BELLONA/PASTORANO – Riciclaggio di soldi del clan dei “casalesi” nella Repubblica di San Marino, estorsioni ai commercianti nei periodi di Natale, Pasqua e Ferragosto, e detenzione illegale di armi da fuoco. Queste in sintesi le accuse che sono state mosse ai ventiquattro imputati nell’ambito del processo “Titano 2” (leggi qui), per il quale era accusato anche Maurizio Fusco, ritenuto il capozona del gruppo riconducibile alla famiglia del boss Francesco Schiavone “Sandokan”, nella zona di Pastorano, Bellona e Vitulazio.
Ieri mattina (17 luglio), il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, dottor Vincenzo Alabiso, ha inflitto oltre sessanta anni di carcere su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Fusco, condannato insieme ad altri tredici imputati, dovrà scontare 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Le indagini avrebbero permesso di accertare come, nonostante gli arresti eccellenti degli ultimi anni, il clan dei Casalesi continuasse, tra l’altro, a chiedere le tangenti a imprenditori e commercianti nei periodi a ridosso delle festività. Tra le vittime del gruppo anche il titolare di una farmacia veterinaria di Cancello Arnone, il proprietario di una sala scommesse di Cancello Arnone, il gestore di un bar situato all’interno di una stazione di rifornimento di Pastorano ed un imprenditore agricolo di Cancello Arnone.
Alcune vittime erano state indagate in quanto, nel corso delle indagini, avrebbero negato di avere subìto richieste di denaro dal clan e per questo devono ora rispondere dell’accusa di favoreggiamento. Le indagini accertarono anche il ruolo di Carmine Confuorto, un sottufficiale dei carabinieri attualmente in congedo, che all’epoca dei fatti prestava servizio in qualità di addetto alla sezione di polizia giudiziaria presso la Dda di Napoli.
Red. cro.