PIGNATARO M. – È uno dei testimoni chiave del processo “Biopower”, il collaboratore più stretto del pm Maurizio Giordano, l’ex sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere che all’epoca si occupò delle indagini. Il maresciallo capo della Guardia di Finanza Pietro Di Giovanni, martedì scorso (19 novembre), è stato sentito come primo test dell’accusa davanti alla Seconda Sezione penale collegio B del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduto dal dottor Alberto Maria Picardi. La sua escussione, avendo curato molti aspetti dell’inchiesta, è stata molto lunga e continuerà ancora. La scorsa settimana è stato interrogato dall’accusa. Nell’udienza del 4 febbraio del prossimo anno, invece, la palla dovrebbe passare al collegio difensivo e alle parti civili (l’avvocato Luciano Polizzi per il Comune di Pignataro Maggiore e l’avvocato Anna Gullì per la Regione Campania).
Di Giovanni è uno degli investigatori più quotati in Italia. La sua figura è stata ricordata nel libro “Capitalismo di rapina – La nuova razza predona dell’economia italiana”, edito Chiarelettere e scritto dai giornalisti del “Corriere della Sera”, Paolo Biondani e Mario Gerevini, e dal loro collega dell’“Espresso”, Vittorio Malagutti. Il maresciallo capo di origine casertana denunciò il giro di “tangenti” che l’Edilnord (il gruppo immobiliare della famiglia Berlusconi) corrispondeva ad alcuni ufficiali delle “Fiamme Gialle” a Milano, si è occupato di inchieste importanti come quelle sui fondi neri Fininvest, sul caso Previti, sulla corruzione dei giudici di Roma, sul Crac Trevitexe e si quella ribattezzata “Oil for food”.
Nel processo Biopower andrà a illustrare le indagini effettuate per conto della Procura sul giro di mazzette che interessarono la costruzione di una centrale a biomasse sul territorio di Pignataro Maggiore. In questo procedimento sono coinvolte diciotto persone tra amministratori (di centrodestra e di centrosinistra), dipendenti e funzionari. Tra gli imputati c’è anche l’ex vicepresidente del Consiglio comunale di Pignataro Maggiore, Francesco D’Alonzo, accusato di aver intascato una tangente sotto forma di sponsorizzazione, elargita da Giovanni Verazzo alla squadra di calcio di cui era presidente all’epoca dei fatti.
Red. Cro.