal suono delle vocali con il significato letterale e connotativo delle parole.
Per far comprendere meglio dirò che nella cultura e storia letteraria e psicologia italiana
- La a convoglia un senso di chiarezza, di luce, di sole, di gioia, felicità, ottimismo, positività: casa, dilagare, impasto, etc;
- La e aperta aggiunge un tono più forte ai sentimenti generati dalla a: edera, primavera, cielo, sperdere, verde, finestre, etc. Sentiamo i suoni e le vocali accentate di questo breve componimento di Anna Ruotolo, una giovane ma stimatissima poetessa:
Sesto. Madre che comincia
ad accarezzare, senza il tempo
del dovere. Senza il tempo.
(da ‘Dei settantaquattro modi di chiamarti’ di A. Ruotolo, Raffaelli Editore, 2012)
Su 9 vocali accentate, 7 portano suoni chiari (a ed e aperta e solo 2 suoni scuri (i ed e chiusa). Infatti se vi lasciate cullare dai suoni vocalici riuscirete a percepire un senso di solarità, di dolce potenza, di ottimismo, di libertà. I significati delle singole parole sono rinforzati dai suoni, non sono contraddetti. E’ come avere un basso ostinato che fa da architrave all’intera struttura semantica ed emotiva della poesia. Il tempo si dirada, si schiarisce e non è più un tempo che imprigiona, che opprime, è un tempo amico che fa sentire liberi, oltre il tempo: siamo, grazie alla luminosità delle vocali, in un tempo eterno, il tempo dell’amore, dell’accarezzare,
- La e chiusa, invece, produce sensi di angustia, incertezza, luce debole, indecisione, difficoltà: rete, tetto, tette, serpeggia, sera, tacere, nero, etc ;
- La i dà un senso di sottigliezza, di affilato, di disagio, di acume, di qualcosa che ferisce, di introspezione e riflessione, un colore tendente al grigio e all’oscuro: pini, filo, intepidire, appassisce; lumino, etc;
- La o aperta convoglia senso di ampi spazi, gioia, brillantezza: colle, forte, porta, cosa, occhio, corpo, giorno, etc:
Cinquantaseiesimo. Occhio dove
Qualcuno canta
notte e giorno.
(da ‘Dei settantaquattro modi di chiamarti’ di A. Ruotolo, Raffaelli Editore, 2012)
Anche qui c’è una predominanza di vocali aperte su quelle chiuse (6 su 2) e il senso di forza, di penetrazione cognitiva prosegue con fiducia ed ottimismo e l’azione del cantare è affidata alla a aperta e all’occhio, alla notte e al giorno che contengono vocali chiari. Sembra di vedere l’onda sonora del cantare che si espande senza ostacoli, senza frontiere, in ogni dove e coinvolge tutti, tutto e il cosmo intero. Anche il numero contiene due vocali toniche chiare ed ha una funzione preparatoria alla a aperta del cantare e del giorno. Quest’ultima vocale trascina con sé anche l’ambivalente notte che si veste di luce per la sua o aperta, ma anche per quella del vocabolo successivo.
- La o chiusa e la u sono le vocali del grigio e del nero, dell’opaco, corrucciato, angustia, chiusura di spazio, negatività, pessimismo. Vedi le parole come muro, lupo, cupo, nuvole, ombra, fondo, gonfio.
Per ora ci fermiamo alle vocali. A noi interessa mostrare quanto sia delicato e complicato il percorso che conduce alla creazione di una efficace e bella poesia, la quale non è mai il risultato di una scrittura spontanea, immediata e semplicistica. Ma è il risultato finale di un lento, a volte doloroso, processo selettivo, di scelte sonore, grafiche, di vocaboli capaci di trasmettere i loro significati denotativi ma anche di accendere significati connotativi, affidandosi al ritmo e ai suoni. Tutto ciò perchè la scrittura poetica è, tra l’altro, una serie di scarti intenzionali e suggestivi nei confronti di usi linguistici consueti e prevedibili.
Tutti, studiosi e poeti, concordano nel sostenere ‘che se è vero che un primo accostamento alla poesia avviene per ragioni affettive, sentimentali, emotive, esistenziali, è pur vero che il bisogno di cogliere la ricchezza dei significati porta in modo naturale al rifiuto di atteggiamenti fruitivi di tipo spontaneistico’ (E. Lageder ed G. L. Zucchini).
Credo sia utile, però, evidenziare che non vi è una connessione diretta tra strutture foniche e i significati denotativi dei vocaboli. I rapporti tra suoni e significati possono essere ricchi e suggestivi, ma spesso sono personali e fondati sull’esperienza del lettore singolo, sulla sua sensibilità, determinati dallo stato d’animo del momento, dalla condizione esistenziale del periodo.
Pertanto i due autori summenzionati consigliano di:
- Non generalizzare, ma verificare ogni volta sul singolo testo;
- Non considerare separatamente singole componenti, né di enfatizzarle, ma tenere presenti tutte le dimensioni e le potenzialità del testo
Alla luce delle presenti indicazioni, provate a leggere qualche testo poetico, prima con gli occhi, in silenzio, e poi a voce, cercando di ascoltarvi. Provate a cogliere le differenze di percezioni, di significati, di emozioni, tenendo presente, comunque, che la prima lettura è sempre la più carica di energia emotiva; per cui consigliamo di fare l’esperimento con due testi con i quali alternare le due modalità di lettura. Se vi è possibile, cercate di mettere sulla carta tutto ciò che vi colpisce.
Buon lavoro
prof. Giuseppe Rotoli